La "tattica del salame" di Ferdinando Vegas
La "tattica del salame" La "tattica del salame" L'ultimo atto del dramma cecoslovacco volge ormai alla conclusione: l'atto che contempla la punizione esemplare dei « colpevoli », secondo uno scenario di stile rigorosamente neostalinista, confezionato e realizzato tra Mosca e Praga. Che la sentenza arrivi un giorno prima o dopo, che sia poco più o poco meno aspra, questi sono particolari secondari; quel che veramente importa è il senso generale che i « giudici » intendono conferire alla sentenza. Indubbiamente, l'aria di mistero e il rinvio delle decisioni indicano che non tutto procede così liscio al Comitato centrale del partito comunista cecoslovacco. E' molto verosimile che si sia ancora una volta verificata la contrapposizione tra i neostalinisti, che vorrebbero andare a fondo contro Dubcek, Smrkovsky e gli altri esponenti del « nuovo corso », e i « realisti », i quali invece preferirebbero l'adozione di misure meno radicali. Secondo la Neue Ziircher Zeitung, nella seduta del Praesidium tenutasi alla vigilia del Comitato centrale, i «realisti», guidati da Svoboda, da Cernik e dallo stesso Husak, sarebbero risultati in netta maggioranza — otto contro tre — sui neostalinisti: così il contrasto si è trasferito in sede di Comitato centrale, dove gli Indra, i Kolder, i Bilak e simili sperano di spuntarla. Se vi è lotta di fazioni nel Comitato centrale, vuol dire che il tenore preciso della sentenza non risulterà meccanicamente imposto dall'esterno. Ma, ripetiamo, non è questo che conta, bensì, in prospettiva storica, il fatto che vi sia una sentenza di condanna, decisa e voluta da chi tiene realmente in pugno il destino della Cecoslovacchia. Ed anche il modo come si è arrivati all'epilogo è degno di nota: impiegando la famosa «tattica del salame», inventata dallo stalinista ungherese Rakosi, cioè procedendo grado a grado, insensibilmente, nella liquidazione del « nuovo corso», finché esso si è ridotto a dimensioni minime. Arrivati a questo punto, non restava che dare il taglio finale, il quale, così preparato, sarebbe stato sentito meno dolorosamente dal popolo cecoslovacco. Reagire ai carri armati sovietici che invadono Praga è un gesto che scatta immediato, naturale; ma come si può reagire a una lunga sequela di decisioni « amministrative », ognuna di per sé non certo sconvolgente? A parte la paura delle sanzioni, non si può scendere in piazza un giorno perché questo o quel dirigente del « nuovo corso » è stato retrocesso, un altro giorno perché è stata sconfessata una risoluzione di protesta, pure legalmente presa a suo tempo, un altro giorno ancora per la soppressione di una rivista « liberale ». Lo stalinismo sta precisamente, più ancora che nell'intervento armato, in questo ricorso alle « misure amministrative » per risolvere, soffocandoli, i gravi problemi che il processo evolutivo impone ad una società comunista. Un metodo siffatto', è evidente, è la nega zione puntuale del marxismo-leninismo; ma che cosa è stato lo stalinismo, che cosa è l'attuale neo-stalinismo, se non una interminabile « guerra fredda » contro la sua matrice ideologica? Ora una nuova vittoria è stata conseguita a Praga, facendo inaridire il germoglio di una nuova «primavera» così minacciosa per gli stalinisti. Da Praga si' vuole quindi impartire un mònito a tutti 1 regimi comunisti che fossero tentati di imitare l'esperimento cecoslovacco, sia pure in piccola parte. Il mònito va soprattutto alla Romania di Ceausescu, ma anche all'Ungheria di Kadar e alla Polonia di Gomulka. Il « realismo » anche più giudizioso, non basta; si vuole la sottomissione inte- graie. Perciò Mosca continua l'escalation in Cecoslovacchia, infierendo su vinti ormai innocui: perché la lezione sia ben appresa. Si sappia dovunque che, in caso contrario, sono pronti prima i carri armati, poi le «misure amministrative» con il loro triste corteggio di avvilimenti e di mortificazioni. Ferdinando Vegas
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