Gli ebrei in Russia

Gli ebrei in Russia Gli ebrei in Russia (Alcuni, i primi dal '67, hanno ottenuto di emigrare in Israele) (Dal nostro corrispondente) Mosca,, 25 giugno. Cinquantadue anni dopo la Rivoluzione bolscevica, gli ebrèi in Russia non hanno ancora ottenuto la pienezza dei diritti civili e l'autonomia culturale promesse dalla Costituzione. Sono passati i tempi dei pogroms antisemiti di Kiev e di Odessa, ma le organizzazioni di partito non vogliono candidati ebrei alle elezioni per i Soviet. La «protesta etnica» non è più punita con la morte, ma negli istituti superiori vige di fatto per gli studenti ebrei il principio zarista del numero chiuso, cinque per cento del totale. Anche le autorità, pur negando di discriminare contro qualsiasi minoranza, ammettono che in Russia esiste una «condizione ebrea ». All'abdicazione dello zar Nicola, il 15 marzo 1917, si contavano in Russia più di 500 leggi o editti imperiali antisemiti, alcuni risalenti a tre secoli addietro. LI governo provvisorio li abolì in blocco con la «Carta della libertà » per gli ebrei, sancita da Lenin l'ottobre successivo. Nel 1932, nella sola Ucraina, il loro maggior centro, gli ebrei avevano 800 scuole, 12 quotidiani, 60 settimanali, 30 teatri « nazionali ». Erano loro aperte le carriere politica, militare e diplomatica. Furono anni di realizzazioni e di speranze, ma finirono presto. Nel 1934, Stalin mcominciò quella persecuzione degli ebrei che doveva durare un ventennio, fino alla cosiddetta « congiura dei medici ». Secondo il censimento di quell'anno, nel 1959 c'erano in Russia 2.260.000 ebrei: oggi il loro numero è calcolato sui 3 milioni, più dell'intera popolazione d'Israele. Ciò significa che un ebreo su quattro di tutto 11 mondo vive in Russia. Sul passaporto sovietico è individuata sempre la nazionalità del titolare, russo, ucraino, georgiano, armeno, « evrej ». Ma tra le cento e più nazionalità riconosciute, l'ebrea è l'unica senza un suo territorio, anche se Stalin aveva tentato di confinarla nel Birobigian, in Siberia, e tuttora in questa regione autonoma su 170 mila abitanti 15.000 siano ebrei. Ucciso Babel da Stalin, scomparso il vecchio Erhenburg, l'intellighenzija ebrea dissidente ha perso un poco la sua preminenza. Ma essa svolge tuttora una funzione di rottura nelle scienze e nelle arti, e si ispira ai grandi economisti di origine ebrea la tecnocrazia riformatrice. Di recente, su Moskvà, fingendo di parlare di un'altra nazione, il poeta Semen Lipkin ha esaltato Israele: «Non potrà esistere l'umanità senza un popolo chiamato I ». Nelle ultime settimane, per la prima volta dal conflitto arabo-israeliano del '67, alcune centinaia di ebrei sovietici sono stati di nuovo autorizzati a emigrare. Sono soprattutto ebrei dei paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia), della Georgia, del Caucaso, qualcuno dell'Ucraina. In genere, hanno già parenti in Israele o in Canada e negli Stati Uniti. Questa politica dei visti d'uscita fu varata da Kossighin per eliminare certe fonti di dissenso. E' improbabile che questa emigrazione, oggi un incerto filo d'acqua, si tramuti in un torrente come è accaduto in Polonia: vi sono ebrei, scienziati e studenti, che le autorità sovietiche non vogliono perdere, ed altri che la polizia segreta preferisce tenere sotto controllo. Un esodo provocherebbe nuovi attriti nelle regioni in cui 11 problema razziale si mescola all' irredentismo, come in Ucraina e nel Baltico. Per gli ebrei, comunque, l'emigrazione è la nuova speranza. Dice una canzoncina di Riga, capitale della Lettonia: «Da dove incomincia la patria? Dalla domanda del visto d'uscita all'Ovlr» (la po- lizift). Ennio Carette

Persone citate: Babel, Ennio Carette, Kossighin, Lenin, Stalin