Paolo VI riafferma il primato papale ma promette più autonomia ai vescovi

Paolo VI riafferma il primato papale ma promette più autonomia ai vescovi Ha aperto con un discorso il Sinodo nella Cappella Sistina Paolo VI riafferma il primato papale ma promette più autonomia ai vescovi Tema centrale dell'allocuzione è stato il governo della Chiesa - La «collegialità» potrà essere estesa, tuttavia resta intangibile il primato pontificio - «La somma nostra responsabilità non potrà' essere condizionata dall'autorità, pur somma, del collegio episcopale» (Nostro servizio particolare) Città del Vaticano, 11 ott. Paolo VI ha aperto stamane nella Cappella Sistina il Sinodo dei vescovi pronunciando un discorso in latino, che ha definito « meditazione » sul governo collegiale della Chiesa, durante la Messa officiata con 6 presuli di tutti i continenti. Ogni parola del Papa e ogni dettaglio del cerimoniale sono stasera « filtrati », per individuarne l'esatto senso, da progressisti e conservatori impegnati, in riunioni di gruppo, a concordare le rispettive linee per il confronto diretto che s'inizierà alle 9 di lunedì nell'aula « delle teste rotte », al mezzanino del palazzo vaticano. Paolo VI ha promesso una graduale ed ulteriore estensione della collegialità, soprattutto sul piano dell'azione pastorale, ma ha posto alcuni precisi limiti, fra cui l'intangibilità assoluta del primato pontificio. Paolo VI è giunto alle 10 precise nella Cappella Sistina dov'erano raccolti i 147 padri sinodali, molti dignitari ecclesiastici e un gruppo di diplomatici, alcuni dei quali indossavano costumi africani. Il Papa camminava lentamente; portava la mitra bianca di vescovo di Roma, per sottolineare che si " considerava « fratello » - dei membri del Collegio episcopale, capi delle rispettive chiese'locali. Parecchi presuli progressisti, decisi a chiedere che l'elezione dei Pontefici sìa trasferita ai Vescovi, hanno ravvisato un tacito richiamo nella scelta della Cappella Sistina per inaugurarvi questo complesso Sinodo. Nella Sistirui, sovrastata dall'ammonitore « Giudizio » di Michelangelo, si riuniscono i conclavi, sinora limitati ai soli cardinali, per scegliere il nuovo pontefice. Paolo VI ha concelebrato la Messa avendo accanto i cardinali Carlo Confalonieri, Valeriana Gracias (indiano), Angelo Rossi (brasiliano), che presiederanno in suo nome il Sinodo, e i vescovi Metodio Stratta (bulgaro). Giacinto Thìandoum (africano) e George Pearce, proveniente dalle isole Figi, nel Pacifico. Dopo il Vangelo, il Papa ha pronunciato lentamente il discorso, durato 20 minuti, ricorrendo a formule inconsuete: « Noi crediamo... », « Ci sembra... ». Ricordato il Concilio, che ha sancito la collegialità episcopale, ha confermato la propria volontà di estenderla, come « crediamo di aver già dato prova », istituendo il Sinodo dei vescovi, riconoscendo le conferenze episcopali e chiamando a collaborare con la Curia romana alcuni vescovi diocesani. « Se la grazia del Signore ci assiste e la fraterna concordia faciliterà i nostri mutui rapporti — ha sottolineato — l'esercizio della collegialità in altre forme canoniche potrà avere più ampio sviluppo ». Ha soggiunto che il Sinodo straordinario potrà « illustrare l'esistenza e l'incremento della collegialità episcopale in termini canonici opportuni e — ha scandito — nella conferma della dottrina dei Concini Vaticano I e Vaticano II circa la potestà del successore di San Pietro e di quella del collegio dei vescovi con il Papa suo capo »: cioè conferma del primato, definito come dogma nel 1870, e della collegialità sotto il primato. Dopo aver qualificato la collegialità come « solidarietà, comunione, fraternità, palese dilezione fra i vescovi », l'ha anche definita .. corresponsabilità » con profonda soddisfazione dei progressisti. «La carità collegiale non ha confini », ha soggiunto, e ha poi tracciato il suo programma d'applicazione, distinto dalle posizioni conservatrici. « Due sembrano a noi queste linee », ha detto alludendo alla collegialità che scende dal Papa verso ì vescovi e a quella che sale dai vescovi al Papa. « Una intende tributare onore e fiducia all'ordine episcopale: e sarà nostro studio riconoscere in più equa misura ai nostri fratelli nell'episcopato quella pienezza di prerogative e di facoltà che loro deriva dal carattere sacramentale della loro elezione alle funzioni pastorali nella Chiesa e dalla loro effettiva comunione con questa sede apostolica ». L'ampliamento collegiale, ha proseguito, non sarà frenato o interrotto se sul piano pratico avverrà « con umile e saggia prudenza in modo che il bene comune della Chiesa non sia compromesso da molteplici e soverchie autonomie particolari, nocive all'unità e alla carità... e fautrici di emulazioni ambiziose e di chiusi egoismi ». Quindi, una collegialità graduale e limitata come hanno rilevato alcuni. Dopo questa collegialità, per così dire discendente, « l'altra linea, da noi lealmente perseguita, conduce l'episcopato ad una sua più organica partecipazione e ad una sua più solidale corresponsabilità nel governo della Chiesa universale ». Il Papa si è augurato che ciò avvenga « come con gaudio e fiducia sentiamo da molti ripetere, a comune vantaggio, a sollievo e sostegno della nostra accresciuta e gravosa fatica apostolica ». Quali forme avrà questo progettato governo collegiale? « Sia chiaro — ha detto Pao¬ lo VI — che il governo della Chiesa non deve assumere gli aspetti e le norme dei regimi temporali, oggi guidati da istituzioni democratiche, talvolta eccessive, ovvero da forme totalitarie contrarie alla dignità dell'uomo che vi è soggetto: il governo della Chiesa ha una sua forma originale ». Il Papa ha concluso riaffermando «la somma nostra responsabilità » sancita da concilH e tradizione, « che non potrà essere condizionata dall'autorità pur somma del collegio episcopale, la quale, noi per primi, vogliamo onorare, difendere o promuovere, ma che tale non sarebbe se ad essa mancasse il nostro suffragio ». Un teologo progressista francese, commentando il discorso, ha detto che le proposte dei collegialisti al Sinodo mirano ad un reale governo collegiale e non a deleghe praticamente amministrative. I vescovi — ha ri¬ levato — hanno nelle loro chiese locali gli stessi poteri che ha il Papa nella diocesi di Roma. Perciò questi poteri esistenti di fatto vanno riconosciuti. Una tesi analoga è sostenuta dall'abbé René Laurentin nel volume Crisi della Chiesa e secondo Sinodo, presentato proprio oggi. Laurentin dice che « il Sinodo si gioca la propria credibilità che implica . l'avvenire della Chiesa», e propone che l'assemblea affronti i « problemi esistenziali », che premono sulla Chiesa e sul mondo, oltre l'ordine del giorno prefissato: crisi interna, contestazione, regolazione delle nascite, celibato, divorzio, questioni ecumeniche, sacerdozio. Sono questi, sostanzialmente, gli argomenti che i cardinali Suenens, Alfrink, Doepfner e Koenig sottoporranno al Sinodo, movimentandolo dalle prime battute. Lamberto Fumo Città del Vaticano. La cerimonia inaugurale del Sinodo nella Cappella Sistina (Tel. Ansa)

Luoghi citati: Città Del Vaticano, Figi, Roma