Brillante autodifesa di Marcuse «contestato» da destra e sinistra di Giorgio Calcagno

Brillante autodifesa di Marcuse «contestato» da destra e sinistra Gran folla per la conferenza dei «Venerdì letterari» all'Alfieri Brillante autodifesa di Marcuse «contestato» da destra e sinistra Un gruppo di giovani ascoltatori durante il dibattito (Moisio) Tutto l'establishment, e tutta la contestazione si sono dati appuntamento ieri pomeriggio all'Alfieri per la conferenza di Herbert Marcuse. La direttrice dei Venerdì letterari, Irma Antonetto, aveva scelto il teatro più grande di Torino; ma lo spazio si è.rivelato presto insufficiente. Un'ora prima dell'inizio c'era già davanti alla porta del teatro un nutrito capannello che si è andato man mano ingrossando; mentre tutte le vie adiacenti erano presidiate dalla polizia. Arrivavano signore eleganti, giovanotti con la barba guevariana, graziose ragazze in camicetta e pantaloni, operai con la borsa del lavoro, c'era un vecchio anarchico col boschetto nero che si lamentava per il decadere della ideologia nella società moderna, e perfino un paio di suore. Circa duemila persone sono entrate, cinque o seicento sono rimaste fuori. Marcuse è stato fatto passare dall'ingresso di servizio di via Confienza. Si è presentato sul palcoscenico inappuntabile, nell'abito marrone scuro, deludendo forse un poco alcuni dei suoi fans in maglione; ma li ha ripagati quasi subito, con una geniale trovata. Insofferente per il caldo che si era venuto a creare in teatro, gremito perfino nei corridoi, si è sfilato sorridendo la giacca e ha continuato la conferenza in maniche di camicia. Marcuse ha parlato per una quarantina di minuti, sul tema « Oltre l'uomo a una dimensione», leggendo un testo che riassume le tesi del suo ultimo libro « Saggio sulla liberazione», apparso proprio nei giorni scorsi in Italia. Dopo avere preannunciato che stiamo andando verso una rivoluzione assai più integrale di quella ideata da Marx, Marcuse ha esaminato i nuovi movimenti di protesta americani, venuti a rompere, imprevedibilmente, l'equilibrio della società opulenta. Si è chiesto se l'analisi da lui condotta in America possa essere applicata in Francia o in Italia, ha messo in rilievo le differenze sostanziali fra le due situazioni, ma anche il punto dì incontro comune, dato dalla rivolta dei giovani. Le polveri sono esplose quando si è iniziato il dibattito, al quale ha preso praticamente parte l'intero uditorio, e che più di una volta ha minacciato di trascendere in una risia verbale. Qui Marcuse ha dato prova della sua abilità dialettica, per controbattere tutte le Obiezióni del suo eterogeneo pubblico, che lo ha contestato dalla destra (come egli poteva prevedere), e dalla sinistra (come probabilmente non si aspettava). Attacca un giovane del Movimento studentesco: « Pro¬ fessor Marcuse, noi abbiamo seguito le sue idee, abbiamo sperimentato la democrazia diretta in Università, ' e abbiamo fatto un grosso passo avanti. Ma adesso ci accorgiamo che queste idee non bastano. Se non si stabilisce un rappòrto fra le avanguardie e la massa dei lavoratori non si potrà fare nessuna rivoluzione ». — Io posso fare riferimento solo alla situazione americana. Ma se negli Stati Uniti non esiste un proletariato rivoluzionario, non è possibile inventarlo per applicare gli schemi della teoria. Noi abbiamo a disposizione soltanto un sottoproletariato di colore; e i giovani intellettuali. Chiede la parola una signora- che si definisce « casalinga». Viene interrotta rumorosamente. Marcuse ferma gli interruttori: «Una casalinga può essere più importante di certi rivoluzionari. Comunque, bisogna lasciarla parlare ». La casalinga rivela subito di non essere una rivoluzionaria: «La libertà che lei chiede, deve essere individuale o collettiva?». — Non ci può essere una libertà individuale in una società dove non esiste una libertà collettiva. Un giovane occhialuto, fra le proteste della maggior parte degli studenti: «Se la società americana è così repressiva, come può un Norman Mailer condurre una marcia di protesta al Pentagono contro la guerra nel Vietnam? ». — Mailer ha potuto partecipare alla marcia soltanto perché, intorno al Pentagono, c'era un imponente dispositivo di polizia, con armi efficientissime. Se lo scrittore avesse mosso un passo più avanti, la storia sarebbe finita subito. Un' obiezione dall' estrema sinistra, viene da una ragazza: « Se Marcuse predica il Grande Rifiuto, perché poi viene a parlare nei teatri della borghesia? E quanto è pa- gato per tenere queste conferenze? ». La domanda suscita vivaci proteste e nel pubblico qualcuno grida: « Maleducata! a. Ma l'oratore fa sapere che intende rispondere proprio a questa domanda: — Se non parlassi in un teatro dovrei cercare un altro luogo. Non vedo che differenza ci sia. Finché viviamo in una società, non possiamo rinunciare ai suoi strumenti, per qualsiasi azione. Anche il negozio dove lei va a comperare la verdura fa parte dell'establishment. Quanto al compenso, posso dirle che serve a pagare il mio viaggio, per tutta la tournée; Non copre le spese che sostengo per mia moglie. ' Chiede la parola un Operaio: « Voi parlate sempre di problemi dei lavoratori. Ma li conoscete? Come fate a pensare di risolverli parlando un linguaggio così diffìcile, che noi non siamo in grado di capire? — Infatti io non ho inteso parlare del mondo operaio. Non lo conosco nemmeno. Ma questo non cambia mente. Negli Usa il potere rivoluzionario non appartiene più, da un pezzo, alla classe operaia. L'ultima domanda viene da un esponente universitario di destra: « Non crede che il Movimento studentesco possa superare la fase violenta? — Non è giusto chiamare violenza quella del Movimento studentesco; che non è mai la prima a scoppiare. La violenza degli studenti è soltanto una reazione alla violenza del sistema. Le ultime parole sono coperte da un lunghissimo applauso, Marcuse non fa in tempo ad ascoltarlo tutto. Si è alzato ed è scomparso, di nuovo dalla porta di servizio. Giorgio Calcagno

Luoghi citati: America, Francia, Italia, Stati Uniti, Torino, Usa, Vietnam