Ha ucciso la nipote con l'amante perché rifiutava d'essere "protetta,,

Ha ucciso la nipote con l'amante perché rifiutava d'essere "protetta,, IL DUPLICE DELITTO SUL SAGRATO DELLA CHIESA A PALERMO Ha ucciso la nipote con l'amante perché rifiutava d'essere "protetta,, Ricostruiti dagli inquirenti i retroscena della sparatoria - Pare che l'assassino avesse avviato la giovane al vizio - Uscito dal carcere, pretendeva che tornasse con lui - Ancora gravi le condizioni del ferito (Dui nostro corrispondente) Palermo, 5 settembre. Nicolò Candurà, l'uomo che durante i festeggiamenti in onore di Santa Rosalia, patrona di Palermo, ha ucciso a colpi di pistola la nipote Giuseppina Leto, di 26 anni, e il suo amante Antonino Longo, di 25 e ferito al petto il sessantaquattrenne Santo Manno, è stato condotto stamane nel carcere dellTFcciardone. I particolari dell'agghiacciante sparatoria sono ormai definiti. Tutti gli squallidi retroscena della tragica vicenda sono stati ricostruiti dagli inquirenti. Il Candura era stato in passato il « protettore » della Leto. Gli investigatori ritengono, anzi, che sia stato proprio lui ad avviare la nipote sulla strada del vizio. Nel settembre del 1967, durante una retata, Nicolò Candura e la Leto vennero arrestati per una serie di violazioni alla legge Merlin, assieme a numerosi sfruttatori e mondane. Mentre l'uomo rimase in carcere fino al luglio scorso, la giovane tornò presto in libertà ed accettò la « protezione » di Antonino Longo, con il quale s'incontrava già da tempo: dalla relazione erano nati due bambini. Nel luglio di quest'anno Nicolò Candura, assolto per insufficienza di prove, tornava in libertà. Egli proponeva alla nipote di abbandonare il Longo e di rimettersi sotto la sua « protezione ». La donna, però, rifiutava con decisione. Pare che a spingere il Candura al folle gesto di ieri sera sia stato questo secco « no » che la Leto aveva opposto al tentativo dello zio di ricominciare a sfruttarla. L'omicida, nel corso del suo interrogatorio, avrebbe invece sostenuto di avere perduto la testa dopo un diverbio con il Longo per una questione di interessi. Le condizioni di Santo Manno sono ancora gravi. I chirurghi dell'ospedale della Croce Rossa di Villa Sofìa gli hanno estratto la pallottola, che si era fermata vicino al cuore. La sparatoria, come è noto, è avvenuta nella pineta soprastante il santuario di santa Rosalia, dove era radunata una grande folla di palermitani, recatisi a rendere omaggio alla protettrice della città. Sotto due pini, su un telo disteso per terra, si erano accampati Giuseppina Leto, il suo amante Antonino Longo, Santo Manno, cameriere della donna, ed un'amica della Leto, Giulia Virzi. A qualche metro di distanza, i due bambini di Giuseppina Leto stavano giocando. Alle 17,15 è giunto sul monte, a bordo della sua auto, Nicolò Candura. Ha parcheggiato la vettura in via del Santuario e lentamente si è diretto verso la pineta, dove sapeva di trovare la comitiva. Avvicinatosi, l'uomo ha cominciato a litigare con la donna e con il Longo. « Che fai qui? », ha chiesto il Candura al Longo, che ha risposto: « Siamo venuti a divertirci, se vuoi bere, sono a disposizione ». « Vieni qui, che ti faccio divertire io » ha ribattuto il Candura, che teneva già la mano in tasca, impugnando la rivoltella. Si è quindi avvicinato al Longo, che era seduto su una pietra, gli ha stretto .il braccio sinistro al collo e con la destra gli ha sparato due colpi, uno sotto l'orecchio destro e uno alla nuca. Giuseppina Leto non ha avuto il tempo di capire quello che stava accadendo: l'omicida ha stretto al collo anche la sua ex amante, sparando tre colpi a bruciapelo al collo, ad un braccio e alla testa. L'ultimo colpo è stato esploso contro il Manno. Finiti i proiettili, il Candura ha tentato la fuga, ma è stato raggiunto dall'appuntato dei carabinieri Angelo Turco, vicino alla sua auto. a. r. Palermo. Nicolò Candura, arrestato per il duplice omicidio (lelcloto A

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