Arnoldo Foà, accampato in una roulotte prepara «Malatesta» nei Giardini Reali di Mirella Appiotti

Arnoldo Foà, accampato in una roulotte prepara «Malatesta» nei Giardini Reali L'opera di Montherlant aprirà martedì l'Estate torinese Arnoldo Foà, accampato in una roulotte prepara «Malatesta» nei Giardini Reali Incontro con il protagonista, Fattore Tino Carraro (papa Paolo II) e il regista Quaglio Un'incastellatura di vecchie travi: la scena fissa di Gianni Polidori. In cima, Arnoldo Foà. Vociane truculento, è il protagonista del « Malatesta » di Henry de Montherlant, personaggio sanguigno e nefando quanto fragile e a tratti quasi ridicolo. Le prove sono all'ultimo tocco, sotto la guida del regista Quaglio. La troupe è un po' dispersa tra il verde lavato e ancora tenero dei giardini di Palazzo Reale; Foà, nei momenti di riposo, si ritira nel suo camioncino - roulotte parcheggiato dietro il palcoscenico e dove vive da solo con il suo cane. Dopo due giorni di sole, l'umore generale è allegro anche se i responsabili dell'Ente Manifestazioni Torinesi tengono ancora d'occhio più la meteorologia che la scena. Martedì sera, con una certa solennità e una aristocratica eleganza d'altri tempi, si inaugura l'ottava stagione dei grandi spettacoli all'aperto. Il sonno teatrale di Torino è interrotto. Il programma che di solito si arrestava ai primi di agosto avrà una frangia in settembre con i balletti di Moisseiev: questi spettacoli, prosa o danza, sono diventati importanti, danno vita e piacciono anche ai turisti che, da qualche anno, si fermano più a lungo nella nostra città. Il dramma rinascimentale di de Montherlant, con lo stile aguzzo e finissimo del drammaturgo-letterato, è un testo impegnativo, non certo dei più comodi per cominciare. Poi (a parte « Festa a corte » che sarà uno squarcio di splendore seicentesco) vedremo « Coriolano » di Shakespeare e « Don Carlos » di Schiller. Ci si chiede perché l'estate continui ad essere l'epoca prediletta per le opere storiche e classiche più difficili. La risposta a Foà: « Tutte le stagioni sono buone per questo genere di spettacoli. L'anno venturo, con una mia compagnia, senza scene né costumi, reciterò soltanto Shakespeare, Aristofane, Plauto. Più assisto a certi sperimentalismi, più torno indie- tro, al classico. La contestazione in teatro è sempre esistita, però ha avuto forza soltanto quando c'era la poesia. Quel che succede ora, in genere, è roba da bambini ». Tino Carraro, che impersona il Papa Paolo II, antagonista di Malatesta, se ne sta in disparte con un'aria appannata e stanca, insaccato dentro un giubbotto di cuoio (ma la ricchezza di questo attore è tutt'altro che spenta e la popolarità rinverdita proprio in questi giorni per la sua partecipazione in tv al teleromanzo di Graham Greene), taglia corto dicendo con malinconia: « Al teatro non credo più ». Il regista José Quaglio, invece, appare più che mai attivo e polemico. Il suo, sarà uno spettacolo rigorosamente fedele al testo, ritradotto per l'occasione da Mario Moretti. «Di Montherlant oggi interessa il suo "cheminement", quel voler continuamente chiarire il cammino dell'animo umano mantenendo ad un alto livello il senso della teatralità. Penso di aprire al pubblico una finestra su una grande purezza teatrale. Ce n'è bisogno ». Senza reticenze. Quaglio nega qualsiasi valore alla gran parte del teatro cosiddetto di avanguardia in Italia; contesta anche la validità della conduzione collegiale dei teatri, così com'è stata sperimentata in qualche occasione dagli Stabili. Convinto che in Italia qualcosa si muova, pensa che il meglio di questa ricerca avvenga « dall'interno, sotto le apparenze della tradizione ». E il teatro, nel resto del mondo? « L'unico veramente moderno è quello dell'Est: polacchi, cecoslovacchi, jugoslavi, liberatisi finalmente dalle influenze occidentali, parlano ora un linguaggio davvero nuovo. Gli anglosassoni ci danno invece soltanto delle provocazioni ». Anche Kenneth Tynan è sotto accusa. Il celebre critico inglése ha allestito, off-off-Broadway, quell' « Oh, Calcutta » in cui, su un'ora e mezzo dì rappresentazione, gli attori stanno vestiti appena diciassette minuti, e che ha prenotazioni già per un anno; dopo di che dovrebbe arrivare in Europa. Tynan ha detto che « oggi solo l'erotismo può salvare il teatro. Alla tavolozza scenica mancava un colore, la pornografia. Trattata con dignità ed intenzioni leggere ma serie, io gliel'ho data». Quaglio non è d'accordo: « Credo che l'esigenza erotica in palcoscenico sia intimamente legata alla diffusione della droga. Non sono né prò né contro questo tipo di esibizioni che derivano da un disagio fisico, da una dolorosa difficoltà di vivere. Solo, non le riconosco come fatto teatrale. Personalmente, poi, il nudo in scena non mi piace, forse sono afflitto anch'io da un antico pudore borghese: penso che Zefflrelli abbia fatto benissimo a dire finalmente basta alla pornografìa ». Al che Foà vivacemente aggiunge: « Zefflrelli non aveva bisogno di parlare. La moralità bisogna applicarla, non discuterne ». Mirella Appiotti Arnoldo Foà, Andreina Paul e Tino Carraro durante le prove, sul palcoscenico all'aperto di Palazzo Reale

Luoghi citati: Calcutta, Europa, Italia, Torino