Un russo ed un cecoslovacco sono gli umoristi dell'anno di Clara Grifoni

Un russo ed un cecoslovacco sono gli umoristi dell'anno La Biennale della caricatura nell'arte a Tolentino Un russo ed un cecoslovacco sono gli umoristi dell'anno Leonid Soyfertis e Adolf Born hanno ricevuto ieri la a Torre d'oro» - Nelle loro vignette, naturalmente, la politica è assente: ma con rara eleganza essi satireggiano alcuni aspetti della v'ita contemporanea - L'umorismo del futuro sarà « nero » e filosofico: la società non offre molti motivi per una bonaria allegria, come in altri tempi dal corrispondente ' Tolentino, lunedì matt. In questa terra di santi, le caricature vengono esposte in chiesa. E benché si tratti di una ex chiesa, utilizzata da anni, col nojne di Sala San Giacomo, per le manifestazioni culturali, ha un certo spicco il contrasto tra la severità medioevale del luogo, con le sue grige colonne intrise di giaculatorie per secoli, e la spregiudicatezza delle opere messe sotto vetro: le artigliate, i morsi e i paradossi grafici di quelli che, per mestiere, dovrebbero far ridere, o almeno sorridere. Alla 5' Biennale internazionale della caricatura nell'arte — inaugurata ieri mattina alla presenza del ministro Forlani, delle autorità cittadine e d'un pubblico straripante —, oltre cento concorrenti al Premio « Cesare Marcorelli » mostrano il meglio della produzione satirica di venti Paesi, -dal Giappone al Sud America, dalla Scandinavia all'Urss, per la prima volta presente in una rassegna occidentale (a rappresentarla è Leonid Soyfertis, collaboratore del « Krokodil » e famoso illustratore di libri). Sono venuta qui a insegui¬ re la cosa più importante del mondo, l'allegria, riabilitata persino da un pontefice, Giovanni XXIII, unico fra i papi moderni ad avere il sense of humour (e forse queste caricature in San Giacomo non gli sarebbero dispiaciute). Cerco l'allegria con fiducia e ottimismo in tutte le sezioni della mostra, alcune delle quali riservate alle «personali » di insigni artisti scomparsi e viventi, (tra i primi, Albert Engstrom, svedese, dì cui cade il centenario della nascita, e gli italiani Golia, Girus, Dino Piazza; tra i secondi, Leonardo Borgese, Mario Vellani Marchi, Guillermo Mordìllo). Ma da un rapido sguardo panoramico, nella confusione del vernissage, ricavo' la sorprendente certezza che, se oggi si ride poco, domani si riderà anche meno. L'avvenire è per l'umorismo filosofico-metafisico, che sta al vecchio umorismo come la messa nera sta alla Messa. E, più che ridere, dovrebbe far meditare: questo proprio nell'epoca in cui le maggioranze si sentono esonerate dalla fatica del pensiero. Gli umoristi attuali sopprimono le didascalie (niente butta presto la ruggine come Té "battute), preferendo brèvi titoli, o un f senza parole». E non occorrono parole per spiegare crudeli «formato gabinetto » del cecoslovacco Bohumil, la sacrilega « ultima cena », ricalcata su quella leonardesca, dello jugoslavo Voljevica, col cameriere che presenta il conto a Gesù; la « premiazione » del turco Tublek, in cui un soldato senza gambe riceve mezza medaglia, o la scenetta dei « contestatori » di Gaspare Morgione, tutti ribollenti di aggressivi cartelli, ma disciplinatamente fermi davanti ad un semaforo rosso, in una strada deserta. Un altro italiano, Lucio Troiano, introduce una sorta di fumetto in certi suoi disegni, che ambientano i romani antichi nella Roma moderna: e vediamo un calvo patrizio parcheggiare la biga tra le macchine di piazza Navona, mentre il posteggiatore gli chiede: « Quo vadis, dotto'? ». Questa è la parte distensiva della mostra, ed è anche la più provvisoria. L'umorismo durevole è quello corrosivo, che affronta situazioni e problemi sociali mai risolti (il « riccone » tratteggiato con disprezzo e odio dal grande Engstrom rimarrà attualissimo, come la «Grisette» di Gaoarni), e lo smarrimento dell'uomo: insomma, l'umorismo più consono ai nostri tempi è quello maledetto o nero, di cui gli anglosassoni rivendicano la paternità. « A torto », mi dice il turco Nettar Tublek, talmente turco, malgrado i capelloni e i basettoni da hippy, che gli si metterebbe una scimitarra in mano: « La vera matrice dell'umorismo nero è l'Oriente. Quando Lenin diede vita al "Krokodil», pensa lei che i caricaturisti potessero sfornare vignette rosa? La realtà gli suggeriva, quali argomenti, solo miseria, fame, corruzione e morte ». Di questi e altri temi allegri la realtà d'oggi continua ad essere munifica. Ma, ovviamente, gli autori d'oltre cortina, assai numerosi in queste sale, si limitano alla satira di costume, dal romeno Claudiu al russo Soyfertis (che espone tre « punte di matita » di incomparabile eleganza) al cecoslovacco Born, molto conosciuto anche in Italia. Adolf Born, caricaturista di grande talento, è un uomo allegro, cosa rara. Non si occupa di politica e l'unico capitalismo contro cui combatta con divertita ferocia è quello della donna sfruttatrice di maschi. La sua polemica, affidata ad un tratto di penna magistrale e ad una felice freschezza di colori, tocca sempre il segno: si pensi alla sua cortigiana seduta su un letto istoriato di firme mascoline o al « pranzo nuziale» senza lo sposo, mangiato vivo dalla sposina e famiglia. Ora vengo alla premiazione. La Giuria della Biennale — presieduta dal prof. Bruno MolàjoTi, sovrintendente alle Belle Arti d'Italia, e. composta da Amerigo Bortoli, Ugo Zatterin, Enzo Forcella, Aldo Chiappelli, Alvaro De Laiglesia, Enrico Gianeri — ha assegnato ex aequo il primo premio, una «Torre d'oro», a Leonid Soyfertis e Adolf Born. Le «Torri d'argento» sono andate all'italiano Francesco Reale e al proghese Stepan Bohumil. Una medaglia d'oro, del presidente Saragat, è stata attribuita alla memoria di Albert Engstrom. Clara Grifoni + «Napoleone», un disegno dell'umorista ungherese Kazan Tibor

Luoghi citati: Giappone, Italia, Sud America, Urss