Il coraggio di Lukas Vischer di Raniero La Valle

Il coraggio di Lukas Vischer Uomini e religioni Il coraggio di Lukas Vischer Verrà un giorno in cui la Chiesa cattolica romana, le Chiese ortodosse e le Chiese e comunità riformate, potranno riunirsi in un concilio veramente universale, che possa parlare a nome di tutti i cristiani? L'assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, nel luglio dello scorso anno ad Uppsàla, aveva formulato questo auspicio, che era qualche cosa di più di una illusione, e qualche cosa di meno di una previsione o di un progetto; è chiaro infatti che ia riunione di un concilio veramente universale è quanto di più difficile il movimento ecumenico potrebbe oggi proporsi; un tale concilio segnerebbe in definitiva il ritorno, in forme ovviamente del tutto nuove, alla stagione felice della Chiesa indivisa, della Chiesa cioè del primo millennio e dei primi otto concili ecumenici. Per questo, pur esprimendo simile speranza, l'assemblea di Uppsala aveva realisticamente affermato che intanto occorreva «continuare a cercare l'unione di tutti ì cristiani in una comune professione di fede, nella pratica del Battesimo e dell'Eucarestia, nel riconoscimento di uno stesso ministero per tutta la Chiesa »: fede, sacramenti e sacerdozio sono infatti i problemi di fondo su cui le Chiese sono oggi divise. Grande perciò è stata la sorpresa quando al Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese, riunitosi nei giorni scorsi a Canterbury, in Inghilterra, il pastore svizzero Lukas Vischer, direttore della commissione « Fede e costituzione », che è la sezione teologica del Consiglio ginevrino, ha presentato un rapporto in cui la riunione di un concilio autenticamente universale, obbligante per tutti i cristiani, da auspicio diventava progetto, e veniva proposta come obiettivo che tutte le Chiese avrebbero dovuto concretamente perseguire. Lukas Vischer non è l'ultimo arrivato nel Consiglio mondiale delle Chiese, ne è anzi una delle personalità più eminenti (ne sarebbe oggi il segretario generale, se la sua nomina non avesse urtato, a suo tempo, contro il «veto» di alcuni membri del Consiglio). Egli sapeva bene perciò che la sua proposta avrebbe incontrato forti resistenze e sarebbe stata giudicata, quanto meno, poco realistica. L'opposizione è infatti venuta, e soprattutto dagli ortodossi, gelosi della propria autonomia, i quali hanno affermato che un concilio può essere solo il frutto, e non lo strumento, di un ristabilimento dell'unità. Più possibilisti sono apparsi i protestanti, che forse non hanno afferrato tutte le implicazioni ecclesiologiche della prospettiva enunciata da Lukas Vischer, né hanno misurato il peso di eventuali pronunzie conciliari vincolanti per tutti. Quanto alla Chiesa cattolica, essa non fa parte del Consiglio ecumenico delle Chiese, ma certamente sarebbe oggi contraria all'idea di un « concilio veramente universale », che non si fondasse sulla coscienza di una comunione pienamente ristabilita con le altre Chiese; inoltre la Chiesa cattolica romana dovrebbe anzitutto procedere, nel suo stesso seno, ad una sincera rivalutazione del momento conciliare della vita della Chiesa, e quindi ad un'autentica pro- mozione della collegialità episcopale, in armonia col primato pontificio, come modo normale di esercizio del governo sulla Chiesa universale, al di là delle forme puramente consultive, e quindi evasive e ritardatici, tipo sinodo dei vescovi. Identità e cambiamento Ma proprio perché le Chiese sono oggi molto lontane dalla capacità di un cambiamento così profondo, da rendere possibile un concilio universale, il pastore Lukas Vischer ha fatto la sua proposta: per convincere le Chiese che il loro errore è precisamente di ritenere che nella immutabilità sia la garanzia della loro identità e della loro permanenza nella verità, quando invece la storia della Chiesa è una « storia delle variazioni», e la sua legge è quella di essere, nella fedeltà a se stessa, orientata verso l'avvenire. Ma l'avvenire, secondo Lukas Vischer, non deve essere considerato solo come una proiezione dell'immagine del presente, con qualche leggera modificazione; le Chiese devono acquisire la libertà di separarsi dalle vecchie abitudini, per potere restare a disposizione del mondo che cambia, per poter continuare ad annunziare l'unico avvenimento veramente immutabile, l'avvenimento sopravvenuto in Cristo, nel quale il passato, il presente e l'avvenire sono ugualmente racchiusi. Il Comitato centrale ha reagito al rapporto di Lukas Vischer, apprezzandone lo spirito, ma chiarendo, non senza ragione, che si trattava di « un punto di vista personale », che non impegnava pertanto la commissione « Fede e costituzione » come tale; come tutte le curie pronte a fare scattare i loro meccanismi di difesa, anche quella ginevrina ha sentito il bisogno di prendere le sue distanze, da una messa in questione troppo radicale. Dialogo e comunione Il rapporto Vischer ha rappresentatp tuttavia il fatto centrale della riunione di Canterbury, e ha segnato una tappa importante nella riflessione ecumenica; esso denunciava infatti' la crisi che sta attraversando il movimento ecumenico, che rischia di isterilirsi istituzionalizzando il dialogo tra le Chiese, che è certo meglio della vecchia inimicizia, ma può divenire fine a se stesso, mettendo al riparo le Chiese e mantenendole nel loro stato attuale. Invece il vero fine dell'ecumenismo è la comunione; il dialogo può essere una via, ma non può essere il surrogato, non può sostituire la comunione. Così il rapporto del pastore Vischer, spingendo improvvisamente molto in alto le ambizioni ecumeniche, è servito in ogni caso a suscitare uno stato di urgenza, e a far capire che bisogna almeno affrontare con animo nuovo i problemi che premono, e sono ancora lontani da una soluzione: come quello dell'intercomunione, cioè della partecipazione dei cristiani che hanno la stessa fede alla stessa tavola eucaristica, e quello dell'ingresso della Chiesa cattolica nel Consiglio ecumenico delle Chiese, che il Papa a Ginevra giudicò prematuro, ma a cui non chiuse del tutto le porte. Raniero La Valle

Persone citate: Lukas Vischer

Luoghi citati: Ginevra, Inghilterra, Uppsàla