La severa "Sagra umbra,, ha scoperto l'avanguardia

La severa "Sagra umbra,, ha scoperto l'avanguardia La rassegna musicale a Perugia La severa "Sagra umbra,, ha scoperto l'avanguardia Opere inedite o rare, da Monteverdi a Stockhausen (Nostro servizio particolare) Perugia, 30 settembre. Nel mistico raccoglimento della Basilica Inferiore di San Francesco, in Assisi, sono echeggiati — forse per la prima volta — accenti di melodia profana, anzi pagana: il monteverdiano e celeberrimo Lamento di Arianna, abbandonata da Teseo, e non ancora soccorsa dagli ardori di Bacco. Ma Claudio Monteverdi, chiamato all' ufficio di maestro di cappella in San Marco, non ebbe timore di intonare il pianto della Madonna, dinanzi a Cristo morente, sulle note stesse di Arianna; e, in realtà, tramutato il testo, la bellezza delle immagini drammatiche monteverdiane cancella l'immediato riferimento al melodramma, e colorisce le parole sacre di una penetrante, inquieta e umana espressione. Nell'esecuzione esemplare del « Nuovo concerto italiano » di Mantova, diretto da Claudio Gallico — musicologo di severa formazione, quanto concertatore sensibile — le musiche monteverdiane eseguite ad Assisi, insieme con lo « Stabat Mater » di Pergolesi, ricondotto all'originaria purezza stilistica, hanno segnato il punto saliente della prima fase di questa « sagra » musicale. La rassegna trasporta senza posa gli assidui, in un affastellamento anche eccessivo di manifesta per le verdi contrade una Umbria. Poche ore prima, nella fastosa chiesa perugina di San Filippo Neri, i cantori e gli strumentisti del « Complesso Barocco » di Milano, diretto da Giuseppe Degrada, avevano fatto conoscere ignote musiche (dal Degrada stesso riscoperte ed elaborate) di Già- corno Carissimi e di Alessandro Stradella. In particolare, del Carissimi, un « Lamento di Maria Stuarda », di evidente estrazione monteverdiana. A Città di Castello, nell'ampia navata di San Domenico, un'altra animosa formazione giovanile, il complesso « Città di Verona » diretto da Enrico De Moro, aveva rivelato l'altra sera le insospettate bellezze di un « Requiem » del napoletano Nicolò Jommelli, e una Messa del veronese Giovanni Cazzaniga. A Perugia, nella chiesa di San Pietro, Riccardo Muti ha diretto lo sconosciuto oratorio haendeliano « Deborah »; a Terni, nella chiesa di San Francesco — mistica oasi nel cuore della popolosa città industriale — Josef Hercl ha guidato l'orchestra del «Maggio» e il coro filarmonico di Praga nelle altisonanti pagine del « Christus » di Liszt. Ma i generosi itinerari della sagra non dimenticano autori più recenti: nel Duomo di Perugia il coro di Praga ha eseguito l'intera « Messa » di Francie conosciuta nella piassi corrente, soprattutto per il notissimo « Panis Angelicus »; e ha presentato insieme una collana di canti spirituali di Leos Janecek, ricchi di idealizzati e suggestivi accenti etnici. Ancora nella chiesa perugina di San Pietro, Nino Sanzogno — interprete d'elezione della musica contemporanea — ha diretto musiche nuove o nuovissime di Fausto Razzi e di Goffredo Petrassi, e un'ampia, impegnativa « Passione » di Flavio Testi. ' Infine, Karlheinz Stockhausen, « leader » dell'avanguardia musicale tedesca, ha ottenuto, all'ombra dei dipinti preziosi della pinacoteca, un discreto successo con un pizzico d'accorta regìa, sei « vokalisten » seduti alla turca e provvisti di microfono, si effondevano in primordiali disegni vocali, in nenie orientaleggianti, intonando una serie di cinquantun « moduli » su testi approntati dallo stesso Stockhausen: echi di un'immaginaria preistoria, voci emananti dall'indistinto originario, amorfi protoplasmi carichi di oscure, allusive simbologie. g. pi. t