La fuga dalle città

La fuga dalle città INCHIESTA SULLA CRISI DEI GRANDI CENTRI URBANI D'AMERICA La fuga dalle città Il 90 per cento degli americani vorrebbero vivere in una casa propria, tra il verde della periferia; già oggi il 30 per cento abita a Suburbia - Lo sviluppo delle aree residenziali verso la campagna è un fatto positivo, anche socialmente - Ci si chiede tuttavia quanto potrà continuare, e con quali conseguenze (Dal nostro corrispondente) 7' -Washington, maggio. La primavera a' Washing-. tori ' dura, poche settirhane. tra l'invernò gelido e l'estate afosa e umida da paese tropicale: in cambio è bellissima. L'area metropolitana di Washington contiene tra parchi pubblici e giar dinì privati più verde di qualsiasi altra grande città al mondo. Per breve tempo — specie a « Suburbia ». il mare di villette che circonda il centrurbano — il paesaggio si ricopre dì fiori d'ogni genere: tulipani, magnolie, rose, crochi, ciliegi. La periferia assume così un aspetto in qualche maniera incantato. Il che — mi dice Wolfgang von Eckardt, l'esperto di urbanìstica del Washington Post — ha un significato non solo estetico ma anche sociologico: gli agglomerati di Suburbia sono la residenza tipica della Middle Olass, il ceto mediò che ama il giardinaggio, che mantiene la casa rigorosamente pulita, insìste perché i figli studino con profitto a scuola e poi vadano all'Università, e così via. I dori, per prendere a prestito questa parola dall'antropologia contemporanea, fanno cioè parte di una struttura: sono un segno di attaccamento a una vita ordinata, onesta, magari senza slanci eccessivi ma dì grande solidità. « Suburbia — prosegue Wolfgang von Eckardt — rappresenta lo sviluppo più tipico della città americana». Il ragionamento a questo punto cessa di èssere urbanistico per diventare econo- mica e sociologico. Dal 1960 il reddito americano è cresciuto del 50. per cento. La famiglia media (genitori e due o tre figli), dispone all'inarca di ottomila dollari l'anno, un po' meno di cinque milioni dì lire, che è poi il salario di un operaio appena qualificato in settori tipici come l'edilizia, la siderurgia o l'automobile Come viene- divisa questa ricchezza? f,'income tax (la imposta progressiva) aiutando, la società che sta venendo fuori oggi è assai più egualitaria di quanto le rivolte dei negri e i sommovimenti sociali degli ultimi anni lascino pensare: i «poveri » (per usare questo termine di uso comune negli Stati Uniti) rappresentano VII per cento della popolazione. Semplificando le statistiche che tengono conto del vario livello dei prezzi attraverso il paese, viene considerato povero il nucleo familiare che guadagna meno di 3600 dollari l'anno (due milioni e rotti di lire). Un altro 29 per cento dispone dai 3600 ai settemila dollari l'anno: gode, cioè, di quella che viene considerata una prosperità precaria. Dai settemila dollari in su (sempre ragionando per nuclei familiari), comincia la immensa massa del ceto medio americano: il 51 per cento della popolazione dispone dai 7 mila ai 15 mila dollari, V8 per cento dai quindici ai venticinquemila e l'uno per cento è formato dai « ricchi »: chi può spendere più di venticinquemila dollari. Queste cifre me le dà Herbert Gans, un giovane sociologo che le cita a memoria. Ci può essere, spiega, qualche inesattezza di dettaglio: però la sostanza del ragionamento non cambia. Herbert Gans è diventato una celebrità due anni or sono, dopo aver pubblicato The Levitt owners, uno studio oramai classico su come si vive a Suburbia. Gans insegna sociologia alla Columbia University. La sua tesi è che l'allargarsi a macchia d'olio delle metropoli, l'infinito succedersi dei quartieri residenziali, è positivo e inevitabile. « Perché la società rimanga sana è necessario fare quello che vuole la gente. Secondo un sondaggio Gallup, il 90 per cento degli americani non vuol vivere in appartamenti: preferisce una casa propria, isolata dalle altre case e con giardino. Già oggi il 30 per cento vive in quartieri suburbani. E aumenteranno: la famiglia che dispone di più di settemila dollari l'anno è in grado di acquistare- un villino a Suburbia e, visto che desidera farlo, non c'è nessuno che possa impedirglielo ». Si crea così uno stile dì vita abbastanza uniforme: questi villini sono praticamente identici sia per gli operai che guadagnano ottomila dollari Vanno, che per i professionisti o gli executives che superano ì trentamila: tre o quattro camere da letto, due o tre bagni, un soggiorno-cucina: domestici e donne di servizio sono una istituzione rarissima e sono rare le mogli americane disposte a tenere pulito un palazzo con le sole proprie forze. Le dimensioni della casa, quindi, variano di poco. Le differenze dì reddito all'interno del ceto medio acquistano un significato più simbolico che reale: lo snobismo — spesso una necessità per i contatti dì lavoro o di affari — viene pagato moltissimo. La casa che abbiamo descritto, a Georgetown, il quartiere residenziale più caro di Washington, può costare oltre centomila dollari; a Mac Lean, in Suburbia, la si può avere per trenta-quarantamila dollari. Cosa spinge tanti americani a voler vivere fuori dai centri urbani? Un complesso di motivi, secondo Gans. La casa con giardino dà un senso di isolamento e di indipendenza, ma nello stesso tempo permette dì evitare l'anonimato delle grandi città. La gente torna a conoscere i suoi vicini e a farsi delle amicizie. I bambini hanno terreno per giocare senza pericolo di venir messi sotto da un'automobile. E poi il fascino del verde, degli alberi se non proprio della campagna, di una via di mezzo tra la campagna e la città. A queste considerazioni pratiche ne va aggiunta un'altra psicologica e più complessa: .l'americano medio,,,vuole essere.proprietario di una casa, dice Gans, un po' come il contadino vuole la terra. Desidera qualcosa di concreto e di tangibile che sìa indiscutibilmente suo, da non dividersi con nessuno. E' un modo di affermare, attraverso la posizione di sia pur modesto proprietario immobiliare, la propria individualità, la propria dignità umana? C'è indubbiamente qualcosa di tutto questo, secondo Gans. Ciò ha conseguenze anche politiche: una miriade di associazioni varie forma il tessuto connettivo di Suburbia. Partiti politici, società benefiche di vario genere, sportive, religiose e tradizionali permettono al cittadino di partecipare continuamente ad elaborare le decisioni che riduardano la collettività. Nella Nuova Inghilterra ogni anno nei villaggi, per una tradizione non ancora morta del tutto, c'era la riunione degli elettori, nella quale tutti potevano prendere la parola e fare qualsiasi proposta. E' l'ideale della democrazia diretta di Jefferson. Qualcosa di questo modello, secondo Gans, è ancora vivo a Suburbio. La fuga dai centri urbani è anche un po' desiderio di ritornare a un ambiente nel quale i rapporti individuali abbiano ancora un peso. Comunque, conclude Gans, è probabile che nei pròssimi anni l'espansione suburbana avvenga in modo un po' diverso. Si cercherà, tenendo conto in parte delle idee di Lewis Mumford sulle città satelliti, di evitare t'attuale allargarsi a macchia d'olio delle megalopoli, e di strutturare invece maggiormente i quartieri suburbani dandogli quei servizi pubblici di cui oggi mancano. L'esempio tipico dì questa tendenza è « Columbia », una città-giardino in costruzione a pochi chilometri da Washington. Vado a visitarla: una vasta area, tutta costruita a villini, dove dovranno abitare circa centomila persone. Al centro un supermercato e una piazza con caffè e ristoranti. E' prevista l'importazione di uno stuolo di piccioni. Le sere d'estate, forse, suonerà la banda. Un gran lago per la vela e il canottaggio, un galoppatoio per chi vuole andare a cavallo e, sulle rive del lago, un prato e un bosco per le scampagnate. « Columbia » viene suddivìsa in varie decine di rioni, ognuno dei quali deve avere la sua scuola, il suo supermercato più piccolo, la sua piscina. Questa suddivisione ha uno scopo preciso: facilitare i rapporti umani. E' questa la città del futuro in America? Abbiamo visto nel corso di questa inchiesta quanto siano divisi gli urbanisti americani: è probabile che Gans abbia ragione e che nei prossimi anni la tendenza dei sobborghi ad espandersi continuerà. E' anche certo che si farà qualcosa per migliorare i centri urbani e le condizioni di vita dei negri e dei poveri che ci vivono dentro. Per il resto, comunque, è impossibile fare previsioni al di là del futuro immediato: forse, in via sperimentale, si tenteranno altre soluzioni. Quali? Mumford ha certe teorie, Buckminster Fuller altre, Doxiadis altre ancora. L'evoluzione dell'economìa e della tecnica stanno cambiando ogni cosa in America, anche le forme delle città, e non sì vede ancora nulla di definitivo. Finirà o no la moda di Suburbia? E cosa accadrà dei centri urbani? C'è poi un'altra domanda, alla quale oggi nessuno è in grado di. rispondere. Gans ha certamente ragione, dicendo che il desiderio di partecipazione implicito nell'emigrazione verso Suburbia è sanò; ma è anche indubbio che comporta, per forza di cose, un restringersi di orizzonti. E' in grado questa nuova America che si sta formando nel verde suburbano di occuparsi con sufficiente impegno dei problemi del mondo e di quelli delle sue minoranze interne, i negri e i poveri in gene¬ rale? O c'è il pericolo d'una esplosione irreparabile? E' qui che la crisi deliecittà coincide con la crisi della società americana nel suo complesso. Dove sta andando l'America? Il paese è stato presentato in Europa negli ultimi anni sotto due aspetti contraddittori: da una parte come la società più ricca e scientificamente più avanzata del mondo, dall'altra come una nazione divìsa da contrasti profondissimi e difficilmente sanabili. Queste immagini sono vere e false al tempo stesso: in realtà coesìstono e si completano a vicenda. L'America oggi è una società piena di vitalità e di contrasti, affascinante e inquietante al tempo stesso, una cometa che non sì capisce bene dove sia diretta. Nicola Caracciolo *—: à- - - 7-;,;.".;» ^^^^^ ^^^^^^^^^^ ,, , ^ m Mèi Los Angeles. Ville e piscine tra il verde di Beverly Hills (Foto Paris-Match)