Trieste: il porto dimenticato

Trieste: il porto dimenticato TAVOLA ROTONDA DE "LA STAMPA,, SULL'ECONOMIA DELLA CITTÀ Trieste: il porto dimenticato Gravemente danneggiato dalla chiusura del Canale di Suez, ha grandi possibilità di rilancio per i rapporti tra Est e Terzo Mondo - Occorre però una ristrutturazione degli impianti portuali ed un ulteriore potenziamento dell'industria - Sono disponibili finanziamenti anche rilevanti ma gli interventi arrivano in ritardo - La concorrenza con Fiume e Capodistria - Speranze sul protosincrotrone e sul quinto centro siderurgico Trieste è stretta in piccoli confini, con una popolazione di trecentomila abitanti che invecchia perché i giovani sono costretti a cercare altrove il loro avvenire. Invece potrebbe avere grandi orizzonti. Il grido « Viva Trieste », che risuona nelle ricorrenze storiche, ha creato un mito che esercita sempre una grande presa sulla coscienza nazionale. Questa unanime solidarietà ideale però esaurisce gran parte dell'attenzione dedicata dagli italiani alta città e restringe la' capacità di partecipazione dell'opinione pubblica ai problemi reali dei triestini. Sarebbe ingiusto affermare che, negli ultimi vent'anni, lo Stato non ha fatto niente per Trieste, anche se ci sono ritardi, dispersioni, richieste insoddisfatte, problemi accantonati da troppo tempo, occasioni perdute, prospettive non sfruttate. I triestini non sottovalutano l'intervento dello Stato ma chiedono di poter trattare i problemi reali della loro terra con la necessaria incisività. Trieste non ha solo ~da chiedere, può dare parecchio all'economia nazionale se appena venisse messa in condizione di esercitare la naturale funzione di ponte verso i paesi dell'Europa dell'Est e dell'Oriente. Non si considera ai margini e non vuole avere un ruolo parassitario. In questo spirito La Stampa ha organizzato una tavola rotonda con la partecipazione dei massimi esponenti della vita amministrativa, culturale, economica e sindacale cittadina. Al dibattito lianno partecipato: Marcello Spacoini, sindaco di Trieste; Romano Caidassi, presidente della Camera di Commercio; Marcello Mediano, presidente dell'Associazione industriali; Carlo Fabricci, segretario della Camera Confederale del Lavoro; Antonino Cuffaro, consigliere regionale del pei; Mario Franzi], presidente dell' Ente autonomo del porto; Agostino Orlgone, rettore dell'Università. Per La Stampa erano presenti il collaboratore Diego d» Castro, l'inviato speciale Sergio Devecchi e il corrispondente da Trieste Italo Soncini. LA STAMPA — In Europa esiste un grande asse commerciale che collega il triangolo d'oro « LondraParigi-Francoforte » e Marsiglia. Ma ora nasce anche quella che si usa chiamare Padania. In altre parole, di fronte all'asse che segue i meridiani (Nord EuropaBocche del Rodano) sta per sorgere un asse che segue i paralleli: Trafori alplnl-Padania-Trieste. Ciò risulta dalle frecce segnate nella cartina. Negli Anni Settanta il porto triestino sarà sufficientemente attrezzato per questa enorme funzione? Che prospettive ha l'altro grande settore rappresentato dall'attività industriale? Che ruolo può svolgere la Regione? Quali sono le principali necessità ed i problemi più urgenti di Trieste? Pensiamo che la discussione possa essere aperta dal sindaco Spaccini. Cantieristica e attività emporiale SPACCINI — L'economìa triestina poggia su due pilastri: attività industriale e attività emporiale, che però non si restringe al solo porto. Per quanto riguarda l'industria abbiamo avuto una serie di vicende: riassetto dell'industria cantieristica con riflessi negativi sulla nostra città e avvìo lento della zona industriale. Ora la zona industriale è in pieno sviluppo, ma le possibilità hanno un limite che dipende dal terreno disponibile nella zona industriale: 11 milioni di metri quadrati. Per avere il terreno occorrente alla Grandi Motori è stato necessario rimuovere circa 4 milioni di metri cubi di terra. Di fronte a questa realtà è chiaro che dobbiamo utilizzare i terreni ancora disponibili nell'area industriale in modo da ottenere i migliori risultati possibili. Però, senza dimenticare lo sviluppo dell'attività industriale, è evidente che dobbiamo puntare sulla massima incisività nel settore dell'emporio e in quello della più moderna ricerca scientifica. Mi riferisco alle iniziative in corso ed a quanto è già stato realizzato: l'Agenzia atomica con il suo brillantissimo centro; le prospettive che esistono per il Centro di Slstiana; la grande importanza che avrebbe la scelta di Doberdò per installarvi il protosincrotrone. Il porto ha grandi possibilità di rilancio. All'Est è evidente la necessità di un forte sviluppo economico e non è certo trascurabile il ruolo che Trieste potrà avere nei rapporti con il Terzo Mondo. Ci sono anche iniziative originali: oggi Trieste è il primo porto del Mediterraneo per il caffè e da quando è stato costituito il Centro del deposito brasiliano, l'Italia hà risparmiato 53 miliardi di valuta pregiata. Trieste, inoltre, è l'unico porto italiano dove arrivano, nella quasi totalità, merci dall'estero che proseguono per l'estero: ciò significa acquisire valuta- pregiata in cambio di servizi. Decine di miliardi non utilizzati Tra i porti italiani Trieste ha una situazione particolare ed è rilevante il ruolo che può svolgere a vantaggio dell'economia nazionale. Perché il porto dia tutto quello che noi da esso ci aspettiamo, dobbiamo non solo limitarci all'alta qualità dei servizi offerti, ma pensare alle comunicazioni stradali, ferroviarie ed aeree che costituiscono un tutto unitario. Sono impegnati il' comune, la regione e lo Stato. Per quanto riguarda' i programmi possiamo dire che le maggiori difficoltà derivano dalla struttura amministrativa italiana: sono disponibili finanziamenti anche rilevanti. ma gli interventi reali arrivano a gocce e con ritardo. LA STAMPA — Ci sono finanziamenti inutilizzati? SPACCINI — Abbiamo decine di miliardi che sono in attesa; se potessero operare in blocco cambierebbero la faccia alla nostra area. Non si tratta di chiedere soldi, ma di spenderli bene e subito. La t vicenda della galleria di circonvallazione è altamente istruttiva. Dal 1958 abbiamo realizzato solo la metà dell'opera e le prospettive sono tali da lasciarci notevolmente preoccupati. CUFFARO — Credo che esistano responsabilità per questo. Cosa fa la classe dirigente triestina per rimuovere gli ostacoli tradizionali? CAIDASSI — Per il buon funzionamento di un porto ci vogliono prima di tutto infrastrutture: strade, ferrovie, opere portuali. E' un lavoro che noi classe dirigente facciamo da dieci anni. Abbiamo lavorato parecchio. Quante notti insonni! Altri se ne sono stati alla finestra ed ora esercitano la critica. Entro l'anno l'autostrada Trieste-Venezia si apre fino a Mestre Est, anche sui ponti. Così Trieste sarà finalmente collegata con il resto del Paese. Ci sono altre autostrade in progettazione: quella di Udine dovrebbe ormai iniziare il suo iter burocratico e poi la famosa strada attraverso il Passo di Croce Monte Carnico, che rappresenta la più breve via di comunicazione con il Nord europeo. LA STAMPA — A che punto è quest'opera? in due turni. Noi vorremmo fare una riqualificazione della gente. Per incrementare il traffico ci vogliono le linee marittime. Veniamo cosi al problema delle linee di prevalente interesse nazionale (pin) sovvenzionate dallo Stato. Si è parlato di concentrarle, ma è senz'altro assurda l'idea di creare una compagnia marittima unica con sede a Roma: una società di navigazione deve essere a con¬ tatto con il mare e svincolata da pastoie burocratiche. Siamo nettamente contrari alla soppressione del Lloyd Triestino e all'eventuale fusione con altra compagnia. Inoltre le compagnie hanno naviglio vetusto. E' necessario quindi che la Finmare realizzi prontamente un piano di nuove costruzioni e successivamente una migliore ridistribuzione dei servizi fra l'Adriatico ed il Tir¬ reno, ciò perché l'Adriatico ha bisogno di essere maggiormente sostenuto, sia a causa della concorrenza della marineria jugoslava, sia per l'insufficienza dei servizi marittimi di linea nei confronti del versante tirrenico. Trieste è stato certamente il porto italiano maggiormente danneggiato dalla chiusura del canale di Suez. LA STAMPA — Cosa si può fare? navi come lo Scarabeo II, che è un vero gioiello per le ricerche petrolifere. Non ci spaventa tanto la diminuzione da 2505 a 1200 degli occupati del San Marco in tre anni, quanto le ripercussioni che la ridotta attività cantieristica ha su tutte le aziende collaterali. In totale dal 1964 al 1968 a Trieste abbiamo perduto 10.320 posti di lavoro di cui 2534 nella sola metalmeccanica. L'incremento verificatosi negli ultimi mesi non basta a sanare la situazione della nostra città. Per la cantieristica noi smobilitiamo cantieri, mentre, nel mondo, le costruzioni navali aumentano. Ecco perchè noi diciamo che, per il risanamento di Trieste, deve essere rivista la politica cantieristica. Politica marinara senza programma Inoltre non siamo affatto d'accordo che il V Centro siderurgico venga costruito a Palermo: deve essere costruito a Trieste. Come Camera del Lavoro riteniamo che il costruendo stabilimento della Grandi Motori sia un'iniziativa ottima sotto tutti gli aspetti, anche se in un primo tempo, come livelli di occupazione, non si andrà lontani dagli attuali occupati nella Fabbrica macchine S. Andrea, che sono circa 1800. In conclusione mi resta da dire solo una cosa: se c'è stato un qualche incremento in talune aziende, ciò ha riguardato il settore privato. L'industria pubblica, invece, ci ha completamente trascurati. Il disimpegno delle aziende Iri a Trieste è un fatto incontestabile: dal 1966 al 1968 ci sono 1500 dipendenti in meno. CUFFARO — Abbiamo molte critiche da fare. FRANZIL — Sfido, lei è un consigliere regionale di opposizione. CUFFARO — La classe dirigente triestina ha sempre peccato di timidezza; i problemi sono venuti alla ribalta nazionale quando sono scesi in piazza gli operai. Inoltre, per un certo periodo, e non risulta che sia finito, il governo ha considerato Trieste una grana da risolvere. Esiste, nel Paese, una incomprensione dei ruolo e del potenziale economico che rappresenta Trieste, non soltanto per sé stessa, ma per tutta l'Italia. Noi diciamo che la classe dirigente triestina ha finito per appoggiare una politica nazionale contraria agli interessi della città. La politica marinara e cantieristica non è stata programmata. Tutti concordiamo sul fatto che siamo andati indietro come paese marinaro. Noi abbiamo sacrificato l'interesse più grosso che avevamo: il Cantiere San Marco. Dopo questi ridimensionamenti siamo diventati competitivi nel campo della cantieristica? Anche nel campo della motoristica la decisione di creare un'azienda pubblica con la partecipazione al 50 per cento dell'industria privata, com'è la Grandi Motori, non è del tutto convincente. Abbiamo pesantissimi ritardi nella realizzazione delle infrastrutture cittadine. Cosa fare per Trieste? Noi indichiamo alcuni punti: assolvimento di tutti gli impegni presi dal governo; riesame della politica cantieristica e sviluppo della flotta mercantile; adozione di nuove tecniche e potenziamento del porto di, Trieste, oltre alla creazione di un sistema regionale dei porti; nuove iniziative delle imprese pubbliche. LA STAMPA ~ Sentiamo ora il rettore dell'Università. ORIGONE — Com'è noto vi è una emigrazione di laureati. Posso dire che non riguarda soltanto Trieste ma tutta la regione e mi sembra che il fenomeno, negli ultimi tempi, si sia andato accentuando. Di anno in anno, anche da noi, crescono gli studenti e quindi i laureati. Ciò porterà ad una ulteriore diminuzione delle loro possibilità di collocamento nell'ambito della città e della regione. Non è facile dare degli orientamenti, anche se cerchiamo di farlo. Poi c'è un'altra cosa: mol ta gente preferisce tuffarsi nell'acqua alta. L'attrazione dei grandi centri economici esiste e funziona anche se è irrazionale. Lavorare fuori non è una brutta cosa. In quanto al problema del protosincrotrone le discussioni avvengono per ora a livello governativo e parlamentare. Ho l'impressione che ci siano poche probabilità di averlo a Trieste. LA STAMPA — Sentiamo ora dal dott. Franzi! quali siano i problemi del porto. FRANZIL — Cuffaro ha chiesto qual è la competitività della cantieristica giuliana dopo la riforma. Posso rispondergli. L'altro giorno è venuta la commissione della Banca Europea degli Investimenti che ha investito 6 miliardi e mezzo di lire nel nuovo bacino di Monfalcone. Si sono dimostrati entusiasti delle opere realizzate ed hanno promesso di inviare altri fondi. Da ciò desumo che non siamo gli ultimi. Per quanto riguarda il porto, Trieste sente la sua funzione di ponte tra l'Italia e il retroterra estero, ma occorre che questa mentalità maturi anche nell'ambito della nazione e della Regione. Inoltre bisogna far entrare nella mentalità della burocrazia romana il fatto che Trieste ha problemi particolari: non è un porto in concorrenza con Venezia, Genova, Napoli o Bari, perché serve prevalentemente paesi stranieri Noi offriamo servizi in cambio di valuta estera. Traffici tradizionali oleodotto transalpino Negli ultimi anni le statistiche dei traffici del porto di Trieste hanno un andamento che In apparenza è trionfale: 6 milioni di tonnellate nel 1966; 8 milioni nel 1967; 21 milioni nel 1968. Se però escludiamo gli sbarchi di petrolio greggio, destinato all'oleodotto transalpino inaugurato nell'ottobre del 1967, ci accorgiamo che il traffico delle merci manipolate è statico. Non è vero che l'oleodotto non abbia portato dei vantaggi, ma noi dobbiamo badare ai traffici t-adizionali. Nei primi sei mesi di quest'anno abbiamo avuto 4 milioni 672 mila tonnellate contro i 4 milioni 161 mila tonnellate del. lo stesso periodo dell'anno scorso. Oscillazione troppo modesta rispetto alla cunamica degli altri porti. Trieste. Anche se molto è già stato fatto ci sono ancora parecchi problemi ritardati e richieste insoddisfatte per lo sviluppo economico della città Il sindaco Marcello Spaccini