I brasiliani in uniforme

I brasiliani in uniforme ANALISI I brasiliani in uniforme Celso Furtado, il più brillante degli economisti brasiliani, disse qualche anno fa: « Instaurare una dittatura di destra in Brasile è impossibile: si creerebbero le condizioni propizie per una mobilitazione rivoluzionaria marxista-leninista ». La previsione si è rivelata fallace. Dal 1964, quando un colpo di Stato spazzò il governo del presidente Goulart, il maggior paese dell'America Latina geme sotto il tallone dei militari. Furtado ha avuto il tempo dl fuggire a Parigi, dove vive in esilio con Josue De Castro. Altri intellettuali famosi sono riusciti a scappare all'estero. Ma i più languono in carcere come oppositori o portano il bavaglio, schedati nelle liste di proscrizione. Una trombosi cerebrale ha estromesso dal potere, forse per sempre, il Presidente della Repubblica, maresciallo Da Costa e Silva, alla vigilia della riforma costituzionale che — nelle intenzioni dei promotori — avrebbe dovuto restituire un po' di libertà ai brasiliani. Ma nessuno si faceva illusioni. Aveva già ammonito il ministro della Giustizia, Gama e Silva: « Non permetteremo a nessuno di contestare il regime ». Alla prima occasione i militari hanno stretto ancor più il morso. Secondo la vecchia carta dello Stato, nella vacanza della Presidenza, avrebbe dovuto' assumere le redini, del governo il vice-, presidente Pedro Aleixo, un civile. E' stato messo in disparte perché « la situazione non consente di passare la mano ad un borghese », e tutti i poteri sono stati assunti dai comandanti delle tre armi. Le Monde parla di « colpo di Stato nel colpo di Stato ». L'esercito rimane dunque l'unico partito politico brasiliano e tiene saldamente in pugno la situazione. Governa con spietata durezza. La Lei de seguranga (gli atti istituzionali promulgati dal 1964 ad oggi) è stata paragonata in un documento del Consiglio episcopale dell'America Latina alle leggi emanate da Hitler. Chiunque sia sospetto di attività contro lo Stato può essere privato per sempre dei diritti civili; i Tribunali speciali non si concedono tregua; una censura di ferro soffoca qualsiasi velleità di protesta. L'arresto durante una dimostrazione, anche la più pacifica, porta automaticamente alla perdita, per un anno, del diritto di frequentare l'Università e di dare esami. Gli studenti in carcere sono centinaia; i sospesi più di tremila. Non migliore è la sorte degli insegnanti: tra incarcerati e dimessi d'autorità, 150 professori hanno lasciato la cattedra, e tra di essi scienziati di valore internazionale. Il regime incoraggia a frequentare i collegi militari. Nel 1965 gli allievi delle scuole di guerra erano 21 mila contro 112 mila universitari; un futuro dirigente su cinque si prepara a vestire la divisa. Non esiste opposizione organizzata, e forse nemmeno opposizione, se si esclude la Chiesa. Il clero, che nel 1964 aveva appoggiato il regime dei generali, ora gli ha voltato la schiena; ma sconta col carcere e le perc adizioni il tentativo di rivolta. Parecchi sacerdoti sono in prigione, una ventina è ih attesa di giudizio, un centinaio è sotto stretto controllo. La loro forza è limitata anche sul piano della propaganda. La censura, severissima con la stampa cattolica, consente ai giornali del movimento di estrema destra «Tradì zione, famiglia, proprietà » di scrivere seriamente ante nità di questo genere: « La Chiesa progressista è agli ordini di Mosca e di Pechino ». Alfonso Di Nola

Persone citate: Alfonso Di Nola, Celso Furtado, Da Costa, Furtado, Gama, Hitler, Josue De Castro, Pedro Aleixo, Silva

Luoghi citati: America Latina, Brasile, Mosca, Parigi, Pechino