Nessuno sappia che cosa dicono di Carlo Casalegno

Nessuno sappia che cosa dicono Nessuno sappia che cosa dicono (La lingua degli italiani e quella degli apparati politici) Le tormentate discussioni continuano ancora nel Comitato centrale del psi; possono concludersi con un accordo od almeno un compromesso tattico, con la scissione o con il rinvio delle scelte ad un congresso straordinario. Deplorare genericamente i conflitti tra socialisti è ignorarne i motivi importanti e profondi; discuterli sul puro piano ideologico è nascondere la parte inevitabile delle rivalità personali; esortare alla concordia è credere che basti la buona volontà per uscire dai contrasti politici di fondo. Ma si può osservare che anche nell'attuale crisi socialista si scorgono due difetti costanti della vita pubblica italiana: la mancanza di chiarezza, l'impiego d'una lingua per iniziati. Non c'è lettore anche di buòna cultura che riesca a seguire il dibattito interno del psi, come degli altri ' partiti, sen¬ za l'aiuto di un interprete. Incominciano a confondere le idee i nomi delle cinque correnti. Una, quella di Lombardi, ha un nome che non si presta ad equivoci: « Sinistra ». Ma è difficile ricordare che « Rinnovamento » ha un colore più socialdemocratico di « Autonomia », o che sotto il nome garibaldineggiante di « Riscossa » si raccolgono gli amici di De Martino; e .solo pochi specialisti sanno perché Giolitti abbia battezzato « Impegno » il suo gruppo. Nemmeno i discorsi dei capi aiutano la comprensione del cittadino: appaiono cifrati, oppure stranamente banali. Persino la parola « politica » è usata in senso gergale. Perché un intellettuale come De Martino proclama con tanta gravità il principio lapalissiano che « l'operazione della nuova maggioranza è prettamente politicai ». Perché Mancini invita a « verificare la vo¬ lontà politica del pei?». Anche Lombardi, uomo dalle idee discutibili ma lucide, sembra voler complicare le cose quando sostiene: « Ci troviamo di fronte alla crisi del riformismo, che non coincide per nulla col rifiuto di una politica delle riforme ». Gli iniziati avvertono i motivi occulti di queste aggrovigliate sfumature; gli altri no: ed anche queste oscurità contribuiscono al distacco dei cittadini dalla democrazia. Tuttavia la responsabilità non ricade soltanto sul psi: tutti i partiti adoperano un linguaggio ermetico. I democristiani hanno inventato definizioni ancor più esoteriche per le loro correnti: « Impegno democratico » per i doro tei (che, curiosamente, son chiamati così dal nome di un conventoi;come i giacobini), «Nuòve cronache» per i fanfaniani, «Base» per la sinistra... E di¬ mostrano un virtuosismo più sottile dei socialisti nei discorsi allusivi, nei giochi di parole che solo giuristi e teologi possono gustare, nelle polemiche cifrate (pensiamo al sottile dialogo a distanza tra Moro e Fanfani); od anche nell'uso di clausole dall'apparenza solenne e banale, ma dal senso occulto e preciso, come la dichiarazione di Piccoli che « il partito deve disporsi a coprire l'area delle sue responsabilità ». I comunisti hanno elaborato addirittura un loro linguaggio convenzionale: in esso i. antralismo democratico » significa onnipotenza della direzione, « culto della personalità » vuol dire dittatura poliziesca, e « revisionista » può essere un'etichetta politica od un'ingiuria. Sembrano osservazioni futili; ma non hanno nulla d'allegro ed indicano una realtà tanto inquietante quanto complessa. L'erme¬ tismo e la confusione del linguaggio sono in parte una conseguenza della partitocrazia, del monopolio dei funzionari sulla vita politica, del tentativo di coprire con scelte ideologiche le rivalità personali ed i giochi di potere. Ma in parte dipendono da motivi più profondi, e legati alla crisi di tutti i partiti « storici ». Per le formazioni politiche è difficile aggiornarsi alla realtà che muta: non solo in Italia vivono di miti, di idee ricevute, di tradizioni. Cosi i radicali francesi, notabili conservatori, si dichiarano di sinistra e parlano come Gambetta; nelle società comuniste padrone e suddito continuano a chiamarsi « compagno »; e molti socialisti, nella società industriale del XX secolo, sventolano ancora le bandiere rosse di una rivoluzione né desiderata, né possibile. Carlo Casalegno

Persone citate: De Martino, Fanfani, Gambetta, Giolitti, Lombardi, Mancini, Moro

Luoghi citati: Italia