I meriti e i difetti della contestazione di Lamberto Furno

I meriti e i difetti della contestazione Dibattito in una tavola rotonda I meriti e i difetti della contestazione La Malfa (pri) rileva le colpe della sinistra, «esauritasi in mille rivendicazioni » - Giolitti (psi) : « Bisogna rafforzare il governo, ma senza autoritarismo» - Hanno partecipato, tra gli altri, Compagna (pri), Bodrato e Granelli (de), Lezzi (psi) (Nostro servizio particolare) Roma, 26 giugno. Quali problemi ha posto la « contestazione » al potere politico? Su questo tema essenziale dell'epoca contemporanea s'è svolto a Roma un dibattito, pubblicato in un fascicolo speciale di « Itinerari», cui hanno partecipato come esponenti della « sinistra democratica » gli onorevoli Ugo La Malfa e Francesco Compagna (pri), Antonio Giolitti e Pietro Lezzi (psi), Guido Bodrato, Luigi Granelli, Riccardo Misasi e Tommaso Morlino (de). Nella relazione introduttiva l'on. Giovanni Galloni (de) e il direttore del periodico, Francesco C. Rossi, attribuiscono ai movimenti contestativi il merito di aver sollevato la nuova problematica della « partecipazione », ossia del consenso popolare (è la dottrina kennédiana). Ampliando la sfera della libertà, attraverso il «potere di partecipazione e di controllo » questi, in sintesi, gl'interventi alla tavola rotonda. La Malfa — Bisogna distinguere le forme di contestazione tipiche di ogni società; ma si può assimilare la contestazione in Francia e in Italia dato che ì due paesi sono i più arretrati politicamente e socialmente fra le società industriali avanzate dell'Occidente. La contestazione vi ha investito, partendo dalla scuola, moltissime istituzioni, con prospettive di ampliamento in ragione dei gravi problemi che permangono. Una delle cause di questo tipo di contestazione è la mancata guida dello sviluppo da parte delle forze di sinistra: sono rimasti insoluti problemi che in altri Paesi occidentali sono stati risolti. La sinistra si è esaurita per mille rìvoli e in mille rivendicazioni, trascurando i problemi di fondo, cioè gli squilibri, sperdendosi nel settorialismo. Non ha avuto una visione globale dello sviluppo. La partecipazione, reclamata dalla contestazione, deve essere un elemento di questa visione globale, altrimenti diventa volontà corporativa con effetti negativi. Se l'opposizione, nei suoi rapporti con la maggioranza, guarda all'immediata partecipazione al potere è pericoloso farsi illtisioni. Granelli — Il parallelo fra contestazione italiana e francese è generalizzante. Non bastano le riforme sociali a svuotare la contestazione che esprime nuove esigenze di diritti individuali e collettivi, dì cui la classe politica deve saper trovare la sintesi. La strategia delle riforme non può calare dall'alto, ma aprirsi alla partecipazione. Ciò è dimostrato dal fatto che vengono contestate anche le società più evolute. La soluzione è un «patto costituzionale » fra maggioranza e opposizione (specie il pei), non per dare una ruota di scorta al centro-sinistra, ma per tentare un metodo di dialogo che faccia evolvere la democrazia italiana. Giolitti — La contestazione è rivolta delle coscienze, ma la risposta non può essere rivoluzionaria né solo riformistica. Per uscire dalla «nausea della politica» (forma silenziosa di contestazione) è necessaria la partecipazione intesa come socializzazione del potere, rafforzando l'autorità, cioè il governo sulla base del consenso, e non l'autoritarismo. Misasi — Non si può addebitare ogni colpa alla classe politica che è un po' il notaio dell'esistente. E' vero, però, che le forze politiche tendono solo ad occupare il potere,, mentre il problema è di rendere lo Stato permeabile alle spinte della società civile. Anche il dialogo diventa accordo per il potere. Bodrato — La contestazione ha fatto crescere una classe politica al di fuori delle strutture tradizionali, che si fa sentire dovunque, anche se non è ancora in grado di offrire alternative. Il rapporto fra contestazione e partiti si risolve nella realtà, attraverso il dialogo: Compagna — La crisi dell'autorità sfocia sempre in una crisi della libertà perché l'autorità dello Stato è l'altra faccia della libertà dei cittadini. Non ho mai dato alla contestazione il credito politico che altri le hanno attribuito per tre motivi: la vera contestazione è studentesca e basta; non rappresenta il paese reale, limitandosi ad élites dissidenti; è per sua natura saturniana, essendovi sempre qualcuno che contesta più e meglio di un altro. La contestazione non è un'alternativa rivoluzionaria, ma ho sempre avuto la preoccupazione che potesse fornire il pretesto della repressione (come accaduto in Francia). Lamberto Furno N

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