I pacifisti d'American piazza per il Vietnam di Mario Ciriello

I pacifisti d'American piazza per il Vietnam Oggi " Moratorium-Day M contro la guerra I pacifisti d'American piazza per il Vietnam Si annunciano imponenti manifestazioni - Il 60 per cento degli americani (secondo i sondaggi) è contrario al conflitto (Dal nostro inviato speciale) New York, 14 ottobre. Siamo alla vigilia di quella che sarà forse la più imponente dimostrazione pacifista nella storia degli Stati Uniti. Chi marciando in silenzio, chi pregando, chi leggendo nelle piazze i nomi dei morti in Vietnam, chi cantando tristi canzoni folk, chi incrociando le braccia al posto di lavoro, chi accendendo una candela in chiesa, centinaia di migliaia, milioni forse, di americani osserveranno domani il Moratorium-Day, il giorno della moratoria. La protesta sarà nazionale, da una costa all'altra. A New York vi sarà un raduno e, per invito del sindaco, molte bandiere sventoleranno a mezz'asta. Per desiderio degli attori sarà anche sospeso uno 1 spettacolo a Broadway e, in molte chiese, si svolgeranno i speciali funzioni. Il quotidiano della capitale, la Washington Post, paragona oggi il presidente Nixon ad Orazio Coclite, il romano rimasto solo a difendere un ponte dall'assalto nemico. Le manifestazioni di domani indicheranno con maggior chiarezza in quale misura l'opinione pubblica desideri liberarsi il più presto possibile dell'onere — ormai un incubo — vietnamita. Ma che la solitudine di Nixon sia aumentata è ormai innegabile. I sondaggi demoscopici sono pressoché unanimi. L'ultimo, di Louis Harris, mostra che a metà settembre solo il 35 per cento degli interrogati appoggiava la politica di Nixon in Vietnam mentre il 57 la respingeva. Pochi giorni prima un'inchiesta Gallup rivelava che circa il 60 per cento è contrario a ogni ulteriore impegno multare in Vietnam. Nixon è consapevole di questo mood nazionale: e ciò spiega perché, pur ripetendo che non sarà « influenzato » dalle dimostrazioni di domani, non ha in realtà criticato 10 spirito che le anima. Dopo un incontro con Nixon, i leaders repubblicani al Congresso hanno dichiarato oggi: « Il Presidente condivide 11 tormento spirituale che sarà manifestato nel ricordo dei nostri caduti in Vietnam». Gii stessi leaders dicevano: « Oggi sarebbe stato il settantanovesimo compleanno di Eisenhower. Ricordatevi che fu Eisenhower a por fine alla guerra in Corea. Nixon porrà fine a questa guerra». Non basta. La posizione di Nixon è certo difficilissima. Ha commesso errori, è vero: soprattutto — come ricorda la stampa — nel lasciare dubbi sui propositi, militari e politici, di Washington nel Vietnam. Certe sue dichiarazioni sono state ambigue, e il presidente sudvietnamita Thieu, con i suoi cambiamenti di rotta, non ha contribuito a chiarire le cose. Ora, l'opinione pubblica preme perché gli americani si ritirino dal Vietnam subito o entro una data ben precisa. Tale pressione non agevola il compito dei negoziatori. Ormai, Hanoi non ha altro che da attendere: prima o poi, gli Stati Uniti se ne andranno. Non hanno quindi torto quei vignettisti che mostrano Nixon nell'atto di camminare su una sottilissima fune. Un piccolo errore e potrebbe piombare nello stesso abisso politico che ingoiò Johnson. Mario Ciriello (A pag. 3: « Tregua finita per Nixon», di Gianfranco Piazzesì).