Due giovani si sfracellano su una pietraia durante la scalala d'una vetta del Bianco di Antonio Garzotto

Due giovani si sfracellano su una pietraia durante la scalala d'una vetta del Bianco Sono precipitati per oltre cento metri dall'Aiguille Croux Due giovani si sfracellano su una pietraia durante la scalala d'una vetta del Bianco Le vittime sono valdostani: avevano 21 e 22 anni - Uno, Antonio Garzotto, giocava come ala sinistra nella squadra di calcio dell'Aosta - Erano rocciatori preparati ed esperti - La sciagura, inspiegabile, sotto gli occhi di uno dei gestori del rifugio « Monzino » (Dal nostro inviato speciale) Courmayeur, 29 sett. Due giovani alpinisti, Antonio Garzotto e Gianni Junod entrambi da poco diplomati geometri, si sono sfracellati su una pietraia, dopo un volo di oltre cento metri. Stavano-, scalando l'Aiguille Croux, sotto la vetta del Bianco, lungo la via aperta quattordici anni fa da Arturo Ottoz e Piero Nava. Antonio Garzotto, 22 anni, abitava nella frazione Pian Felina di Charvensod, con il padre, che è grande invalido del lavoro (minatore, ha avuto i polmoni pietrificati dalla silicosi) e un fratello. La madre è morta. Antonio giocava come ala sinistra nella squadra di calcio dell'Aosta ed era appassionato di montagna. Con lui ha trovato la morte Gianni Junod, 21 anni, abitante ad Aosta in via Festaz 19 con il padre, impiegato I all'amministrazione regionale, la madre e una sorella. Stava compiendo il servizio di leva presso la scuola militare alpina di La Thuile, tra un paio di mesi sarebbe stato congedato con la qualifica di istruttore di roccia. Domenica sera, Antonio Garzotto gioca quella che è stata la sua ultima partita nella « De Martino », la squadra cadetti, perché soffre di un disturbo al ginocchio. Scende in campo tanto per tenersi in allenamento. Alle 19,30 esce dallo stadio, s'incontra con lo Junod, che in licenza premio. Mangiano qualcosa insieme, poi partono per il rifugio « Monzino ». Un altro giocatore dell'« Aosta » dovrebbe unirsi a loro per la scalata, ma all'ultimo momento si sente indisposto e rinuncia. A mezzanotte, i due giovani sono al rifugio. Li accoglie uno dei gestori, Sergio Giometto. L'altro, Franco Garda, è a Courmayeur, nella commissione per gli esami delle nuove guide. Al « Monzino », ì due giovani e Giometto discutono brevemente dell'impresa del mattino successivo. Dice la guida: «Li ho messi in guardia contro le difficoltà che avrebbero incontrato. Ma mi parevano preparati, esperti. Sono andati a dormire tranquilli ». Il mattino dopo, alle 8, partono perfettamente attrezzati: corde, chiodi, sacco a spalle, casco. « Ogni tanto — racconta Giometto — prendevo il binocolo e seguivo la loro ascensione ». La Aiguille Croux è un erto scoglio che si alza sul mare di ghiacci e pietre del Brouillard, nell'ampia conca che giace tra la testa del ghiacciaio sulla sinistra e, sulla destra, le vette dell'Aiguille Noire e della Rouge du Peuterey. Tra questi colossi, lo scoglio isolato sembra minuscolo. Ma è aspro e difficile. « Li ho visti — racconta ancora Giometto — salire lungo la cresta ». Non sono ancora al punto critico. Le difficoltà, in questo tratto, sono al massimo di quinto grado. Poi bisogna abbandonare la cresta e traversare in parete: nemmeno la traversata è particolarmente ardua. Le vere difficoltà cominciano dopo. Ma è proprio nel punto in cui abbandonano la cresta per iniziare la traversata che accade la tragedia. Non si sa perché. La guida Franco Garda si stringe nelle spalle: « Gli unici che potrebbero spiegare quello che è accaduto sono loro. Per la mia esperienza, posso dire che molto spesso non è nei punti più difficili che accadono le disgrazie. Ma quando le cose sembrano più agevoli e la vigilanza si allenta ». Manca poco alle dieci: dal rifugio, Giometto afferra il binocolo e cerca i due scalatori. « Sono riuscito a inquadrarli — dice — nel momento in cui precipitavano. Erano legati, venivano giù prima uno e poi l'altro ». Un volo di circa centoventi metri: qualche rimbalzo sugli spuntoni di roccia, poi lo schianto finale sulla distesa di pietra e ghiaccio ai piedi dello scoglio. Morti subito, prima di concludere il tragico volo, al primo urto contro gli spuntoni. Giometto, atterrito, corre al telefono e da Courmayeur salgono ì fratelli Alessio e Attilio Ollier, Lorenzino Cosson, Ottone Clavel, Grivel e Garda. Dice quest'ultimo: « No, il recupero non è stato difficile. Faticoso, su quel terreno tormentato e sconvolto ». Alle 18, dal « Monzino » che sta scomparendo nella nebbia, scende verso Plain Lognan il vagoncino giallo della teleferica che serve per approvvigionare il rifugio. Porta due fardelli avvolti in teli color verde. Il padre di Junod si getta su uno, vuole scostarne i lembi e il medico di Courmayeur lo dissuade affettuosamente. Un'ambulanza della Croce Rossa è pronta, parte subito. A Plain Lognan resta un gruppetto di persone con gli occhi lucidi: gli zìi di Junod, amici, giocatori dell'« Aosta » con il presidente avv. Bondaz. E' il crepuscolo, si sente qualche singhiozzo soffocato. Ieri sera in apertura di seduta il Consiglio comunale di Aosta ha commemorato le due vittime. g. mart. Gianni Junod ed Antonio Garzotto, morti sul Bianco