Lungo abbraccio sotto i riflettori

Lungo abbraccio sotto i riflettori // commovente incontro aon mogli e tigli alla Malpenaa Lungo abbraccio sotto i riflettori Dopo le terribili emozioni degli ultimi giorni, deUe ultime notti insonni, i reduci dal Biafra non si sentivano più stanchi: avevano un solo desiderio, uscire subito dall'aeroporto, salire in macchina, tornare finalmente a casa Nostro servi/rioparticolare Milano, lunedì mattina. « Silvio! », « Lipo! », « Aristide! ». Mai nomi furono gridati con tanto impeto, con passione così viscerale. Grida di donne che si spezzano all'improvviso, voci roche, braccia protese, bambini che piangono. Aeroporto della Malpensa, ore 2,30 della notte fra sabato e domenica. Dopo una interminabile attesa il grosso quadrigetto DC8 dell'Alitalia, noleggiato dall'Eni, è finalmente atterrato. Ora non ci sono più pericoli, anche l'ultima leggera ansia per il volo Roma-Milano è svanita. Non può più succedere niente, sono arrivati, sono qui, sono a casa. Quando il grosso aereo si arresta, mogli, figli, parenti, amici dei dieci reduci — gli altri quattro che abitano nell'Italia centrale o meridionale sono scesi a Roma — rompono i sottili cordoni formati da tre o quattro poliziotti e da alcuni volonterosi e si precipitano verso l'aereo che ha ancora i motori accesi. I funzionari gridando « Indietro, indietro! », ma chi li ferma. Finalmente gli incontri, gli abbracci spasmodici, le interviste volanti. Vladimiro Golfarelli, 24 anni, uno dei più giovani, ha stretto fra le braccia la moglie Franca — una ragazza giovanissima bruna, magra, con un soprabito giallo che spicca alla luce del fari — e non la lascia più. Inutilmente gli altri parenti si stringono attorno alla coppia per cercare di dare anch'essi un abbraccio e un saluto al reduce, inutilmente gli operatori televisivi e i cronisti della Rai si avvicinano con i loro microfoni per registrare una dichiarazione; i due giovani non seni tono nessuno, non vedono nessuno; per lunghi minuti restano avvinghiati in silenzio l'uno all'altra sotto la luce accecante dei fari mentre le macchine da presa, impietose, riprendono ronzando il loro abbraccio. Due mesi fa lei, Franca Golfarellì, ha avuto una bambina, il marito laggiù sulle rive del Niger lo seppe immediatamente grazie a un telex del ponte-radio Eni. Ma naturalmente non l'ha mai vista, non gli era arrivata neppure la fotografia. La vedrà fra poche ore quando saranno arrivati a Ravenna. Perché vogliono partire subito, immediatamente. Macché albergo, macché sosta a Milano. A casa, a casa, subito, immediatamente. Non ha sonno? Non si sente stanco? Dopo quello che si è passato, il sonno e la stanchezza non hanno più importanza. Una sola cosa importa: la casa. Poco più in là una vicenda diversa e drammatica, Guglielmo Grignaffini, 41 anni, da Fontanellato, in provincia di .Parma, sta abbracciando la moglie e il figlio Paolo, un bambino di 8 anni dai grandi occhi azzurri, intelligenti. A differenza degli altri, la donna e il bambino si sono avvicinati all'uomo con una punta di irresolutezza. Pochi giorni fa, il 2 giugno, a Fontanellato il padre del reduce, Edmondo Grignaffini, è morto di cirrosi epatica in età non ancora avanzata, 65 anni. La donna è certa che il marito non sappia nulla. « Non dirgli niente — ha raccomandato pochi minuti fa al bambino — sono cose che non si possono raccontare in mezzo a tanta confusione. Glielo diremo più tardi, appena arrivati a casa ». E il bambino, serio serio, ha annuito. E' un ometto che queste cose le capisce al Volo, ha seguito giorno per giorno, ora per ora la dramma¬ tica vicenda del padre continuando a studiare come sempre. Ma non appena gli occhi della moglie e quelli del marito si incontrano, la donna capisce che lui sa già tutto. Ha appreso la notizia ieri, in Africa, subito dopo la liberazione, leggendo una vecchia copia de La Stampa. La comitiva più numerosa è quella che si stringe attorno a Silvio Barbera, da Biella, l'unico piemontese della compagnia. Fra parenti, amici e conoscenti saranno più di venti persone, che soffocano di abbracci il loro congiunto gridando tutti insieme « Silvio, Silvio! ». Nessun altro nome viene gridato tante volte e con altrettanta forza, stasera alla Malpensa. I cronisti stringono d'assedio anche Walter Cattivelli, 41 anni, da Piacenza (il gruppo piacentino è il più nutrito, quattro su dieci, il dialetto emiliano predomina nettamente) per avere notizia sull'« adozione ». E' lui che, a quanto si dice, avrebbe deciso di adottare un bimbo del Biafra. Non ha moglie e quindi, prima dell'arrivo dell'aereo, tutti hanno stretto d'assedio il vecchio padre, Nardo Cattivelli, 71 anni. Era vero che suo figlio aveva deciso di adottare un bambino biafrano? E lui, il « nonno », cosa ne pensava? Nardo Cattivelli si era espresso in termini generici: « Non so, mio figlio ha quarantanni, sa ben lui quel che deve fare ». Ora il reduce illustra personalmente i suoi propositi. Sì, è vero. Ha chiesto di aiutare un bambino biafrano; non ha ancora deciso se adottarlo o no. Per il momento la sua intenzione è di ospitarlo per tutta la durata della guerra per sottrarlo alle dure privazioni cui va soggetta la popolazione del Biafra. A guerra finita vedrà, deciderà. « A casa! A casa! » grida anche un altro piacentino, Claudio Bersani, 44 anni, mentre i cronisti cercano di sottrarlo all'abbraccio della moglie, dei due figlioli, del vecchio padre Adeodato. «Cercate di capirci, non è questo il momento per le interviste! Vogliamo solo arrivare al più presto alle nostre case ». Anche Aldo Fuolega, 34 anni, da Sottomarina, non vorrebbe rispondere, desidererebbe solo cacciarsi in macchina insieme con la moglie Maria Pia, con i figlioli e imboccare subito l'autostrada per Venezia. Oltre a due figli grandicelli, di 13 e di 10 anni, Aldo Fuolega ne ha anche uno di tredici mesi Dino, un bambolotto ricoper to di biancoceleste, dagli occhi pieni di sonno, che la moglie ha portato fin qui perché, al momento dell'incontro, la famiglia fosse tutta unita. I fotografi vogliono ritrarre il padre con il bambino in braccio, mentre lo guarda mentre lo stringe, mentre lo bacia. Dapprima Aldo Fuolega è riluttante, poi cede. In fin dei conti stringere e baciare il suo bambino non è un sacrificio. Lo fa due, tre, dieci volte. Poi finalmente riesce a infilarsi in macchina e a partire. g. t. Vladimiro Golfarellì parla con la moglie alla Malpensa: è uno dei quattro tecnici dell'Eni scampati al massacro (Tel.)