Asfissiare nell'ingorgo

Asfissiare nell'ingorgo Lo straniero in Italia Asfissiare nell'ingorgo Anche Giovanni Agnelli, alla fine della sua conferenza stampa del 28 ottobre, ha affrontato uno dei problemi più gravi che si pongano in questi giorni in cui la gloria dell'automobile e i drammi ch'essa suscita vengono clamorosamente celebrati. Egli ha infatti ricordato la necessità di sviluppare nelle città i mezzi di trasporto pubblici e di incitare gli utenti a lasciare alla periferia i loro mezzi privati quando si recano al lavoro. Senza dubbio pochi problemi, negli ultimi anni, sono stati dibattuti come questo nei paesi industrializzati. Se negli Stati Uniti le grandi dimensioni degli agglomerati urbani o, al contrario, come a New York, la loro impossibilità di estendersi, hanno portato a soluzioni molto rigorose, le metropoli industriali europee non hanno ancora trovato alcuna via d'uscita. Sia che si senta il prefetto di Parigi esporre le sue riflessioni su questo argomento, sia che si ascoltino gli eminenti tecnici italiani, angosciati per gli ingorghi del traffico a Milano, Roma o Napoli, si constata che le soluzioni proposte sono praticamente sempre le stesse: moltiplicare i posteggi a pagamento nelle città e alzarne le tariffe, aumentare le multe, prelevare le macchine e trasportarle nei depositi municipali. Questo rafforzamento della politica di repressione corrisponde alla faciloneria e alla mancanza di immaginazione delle autorità. Essa consisterebbe in pratica nel punire i proprietari d'automobile, nel vendicarsi su di essi del fatto che lo Stato è incapace di far fronte alle proprie responsabilità. Quest'ultima considerazione, che io non faccio mia, è troppo spesso fatta dall'uomo della strada che non si preoccupa assolutamente delle proprie responsabilità. Essa è di impronta « qualunquista » (termine che sfortunatamente non esiste in Francia dove sarebbe molto necessario). Ma tralasciamo i discorsi psicologici e le esortazioni moraleggianti sulla necessità di comportarsi da membri poscienti della collettività. I nostri argomenti sono diversi e di natura economica. L'« automobile individuale » — e ben presto il fenomeno delle due auto per coppia — simbolizza infatti molto bene il grado di anarchia cui giunge un'economia libera di mercato, rigorosamente fedele alla sua ortodossia. L'uso che ne fa il proprietario dipende esclusivamente dalla sua libertà di iniziativa ed egli non ha da renderne conto che a sé stesso. Trasferita a dimensioni nazionali, o continentali, queBta libertà, espressa dalla densità di automobili in rapporto al chilometraggio delle strade, significa il grado di sviluppo industriale della nazione. Ma, come dimostrano le ultime statistiche della società Autostrade, ecco venuto, con un anticipo che ha sconvolto —tutti i pronostici, il momento in cui opere magnifiche come l'Autostrada del Sole sono superate dalle necessità reali del traffico interno. Dopo la paralisi delle metropoli si va incontro a quella delle grandi arterie stradali? Non sarà immediata ma la si può prevedere. In Francia essa è già un fenomeno sensibile. Uno dei rimedi possibili ci viene dagli Stati Uniti: lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblici non prevede soltanto la moltiplicazione delle linee di autobus urbani o delle metropolitane all'interno delle città, ma quella delle ferrovie e la loro modernizzazione per collegare le megalopoli, per esempio New York a Filadelfia e a Washington. E' questo orientamento che ha portato in Francia a mettere in servizio treni ultra-rapidi tra Parigi e Strasburgo, Bordeaux e Tolosa. Essi battono di molto le medie orarie di un automobilista. In Italia, il Settebello o le lince aeree interne, la cui rete merita molti dopi, si ispirano alla stessa idea. L'altro rimedio richiede necessariamente la repressione: consiste nel divieto assoluto di entrare nelle città con mezzi privati. Autobus e taxi moltiplicherebbero allora la loro veloci:;-, di spostamento, con molte conseguenze positive. Il lettore giudicherà forse paradossale che io sembri esprimere delle riserve circa l'uso dell'automobile. Ma non è così. Riferendomi all'esempio francese, ho voluto soltan- T T to proporre qualche riflessione sul fatto che in nessun paese europeo è più concepibile pensare il problema « automobile individuale » separato dalla programmazione globale dello sviluppo economico. I responsabili di questo motore esemplare della vita economica sembrano ben coscienti infatti che non è più molto lontano il momento in cui la saturazione dei bisogni rischia di provocare la paralisi degli sbocchi. Le considerazioni che ho esposto sono loro familiari. L'uomo che nell'imbottigliamento s'impazientisce senza pensare che avrebbe potuto fare la stessa strada a piedi, forse non ha riflettuto che il privilegio di spostarsi come gli pare finisce per privarlo degli altri privilegi che derivano dalla sua libertà individuale. Proprio come lui, bloccato a un incrocio, una nazione può essere asfissiata dai gas dei tubi di scappamento. Tra i grandi industriali privati e i dirigenti degli enti pubblici, il dialogo su questo argomento pare inevitabile, a Francoforte come a Boulogne-Billancourt, a Sochaux come a Manchester. Jacques Nobécourt Corrispondente da Roma di « Le Monde » (A pag. 22 un'intervista di Aldo Moro a Nobécourt)

Persone citate: Aldo Moro, Boulogne, Giovanni Agnelli, Jacques Nobécourt