Perché non funziona la macchina statale?

Perché non funziona la macchina statale? Convegno a Roma sulla riforma dello Stato | Perché non funziona la macchina statale? Giuristi e parlamentari ne indicano la causa nel distacco tra strutture e società - Proposte modifiche alla Costituzione - L'intervento di La Malfa (Nostro servizio particolare) Roma, 28 maggio. Perché non funziona lo Stato? Quali rimedi urgono per adeguarlo ad una società in costante progresso? Questi interrogativi, vecchi di decenni e comuni, per esperienza, ad ogni cittadino sono analizzati a Roma in un convegno sulla riforma dello Stato promosso dal Centro torinese « Luigi Einaudi » con il patronato del Presidente della Repubblica. « La democrazìa non può permettersi il lusso di non funzionare » è lo slogan del convegno apertosi stamane con la prolusione del sen. Giovanni Leone, con la prima relazione sul processo legislativo del prof. Alberto Predieri e con un intervento dell'on. Ugo La Malfa, segretario del pri. Alle riunioni, che termineranno venerdì sera, partecipano giuristi, uomini politici, parlamentari: fra gli altri, Ernesto Eula, Ferdinando Carbone, Giuseppe Petrilli, Antonino Papàldo, Paolo Rossi e Aldo Sandulli. Su Governo, partiti e Parlamento ricade — secondo il sen. Leone — la responsabilità della progressiva paralisi dell'apparato statale. Il potere esecutivo in Italia si dibatte sempre in una « angosciosa navigazione » perché manca dell'autorità politica e morale derivante dalla certezza del consenso della maggioranza; i partiti — ha detto — mostrano « la più completa discordanza tra i loro problemi e quelli del Paese, sono troppo spesso assorbiti in tentativi di scavalcamento puramente demagogici »; il Parlamento è impegnato in un « lavoro legislativo spesso contrassegnato da circostanze contingenti e non improntato ad una visione generale e programmatica- delle ' esigenze del Paese ». In queste condizioni, ha concluso Leone, la riforma dello .Stato è indifferibile, dev'essere attuata con la partecipazione di tutti, va concretizzata in una revisione costituzionale specialmente in materia di sistema bicamerale e di ritorno allo « spirito della Costituente ». Il prof. Predieri ha premesso che la Costituzione non è immutabile, ma se verrà modificata dovrà esserlo per garantire una maggiore efficienza ai principi fondamentali del decentramento, del riformismo dinamico e della partecipazione diffusa. Il Parlamento — secondo Predieri — legifera poco o non legifera affatto: « amministra legiferando » anziché dedicarsi alle grandi scelte civili. Ne consegue che v'è un carico parlamentare enorme e che le proposte di legge decadono alla fine d'ogni legislatura per essere ripresentate nella successiva. Secondo Predieri il 69,5 per cento dei progetti di legge è formato da doppioni o ripetizioni. Ancora: solo i disegni governativi hanno ragionevoli probabilità di essere approvati (83,9 per cento contro il 18,7 per cento di iniziativa parlamentare). Il relatore ha osservato che gran parte della produzione legislativa è fatta di leggine che « sono una soddisfazione vicaria come le caramelle per i fumatori ». Il distacco fra classe politica e società, secondo Predieri, è oggi concreto. Si tratta di scegliere, ha concluso, fra un Parlamento di tipo inglese, che legifera poco ma sui grandi problemi, e quello americano, che ha una produzione ampia ma sempre essenziale. L'on. La Malfa, pur rivendicando alla classe politica alcune scelte di fondo (nazionalizzazione elettrica, liberalizzazione degli scambi, problemi di sviluppo civile), ha riconosciuto che vi è un accentuato distacco fra strutture pubbliche e società, che l'Italia — disordinatamente ma dinamicamente protesa verso l'avvenire — è governata da forze politiche depresse sul piano culturale. Il dialogo stabilitosi fra maggioranza ed opposizione, ha detto ancora il segretario del 'pri. a livello degli interessi particolari rappresenta una vera «degradazione della vita pubblica, la causa principale dei ■mali che affliggono oggi la struttura dello Stato ». La Malfa ha concluso che «passate le sbornie ideologi¬ che », anche le opposizioni devono capire che questo non giova a nessuno soprattutto oggi che la società italiana sta raggiungendo un'evoluzione che la pone tra i primi sette Paesi del mondo. 1. f. 4

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