Il marco cavalca sull'onda del grande boom economico di Sandro Doglio

Il marco cavalca sull'onda del grande boom economico La Germania vent'anni fa era ancora coperta di macerie | Il marco cavalca sull'onda del grande boom economico L'attuale prosperità della Repubblica federale è in gran parte fondata sull'esportazione, quindi richiede una moneta forte - Per evitare che lo sviluppo si trasformi in inflazione occorre riportare l'equilibrio fra vendite all'estero e consumi interni: nasce così l'idea della rivalutazione (Dal nostro inviato speciale) Francoforte, 30 sett. Mentre si dibatte il problema della rivalutazione del marco, sembra opportuno riassumere in un rapido panorama lo stato dell'economia tedesca. Negli ultimi vent'anni la popolazione attiva in Germania è aumentata di sei milioni di persone, la disoccupazione è scomparsa praticamente e inoltre sono arrivati milioni di lavoratori stranieri, il prodotto nazionale lordo è stato triplicato. Fra il 1948 e il 1968 il « deutsche Mark» non ha perso che il 26 per cento del suo potere di acquisto: è il record di stabilità nel mondo occidentale, facile terreno di inflazione. In vent'anni i prezzi sono quindi aumentati del 26 per cento (in Francia del 46 per cento), mentre i salari sono aumentati del I030-o. La forza della Germania è attribuita, quasi concorde¬ mente da tutti gli osservatori, alla disciplina dei sei milioni di lavoratori iscritti nei sindacati: «Nel tedesco medio la paura dell'inflazione ha sostituito la paura dell' inferno », scrive Francois Schlosser. «Il portuale, il metallurgico e il conducente di tassì — sosteneva Alain Vernay, poco prima che scoppiassero gli scioperi selvaggi — giudicano gli aumenti di prezzi e anche gli aumenti dei salari con la mentalità di un governatore della banca di emissione: di dott. Blessìng sono zeppe le strade oggi in Germania». Ma la forza di oggi potrebbe essere la debolezza di domani: è questa la paura segreta che attanaglia i responsabili tedeschi, è per questo che si guarda alla rivalutazione come a uno strumento che potrebbe — ma non tutti sanno fino a che punto — prevenire i mali di domani. Un forte aumento dei prez¬ zi, la rottura dell'equilibrio sindacale, un accentuarsi di scioperi « selvaggi » e soprattutto una modificazione della congiuntura sui mercati stranieri, possono compromettere l'attuale situazione di prosperità. « Siamo condannati alla cooperazione internazionale», sostiene il presidente della Deutsche Bank, Hermann Abs: « Più del 20 per cento del nostro prodotto nazionale lordo è destinato all'esportazione, mentre la percentuale delle vendite all'estero degli Stati Uniti raggiunge appena il 5 per cento». «La nostra prosperità è fondata sull'esportazione », dice il governatore della Banca Federale Karl Blessing, «perciò non possiamo permetterci di forzare gli altri paesi a praticare una politica deflazionista per riequilibrare la loro bilancia esterna». Ascoltando gli esperti, il panorama economico della Germania si oscura. Chimica, equipaggiamento, industrie tradizionali di trasformazione sono i settori di forza dei tedeschi, ma sono anche i settori in cui più viva è la concorrenza internazionale. Nei rami nuovi — atomo, elettronica, industria aero-spaziale — la Germania è in ritardo persino rispetto alla Gran Bretagna e alla Francia. Non ostante i suoi successi, non ostante la moneta forte, nel 1968 la Repubblica di Bonn è scesa dal terzo al quarto posto delle potenze industriali del mondo, superata dal Giappone. Il marco è forte, deve esserlo: una debolezza improvvisa può compromettere il lavoro di questo ventennio. Il gigante tedesco oggi non starebbe in piedi se non avesse sfogo e appoggio sui mercati stranieri. Ma per evitare che l'espansione economica — fortissima in questi due ultimi anni, soprattutto — si trasformi in inflazione, si pensa di colpire il male alle radici, riportando cioè l'equilibrio tra esportazioni e consumi interni: così nasce l'idea di rivalutazione, per aumentare i prezzi dei prodotti tedeschi all'estero. Il processo sembra illogico al profano: perché diminuire la propria competitività sui mercati stranieri, quando in genere ci si batte per aumentarla? La risposta è in questi dati, che si riferiscono al '68: il prodotto nazionale lordo è aumentato del 7 per cento, gli investimenti del 9 per cento, ma i prezzi sono cresciuti del 2,5 per cento appena e i consumi interni del 3,6 per cento. L'ultima Statistica ufficiale (giugno 1969) rivela che in Germania il 4,5 per cento delle forze di lavoro è costituito da lavoratori stranieri immigrati, mentre 800 mila offerte di lavoro non sono soddisfatte e i senza-lavoro sono appena 123 mila. Il gigante che cresce deve trovare un maggiore equilibrio. Sandro Doglio

Persone citate: Alain Vernay, Francois Schlosser, Hermann Abs, Karl Blessing