Chi fu davvero Ho Chi Minh

Chi fu davvero Ho Chi Minh STORIA E LEGGENDA D'UN CAPO DELL'ASIA Chi fu davvero Ho Chi Minh . ;-, V ! ' - ; ' -' - ' - -i ' : - 1 ' " - - I Fondatore del partito comunista vietnamita, ha combattuto per mezzo secolo contro giapponesi, francesi e americani - Nella sua vita clandestina passò attraverso svariati mestieri e avventure - Elusivo e duttile, seppe essere spietato anche con i compagni di lotta - Da Mao e dall'antica cultura cinese apprese la tecnica della guerriglia - Tra marxismo, confucianesimo e taoismo, con una singolare sensibilità (da giovane) per il « liberalismo » americano Viet, nella lingua annamita, traduce il cinese Yueh, che significa gente alla periferia della Cina; e Nam traduce il cinese Nan, che significa Sud o «del Sud». In parte i vietnamiti stanno ai cinesi come gli jugoslavi — o « slavi del Sud » — ai russi. E così forse il capo carismatico dei vietnamiti, l'oscuro e favoloso Ho Chi Minh, avrebbe potuto essere il Tito dell'Asia. Ma gli eventi hanno preso altre vie. Mentre Ho Chi Minh scompare, e la fama leggendaria del nome (divenuto nome dì guerra permanente) supera di gran lunga quella d'un Tito, il suo «popolo militare» può riassumere gli ultimi trent'anni con il seguente bilancio: combatté i giapponesi e si ritrovò con i colonialisti francesi, poi combatté i francesi e si ritrovò con gli americani, infine ha combattuto a oltranza gli americani e potrà scoprire d'averlo fatto per i cinesi. Questo è accaduto mentre i reggimenti del Vietnam rosso — da Dien. Bien Phu a Khe Sanh — riecheggiavano il grido di guerra: « Ho chu tich muon nam! » (« Mille anni al Presidente Ho! »). Era il simbolo vivente del nazional - comunismo nord vietnamita. « Il viso color tè e la piccola barba color del riso », aveva nome Nguyen Tot Thanh, si chiamò per lungo tempo Nguyen Ai Quoc e con altri pseudonimi, ma divenne celebre nel mondo come Ho Chi Minh. Fu definito «l'Esopo militante», «lo Yogi e il Commissario » dei vietnamiti. Prigione e studi Fra i capi del mondo asiatico, è stato il prototipo del « rivoluzionario di professione » leninista. Nato nel 1890, a trent'anni partecipò al congresso socialista di Tours, dal quale data il partito comunista francese. In seguito divenne funzionario della Terza Ihtefnazìondlè a Mosca, dove frequentò Bucharìn, Radek, Zinov'ev, Stalin, Dimitrov, Thaelmann; quindi fu assistente di Borodin a Canton e agitatore nel Siam sotto le spoglie di monaco buddista. (P. J. Honey, Communism in North Vietnam, Boston, 1963: J. La- , couture, Ho Chi Minh, Parigi 1967; trad. it. Il Saggiatore, Milano, 1967). Fu a lungo carcerato, apprese una dozzina di lingue. Seguì tutte le svolte dell'Internazionale, ma fu sempre un nazionalista vietnamita di gergo internazionalista. « In principio — egli stesso ammise — fu il patriottismo e non il comunismo che m'indusse a credere in Lenin e nella Terza Internazionale ». Diffidente verso la Cina, ma devoto alla sua cultura, scrisse in lingua cinese le memorie del carcere. « Cosa strana — ha scritto Lacouture — questo appassionato nazionalista non si esprime allora in " Quoc Ngu ", la lingua nazionale, ma in cinese, nel bel cinese classico della grande epoca dei T'ang (dal VI al IX secolo), lo stile preferito da Mao Tse-tung... ». Fra j molti mestieri della sua giovane età. quando peregrinava per il mondo, Ho Chi Minh fece anche l'aiuto di cucina su una nave da carico francese; fu così che già negli anni 1915 e 1916 conobbe città come New York e Boston. E per assurdo, tutti i biografi di Ho Chi Minh — negli ultimi anni il più tenace nemico degli Stati Uniti — segnalano una sua passione per « l'ideologia americana » negli anni della prima giovinezza. Ce n'é traccia finanche nell'esordio del proclama con il quale, il 2 settembre 1945, fu annunciata l'indipendenza vietnamita, là dove dice: « Tutti gli uomini nascono liberi. Il Creatore ci ha dato diritti inviolabili: il diritto di vivere, il diritto d'essere liberi e il diritto di realizzare la nostra felicità... ». Fu citato per la prima volta pubblicamente come Ho Chi Minh il 28 agosto 1945, nono giorno dopo la rivoluzione Vietminh contro i francesi, quando i giornali di Hanoi pubblicarono l'annuncio che un governo provvisorio era stato formato. I vietnamiti pensarono subito che fosse uno pseudonimo: infatti Ho è nome diffuso nel paese. Chi significa « aspirazione » c Minh « lume » (della mente). Era il signor « Ho che aspira ai lumi»: un nome troppo letterario per essere genuino. Ma qual era davvero l'identità di Ho? La polizia francese cercò tra i documenti una fotografia di Nguyen Ai Quoc, fondatore del partito comunista vietnamita nel 1930, che risultava scomparso a Hong Kong nel 1933. Apparve indubbio che Nguyen era vivo e aveva assunto il nome di Ho Chi Minh quale presidente del Vietnam rivoluzionario, anche se j)iù volte in seguito egli negò tale identità. (Hoang Van Chi, From Colonialism to Communism - A Case History of North Vietnam, Londra, 1964). Pesce nel mare La sua personalità era forte, ma elusiva, e duttile come la sua versatilità linguistica, come i suoi innumerevoli nomir come la natura della lotta che egli conduceva da mezzo secolo fra clandestinità e battaglie campali. Egli ostentava bonomia più d'ogni altro capo comunista, fino a qualificare sé stesso « Bac Ho », lo zio Ho, nei proclami al popolo; ma è pure nota l'estrema durezza di cui seppe dar prova, per esempio, nelle stragi dei trotskisti vietnamiti. Egli non aveva molto « l'aria d'essere un teorico » e sembra che non volesse preoccuparsi molto di questo aspetto del suo compito, sino a non nascondere neanche « la noia o la diffidenza destate in lui dai dibattiti dottrinari ». Ma sapeva essere dogmatico all'estremo: « E' un rivoluzionario intransigente e incorruttibile al modo di Saint-Just », scrisse Paul Mus, l'inviato francese che negoziò con lui nel '47 (P. Mus, Vietnam, Sociologie cV une guerre, Parigi, 1952). La sua biografia come leader vietnamita è interamente di guerra: prima contro il Giap pone, poi contro la Francia e infine contro gli Stati Uniti. Anche la sua ideologia era di guerra, e derivava ip*?ran parte dai trattati militari di Mao Tse-tung, adattati poi al contesto dell'Indocina da Truong Chinh e dal generale Vo Nguyen Giap. Ispirarono il suo gruppo di amici anzitutto i trattati di Mao sulla guerriglia, sui problemi strategici della guerra rivoluzionaria cinese e sulla « guerra prolungata », per i quali a sua volta Mao s'era ispirato al classico scrittore militare cinese Sun Wu, vissuto 2300 anni fa. Le norme di tali codificazioni non sono numerose: mistione fra guerriglieri e popolo i « il guerrigliero deve muoversi fra il popolo come il pesce nel mare»;, ripiegamento dinanzi all'avanzata nemica in forze, disturbo e attacco dinanzi al ripiegamento del nemico, strategia di « uno contro cinque » e tattica di « cinque contro uno », tecnica « centripeta » dei ripiegamenti (ossia concentrazione delle forze), logistica sorretta con mezzi tolti al nemico. Fra gli elementi ausiliari, ma spesso essenziali di tali concezioni, figurano anche il terrorismo usato per dissuadere la popolazione dall'ìnformare il nemico (secondo metodi sìmilita quelli già applicati dagli irlandesi), l'estensione della guerriglia su aree mol-. to vaste per impedire che il nemico possa proteggersi (secondo l'esempio di Lawrence nella campagna di Medina) e infine l'appoggio di basi esterne al territorio di guerriglia (come quelle concesse talvolta dall'Urss ai cinesi durante la guerra civile, o dalla Cina all'Indocina, o da Egitto. Tunisia e Marocco ai guerriglieri algerini). Senza l'appoggio di simili basi esterne, la guerriglia fallì in Malesia, nelle Filippine e nel Kenìa. La teoria militare d'importazione maoista contemplava tre stadi successivi di guerriglia. Il primo: le forze rivoluzionarie sono ancora esigue e debbono preservare sé stesse anche ritirandosi. Il secondo stadio: le linee di comunicazione del nemico devono essere interrotte e la guerriglia deve diffondersi, concedendo ai villaggi riforma agraria e autogoverno. Il terzo stadio: il nemico dev'essere affrontato e demolito, marciando dalle campagne verso le città. Truong Chinh traduce i tre stadi con le formule: contenimento, equilibrio, controffensiva generale. Il test vietnamita di controffensiva fu sperimentato nella prima guerra d'Indocina dal generale Giap, investendo anzitutto la fortezza francese di Dien Bien Phu. Tale offensiva fu condotta con mezzi logistici stupefacenti per gli occidentali. Le informazioni del generale francese Navarre assicuravano che i guerriglieri mancavano d'artiglieria pesante nell'area della battaglia e di mezzi per procurarsela: non avrebbero potuto mantenere più di due divisioni e 20 mila portatóri (cooliesì presso Dien Bien Phu. Eppure «tale stima fu catastroficamente errata, poiché in realtà 80 mila coolies, usando biciclette cariche di armi e provviste attraverso la giungla, furono in grado di rifornire quattro divisioni Vietminh» (B. Crozier, South -East Asia in Turmoil, Londra. 1965). Ora, fra gli eredi di Ho Chi Minh figura in primo piano il generale Giap, l'uomo che ha più compiutamente sperimentato la guerriglia e l'ha codificata in due opere teoriche: La Guerre de la Liberation et l'Armée Populaire (1950) e Guerre du Peuple, Armée du Peuple (1961). Egli ha elaborato anzitutto la norma che prima dell'offensiva finale le forze dì guerriglia devono accertare l'esistenza di alcu¬ ne condizioni: che l'esercito e il popolo siano persuasi in assoluto della loro superiorità morale sul nemico, che siano garantiti i rifornimenti, che la situazione internazionale sia favorevole, che sìa diffusa la certezza psicologica del successo. . La seconda guerra indocinese, tuttora in corso mentre Ho Chi Minh scompare, combattuta contro le forze degli Stati Uniti e del Sud Vietnam, si fonda del tutto su tale strategia. Essa vuole unificare il Vietnam, e vuole anche dimostrare che l'Asia è la sede in cui storicamente s'è trasferita l'iniziativa rivoluzionaria, poiché il proletariato ex coloniale è la forza storica che assume il compito già proprio della classe operaia occidentale. E' per quelle nuove masse — nella concezione di Mao e Ho Chi Minh — che oggi si deve citare il Manifesto di Marx: « Poiché non posseggono nulla, non hanno altro da perdere che le loro catene ». Guerrìglia e Tao La guerriglia asiatica fra giungle, paludi e risaie ha sostituito interamente la « critica delle armi» alle «armi della critica»: e questo non accadde mai in Occidente. Il Vietnam in particolare ha assunto il carattere di prova d'un movimento che avrà effetti su vastissime aree. « Il Vietnam — ha proclamato il "braccio destro di Ho " — è il modello dei movimenti di liberazione nazionale del nostro tempo. Se riusciremo a far fronte con successo alla guerra speciale che gli imperialisti americani stanno sperimentando nel Sud Vietnam, allora potremo superare la prova in qualsiasi parte del mondo ». Avvalorando il test, il generale Maxwell Taylor replicò: «Intendiamo dimostrare che la guerriglia, lungi dall'essere a buon mercato, sicura e non impegnativa, è invece pericolosa, costosa e destinata al fallimento. Noi dobbiamo distruggere il mito dell; sua invincibilità, se vogliamo proteggere l'indipendenza di molte piccole nazioni ». Questo tipo di sfida è pure il banco di prova del principio che la guerriglia, quando ha successo, è la sola forza capace di passare « sotto » gli sbarramenti instaurati dalla strategia nucleare e di sconvolgere lo statu quo del mondo. Dal lato opposto. Vanti-guerriglia vuole dimostrare che nell'epoca della nuova tecnologia bellica (armate di elicotteri, porti prefabbricati, grande mobilità e potenzialità di fuoco degli eserciti moderni) è possibile impedire il passaggio dal secondo al terzo stadio della strategia guerrigliero. La controversia cinosovietica, alle spalle del Vietnam, ha ostacolato il tentativo rivoluzionario di suscitare una serie di effetti a catena nell'area dei Pacifico. A sua volta, l'intervento americano è stato ostacolato dall'impossibilità di sostenere il 'Sud Vietnam non solo con la forza militare, ma con un « modello di sviluppo » applicabile ad un paese asiatico, pre-industriale e nazionalista, per instaurare condizioni di stabilità politica. La guerriglia vietnamita, come la concezione maoista della «guerra prolungata», presuppone non solo il contesto geografico e sociale dell'Asia, ma un sistema di valutazioni sull'agire e il non-agire, sulla natura e lo spazio, che deriva dal pensiero cinese antico e anzitutto dal taoismo. E' taoista l'insegnamento della flessibilità, trasmesso all'arte del judo e ad ogni forma di lotta in cui «il rivale fisicamente più debole non cerca di opporre resistenza alla carica dell'avversario, ma cede all'urto del rivale e lo atterra », sfruttando la forza del suo stesso slancio. « Il molle batte il duro, la lingua resiste più dei denti, e per 1 taoìsti l'acqua è la sostanza ideale: non si scaglia contro la pietra, ma cola tra le fessure, e più cerchi di afferrarla più ti sfugge». E' taoista quella complessa filosofia, che fida sulla natura, sullo spazio e sul vuoto, dalla quale fu ammaestrato anche Sun Wu, contemporaneo del macedone Filippo, autore nel IV secolo a. C. dell' "Arte della guerra": « Non combattere una guerra statica e non assediare città (...). Adattati al terreno come l'acqua... Se sei capace, fingiti incapace; quando sei attivo, fingiti ozioso; se sei forte, fingiti debole e se sei vicino fa' in modo da sembrare lontanissimo ». Mao Tse-tung parafrasa Sun Wu scrivendo: « Quando il nemico avanza, mi ritiro; quando si ferma, lo bersaglio; quando evita la battaglia, lo attacco; quando si ritira, lo inseguo ». E Giap parafrasa Mao Tsetung. E ambedue s'ispirano all'intera storia militare cinese. Dal Romanzo dei Tre Regni, con le mitiche gesta di Chu-ko Liana (in tempi recenti divenuto materia di studio militare negli Stati Uniti) alla Lunga Marcia, tale storia non è che un lungo discorso sul principio elastico della guerriglia oggi ideologizzata. Tonda o quadrata? Se il nazional-comunismo di Ho Chi Minh e Giap è anche timoroso verso la Cina, esso anzitutto esprime un rifiuto delle civiltà nonasiatiche a nome e con strumenti della cultura asiatica. Storicamente, dal II al X secolo, il Vietnam fu occupato da eserciti cinesi e fu una provincia dell'Impero delle dinastie Han, Suez e T'ang. Dopo la rivolta del 939, il paese cessò d'essere provincia imperiale, divenne semplicemente vassallo della Cina. In seguito, tutti t tentativi cinesi di ristabilire un dominio diretto sul Vietnam - da quello dei Ming all'ultimo nel XVIII secolo — incontrarono la resistenza degli indocinesi. Ma enorme fu e rimane l'influenza della cultura cinese sul Vietnam; dalla scuola del Tao (o «via della natura») a quella confuciana, dall'ideogramma alla filosofìa del combattimento. Nel 1946, quando Ho Chi Minh discuteva con i rappresentanti di Parigi sulla possibilità che il Vietnam rimanesse legato all'Unione Francese, ' domandò: « Ma l'Unione Francese è rotonda o quadrata? ». Il Chesneaux commenta: « Si trattava di una domanda sottile, il cui profondo significato sfuggi senza dubbio al suol interlocutori, mediocri funzionari del ministero parigino delle Colonie e delle grosse società capitalistiche coloniali. Nella concezione cosmologica del confucianesimo, infatti, il mondo è quadrato, ma il cielo, posto al di sopra di esso, è rotondo. La proiezione del cielo definisce sulla superficie del mondo un cerchio privilegiato, 1 paesi dell'ordine confuciano, dell'armonia: la Cina, il Vietnam, la Corea, ecc. L'espressione "sotto il cielo" (In cinese, tien xia; in vietnamita, thieii. ha) designa la Cina e il Vietnam stesso come area civilizzata del mondo. Ma 1 quattro angoli del quadrato non sono coperti dal cielo: sono 1 "quattro mari", il dominio del barbari stranieri, dei demoni, degli animali e dei popoli strani u. (J. Chesneaux, Pour le Vietnam - essate historiques et politiques - Parigi, 1967; trad. it. Perché il Vietnam resiste, .Einaudi, Torino, 1968). Sebbene dunque sia possibile dire che il Vietnam è nazionalista anche verso la Cina, lo è soprattutto contro il mondo esterno al « cielo » storico-confuciano. Alberto Ronchey Hanoi. La vecchiaia di Ho: « Il viso color tè e la piccola barba color del riso » Parigi. Ho Chi Minh con Bidault, nel luglio 1946. Sta di Fontainebleau, che segnerà la rottura definitiva fra il per cominciare la Conferenza capo vietnamita e la Francia