Chiesto il rinvio a giudizio di 11 carabinieri per violenze di Guido Guidi

Chiesto il rinvio a giudizio di 11 carabinieri per violenze Le proposte del p. m. al giudice istruttore Chiesto il rinvio a giudizio di 11 carabinieri per violenze Sono tre ufficiali, quattro sottufficiali e quattro militi - Secondo le indagini svolte picchiarono venti innocenti che finirono con il confessare d'aver compiuto rapine in Lombardia e Piemonte - Gli autori dei « colpi » erano invece Cavallero ed i complici - Gli accusati si dichiarano innocenti (Nostro servizio particolare) Roma, 13 ottobre. Tre ufficiali dei carabinieri, quattro sottufficiali e quattro militi sono responsabili se venti sventurati, assolutamente innocenti, finirono per ammettere di avere compiuto, in Lombardia ed in Piemonte, una serie di rapine fra il gennaio 1963 e il gennaio 1964. Picchiarono e brutalizzarono gli arrestati sino a quando non ottennero la loro confessione, che risultò poi inattendibile. Il pubblico ministero, Carmine decere, al termine della indagine, ha chiesto al giudice istruttore Alibrandi di rinviare a giudizio del Tribunale per violenza privata, lesioni ed abuso di autorità il magg. Mario Siani, già comandante del gruppo di Bergamo; il cap. Vittorio Rotellini; il ten. Vincenzo Sportello; i brigadieri Rolando Vagliarli, Francesco Montelli, Salvatore Guerriei, Vincenzo Sansone e i carabinieri Biase Canestrate, Calogero Baldacchini, Carmine Puglia ed Ennio decconi, che il comando generale dell'Arma da oltre un anno ha sospeso dal servizio. Le accuse sono tra le più gravi ed il codice prevede una punizione che può arrivare anche a circa 10 anni di reclusione. L'episodio di cui dovrà interessarsi il Tribunale, se il giudice istruttore sarà della medesima opinione del pubblico ministero, è collegato alle indagini che i carabinie- ri di Bergamo svolsero nel gennaio 1964 su una serie di rapine compiute ai danni di numerose banche a Caravaggio, a Genova, a Gallarate, a Vimodrone. a Camisano Vicentino, a Cornaredo, ed infine a Torino dove una ragazza, Giovanna Frecchio, fu gravemente ferita dai banditi. I carabinieri ritennero di avere individuato i responsabili e all'alba del 30 gennaio 1964 li arrestarono, sorprendendoli' nelle loro abitazioni a Romanengo, a Offanengo, a Crema, a Codogno. I colpevoli, secondo i carabinieri, erano venti in tutto e sembrava davvero che fosse stata sgominata l'intera banda: alla Procura della Repubblica di Torino, competente a svolgere le indagini perché l'ultimo episodio era quello che aveva come protagonista Giovanna Frecchio, furono inviate le confessioni di tutti. Sennonché, dopo due mesi circa, il giudice istruttore concesse a tutti la libertà provvisoria e dopo altri tre mesi pronunciò una sentenza con la quale prosciolse i venti imputati per non avere commesso il fatto. E la confessione — sottolineò il magistrato — era stata estorta dai carabinieri con la violenza. Contro i responsabili si iniziò subito un procedimento penale — su denuncia dell'aw. Vittorio Bettini — che la Cassazione trasferì a Roma per « legittima suspicione ». I veri colpevoli della maggior parte degli assalti alle banche furono scoperti tempo dopo: si trattava di Cavallero e dei suoi complici Notarnicola e Rovoletto, ora condannati all'ergastolo. Il Lopez, «recluta» della banda, partecipò soltanto all'ultimo colpo, quello di Milano, che si concluse con una tragica sparatoria. Quali sono le prove che, secondo il sostituto procuratore della Repubblica di Roma dottor Cecere, dimostrano la colpevolézza dei tre ufficiali; dei quattro sottufficiali e dei quattro carabinieri? Innanzi tutto, il racconto di coloro che furono arrestati. «Il tenente Sportìello — ha detto Paolo Lanzi — appena entrato in caserma mi dette colpi allo stomaco, mentre il capitano Rotellini ed il carabiniere Puglia mi percossero violentemente sbattendomi la testa contro il muro ». « Durante la notte (i carabinieri) mi tennero sempre in piedi — ha spiegato Della Noce —, mi fecero spogliare ed il tenente Sportìello mi percosse sulla schiena ». « Ho sentito per tutta la notte Fioravante Costa urlare nella stanza accanto, invocando la madre ». « Il tenente Sportìello — ha aggiunto Michele Grassi — mi prese a pugni e a schiaffi e tornò a colpirmi àncora dopo la partenza del magistrato che era venuto ad interrogarci. Usò non soltanto le mani, ma anche un bastone con il quale cercò di seviziarmi fino a farmi svenire ». « Il maggiore Siani — ha detto Luciano Gorla — mi percosse con un pugno sul naso sino a farmi sanguinare e il tenente Sportìello mi schiacciò t nervi del collo con le dita. Sono rimasto praticamente senza mangiare e bere per alcuni giorni tanto che al sesto giorno cominciai ad avere delle allucinazioni ». Tutti gli altri più o meno hanno fatto racconti analoghi. A Giovanni Vitali per i pugni fu fatto saltare un dente; una ragazza, Giancarla Cervieri, fidanzata di uno degli arrestati, venne insultata dal tenente Sportìello durante l'interrogatorio. « Le parole delle parti offese — ha commentato il p.m. nella sua requisitoria — so7to un'impressionante antologia delle sevizie che sono state poi confermate da coloro che ebbero la possibilità di vedere gli arrestati dopo qualche giorno e dai medici che li hanno visitati ». Ed è per questo che ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, i quali hanno sempre negato e continuano a negare di avere estorto le confessioni agli arrestati. Guido Guidi *