Le ore vuote in cella di Luciano Curino

Le ore vuote in cella LA CONDIZIONE DELLE CARCERI IN ITALIA; REGINA COELI Le ore vuote in cella Sono l'aspetto peggiore e più insidioso della pena - Nell'inerzia di una vita monotona e vegetativa, maturano gli odi assurdi, le amicizie particolari, la disperazione - Anche in prigione stanno meglio i « ricchi » e prevale la volontà degli « sceicchi » (Dal nostro inviato speciale) Roma, maggio. Il Lungotevere con i turisti che sgambano verso il Vaticano, un edificio severo che non è citato dalle guide: « Regina Coeli », la prigione, con 1200-1300 detenuti. Tre gradini all'ingresso e la malavita ha una canzone che parla di questi tre gradini. Nell'ufficio del direttore vi è un quadro dove è citato l'articolo 27 della Costituzione: « Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato ». « Che cosa c'era di peggio in prigione oltre la mancanza della libertà e il distacco dalla famiglia? », domando ad ex carcerati e le risposte sono diverse. L'ozio, dicono. Niente donne. La convivenza con individui sgradevoli o detestabili. La prepotenza degli « sceicchi », i caporioni: Qualcuno risponde: « Si mangiava male ». Un « ex » ,dice: « Si com| pera quasi tutto al "bettolino", lo spaccio di "Regina Coeli 'V Anche il fornello per fare il caffè: è alimentato da un combustibile solido, che però non è il meta. Sai perché non ti danno il meta? Perché con una di queste tavolette e il succo di 2 limoni e qualcosa d'altro un detenuto che era chimico ha ricavato un veleno e si è uccìso. Hanno terrore che qualcuno si tolga la vita in cella. Però gli avvelenano lo spirito costringendolo a una vita semplicemente vegetativa ». Il dottor Di Luise, direttore di «Regina Coeli», (carcere che è rimasto fuori da ondate protestatarie recenti e i emote) e il medico Ponti, che hanno studiato la- comunità dei detenuti affermano: « Dal momento che un uomo varca la soglia del carcere, si mette subito in moto un meccanismo, terribile e innaturale, che tende ad uniformare tutti i soggetti e ad annullare la personalità dei singoli ». Ciò in parte è conseguenza del regime di vita collettivo; in gran parte non è che l'effetto della perduta libertà, essenza stessa' della pena. Ma è anche frutto di privazioni materiali non necessarie, di sofferenze fisiche e morali non giustificate. Un uomo varca la soglia di un carcere e vivrà, per qualche settimana o per parecchi anni, giornate tutte uguali. La sveglia ad una determinata ora, la pulizia da eseguire in un certo modo. Il passeggio e il lavoro, i colloqui, i pasti, l'ozio, il silenzio, il sonno: tutto secondo uno schema ed un orario rigorosi. Il lavoro carcerario non è un vero lavoro, occupa solo un po' di tempo. In molti casi è un lavoro adatto, tutt'al più, a minorati mentali. Il compenso è una sciocchezza: 15-20 mila lire al mese. C'è t'teora d'aria », una passeggiata tra alte muraglie con le sentinelle sopra. Ci sono libri e giornali (non quelli con la cronaca locale). Qualche carcere ha il campo sportivo, altri concedono un po' di radio, altri ancora offrono uno spettacolo televisivo o cinematografico. Ma ci sono soprattutto ore di spaventosa inerzia. Dalle quattro del pomeriggio alle otto del mattino si sta in cella. Dalle finestre con le sbarre o a « bocca di lupo » si vede arrivare la notte. Che cosa accade in queste ore? Riporto i ricordi di alcuni ex detenuti. In quest'ora il pensiero della famiglia è tenero e dolente. C'è invece chi si carica dì rancore e di odio. Qualcuno s'aggrappa a un ricordo, sia esso un torto subito o un giorno esaltante. « Niente, io stavo sdraiato, fissavo il muro, non pensavo a niente ». Qualcuno legge: i libri del carcere o i fumetti con storie erotiche e di violenza, che entrano clandestinamente in certe prigioni e passano di cella in cella, attizzando istinti che dovrebbero invece essere smorzati. « Io pen¬ savo alle ragazze. Sentivo le auto nella strada e pensavo: è qualcuno che corre da una donna». Di questo ho parlato con direttori, cappellani e guardie carcerarie. La loro risposta è stata: « Nelle prigioni c'è un problema sessuale, e grosso, tuttavia è meno importante di quanto si creda all'esterno ». El' esatto dire che la vita carceraria può portare un individuo a delle deviazioni sessuali? «La convivenza 'nelle celle aumenta gli spunti e le occasioni per le pratiche omosessuali ». E' vero che i più giovani ricevono doni, sono corteggiati? « Succede, ma se il giovane non ha inclinazioni o tendenze, non cede ». Si dice che se qualcuno resiste è costretto a cedere con la violenza. « E' raro. Non vi sono mai due detenuti soli in una cella: o ce n'è uno o sono almeno tre». Il problema è senza soluzione? «Per il momento non c'è ». Concedere un poco di intimità al detenuto e alla moglie può andare bene a chi è sposato, ma ci sono gli scapoli, i vedovi, i separati: che fare? L'unica soluzione (ma è ancora lontana) sembra questa: la licenza periodica al detenuto. Più grave del problema sessuale è quello della promiscuità. Uno che ha rubato per fame potrebbe trovarsi con uno sfruttatore omicida che si chiama Pino « u pullu ». Un ragazzo arrestato per la prima volta vorrebbe piangere solo la sua vergogna e la sua infelicità, invece capita fra canaglie con la fedina penale carica. Dicono il direttore Di Luise e il medico Ponti: « E' nota la deleteria azione di proselitismo che possono esercitare, e che in concreto esercitano, molti anziani, che si elevano a veri maestri per esperienza del delitto, per conoscenza delle scappatoie giudiziarie e dell'arte di sapersi adattare nel migliore dei modi alla vita carceraria ». Così, la promiscuità può diventare scuola dì malizia e di coltello oppure, come all'Ucciardone, di etica mafiosa. Nelle carceri ci sono ì ricchi e i poveri: se hanno o no soldi per comperare sigarette o altro, se ricevono o no pacchi viveri. Dice un ex detenuto: « Metti un poveraccio con uno sfruttatore, che ha sempre quattrini e l'amica o le amiche gli fanno arrivare pacchi di primìzie. Passa qualche giorno e il poveraccio è al servizio del ricco: in cambio di qualche sigaretta gli rifa il letto, gli lava la gavetta, fa delle cose avvilenti. E' facile che quando il poveraccio esce, entri anche lui nel giro degli sfruttatori ». Nelle celle si stringono sodalizi per motivi di interesse o per attrazione omosessuale o più semplicemente per affinità o simpatia. Oppure non c'è affatto unione, vi è anzi antipatia che ben presto diventa odio. Per molti carcerati questa è la pena peggiore: essere costretti a vivere con gente che detestano. Un « ex » ricorda un compagno di cella: « Ogni sua parola, ogni gesto mi faceva scoppiare di rabbia. Quando tossiva o sternutiva desideravo strozzarlo. E so bene che lui mi odiava con lo stesso furore». Domando: «E' vero che nelle carceri, soprattutto nei penitenziari, si formano delle sottodirezioni, gruppi che. dominano, vi sono leaders che impongono la loro volontà? ». E' vero. Sono gli « sceicchi ». Spadroneggiano,, rendono la vita pesante ai. compagni e difficile alla custodia. I dottori Di Luise e Ponti affermano die «questi capi gruppo quasi sempre sono vecchi della galera, sentono la gloria e il prestigio del capo, dell'emerito del delitto, vivono di ammirazione e di soggezione, di fedeltà ed omertà ». Ci sono episodi clamoro-^ si. L'ultimo è accaduto il marzo scorso a San Vittore. Durante l'«aria» un giovane ladro che aveva fatto la « spia » si è trovata una coperta sulla testa, dopo avere ricevuto alcune coltellate è stato mutilato di un orecchio. Ricorda un ex detenuto: « La vita là dentro era dura per tutti noi, ma proprio qualcuno di noi la. rendeva infernale agli altri ». « In prigione si mangia male » è il lamento di un ex carcerato. E' avanti con l'età, ha un'alta recidività: non ricorda se sette od otto condanne. Molti anni di cella lo hanno spersonalizzato, hanno soffocato sentimenti ed emozioni. E' assuefatto alla noia, non ha amicizie né odi. Soltanto, si lamenta del vitto, il desiderio maggiore a «Regina Coeli» era avere soldi per comperare vino allo spaccio. «Davano mezzo litro di Frascati o di Chianti al giorno, costava 85 lire. Era un buon vino, ma io non avevo mai le 85 lire ». Luciano Curino L'ora dell'aria nel cortile della prigione: una pausa di illusoria libertà, un'occasione per confrontare la comune miseria

Persone citate: Di Luise

Luoghi citati: Frascati, Italia, Roma