I "falchi,, più forti di Igor Man

I "falchi,, più forti ANALISI I "falchi,, più forti (A Tel Aviv maggiore durezza verso gli arabi?) Tranne colpi di scena, il nuovo governo israeliano sarà di «unione nazionale», come il preceden',3 che siede dalla immediata vigilia della «guerra dei sei giorni». E continue-à a guidarlo Golda Meir, con Dayan alla Difesa e Abba Eban agli Esteri. Soltanto il composito fronte laborista (Mapai, Unione del layoro, Rari), benché abbia perso la maggioranza assoluta in Parlamento, è infatti in grado di formare un governo stabile, giacché può contare sull'appoggio di due liste arabe minori che, come nel 1956, hanno ottenuto quattro seggi. Non muterà, dunque, la formula, ma diversi saranno gli orientamenti del nuovo governo. Benché sia sempre pericoloso azzardare previsioni, sembra lecito pensare, sulla scorta dei risultati elettorali, che il fronte 'aborista sarà costretto a far concessioni soprattutto ai « liberali » della destra, che hanno guadagnato qualche seggio. Il simbolo elettorale del « Gahal » è molto esplicito: un fucile sopra le due rive del Giordano, a postulare il « recupero » della Transgicrdania, nata dalla spartizione della Palestina mandataria. Se è vero che al voto del 28 ottobre bisogna dare il valore di un «referendum » popolare, il successo, seppure relativo, del « Gahal », il quale già riscuoteva la fiducia di un israeliano su cinque, appare molto sintomatico. Non è possibile parlare di sconfìtti, né di vincitori in senso assoluto, ma è chiaro che i « falchi » influiranno d'ora in poi sulle scelte della politica di Israele. E « falchi », ognuno a suo modo, sono l'ex vicepresidente del Consiglio Ygal Allon e Menachem Begin, già capo della « Irgun Zwei Leumi », la leggendaria organizzazione terroristica trasformatasi in movimento politico. Il « Sabre » Allon è l'autore di quel piano che porta il suo nome in forza del quale Israele ha messo mano al cosiddetto «popolamento strategico » delle zone occupate dopo la vittoria del giugno '67. Proprio alla vigilia del voto, Allon dichiarò che Israele «non può permettersi di rimanere passivo davanti a quel che sta succedendo in Libano ». Quando morì la « colomba » Eshkol, Ygal Allon non gli succedette, come era sembrato « naturale » che dovesse accadere, perché il fronte laborista giudicò opportuno, per ovvie considerazioni di politica estera, preferirgli Golda Meir, più nota in campo internazionale e soprattutto più possibilista. In quel momento l'opinione pubblica credeva ancora nella necessità di non « irritare » amici e nemici per conquistare la pace; oggi, di fronte alla perdurante intransigenza araba complicata e rafforzata dall'affermarsi della stella rivoluzionaria di «Al Fatah », il 72 Vo degli israeliani — lo rivela un sondaggio pre-elettorale d'opinione — sono contrari a quelle « dolorose rinunce » prospettate dai moderati come indispensabile prezzo della pace. Ma alla guida del governo può mirare, con buone chances, anche Moshe Dayan. I voti perduti dal fronte laborista sono andati in larga misura alla « lista statale » di Ben Gurion (che ha ottenuto tre seggi) e son tutti, in pratica, voti per Dayan, che del vecchio leader è il riconosciuto delfino. Riguardo ai territori arabi occupati, Dayan è per una « politica di fatti com. piuti »; dichiara che dinanzi alla crescente pressione araba « si fa sempre più difficile per noi rimanere sulla difensiva ». Poiché la lotta per ir po tere può considerarsi scontata, è chiaro che per spun tarla sia Allon sia Dayan dovranno concedere, e molto, a Menachem Begin. In conclusione: lo schieramen to dei « falchi » si allarga, le « colombe » perdono terreno. . »- Igor Man

Luoghi citati: Israele, Libano, Palestina, Tel Aviv