L'orgoglio di Parma di Giampaolo Pansa

L'orgoglio di Parma VIAGGIO IN PADANIA; LUNGO LA VIA EMILIA L'orgoglio di Parma Dopo il «decolio» di Reggio, la città ha perduto il primato economico -. Tenta ancora di «produrrei» cultura, ma tra mille difficoltà - E la lirica, vanto d'un tempo, è guastata da snobismo e contestazione (Dal nostro inviato speciale) Parma, maggio. La notizia più grossa che raccolgo sul tema Parma-cultura non è quella del convegno mohdiale dei critici letterari che incomincerà fra sei giorni, il 15 maggio. Più realisticamente, la notizia è un'altra: l'albergo diurno « Co-Bianchi », che sta proprio sotto la statua di Garibaldi, verrà trasformato in sala culturale, quella sala permanente per dibattiti, simposii e tavole rotonde che questa capitale (ormai verso i 200 mila abitanti) per secoli non ha mai avuto. Città stendhaliana Cerchiamo di sentire cosa dicono a Parma sul tema delle lettere e delle arti. Il tema piace molto ai parmigiani. Sono gente orgogliosa della loro città, anzi della loro piccola patria. A Piacenza parlano con invidia di « mafia solidale » di quelli di qui, e non hanno torto. Lo stivale e i continenti sono disseminati di « consoli » e « consolati » addetti ad assistere i « pramzan strajè pr' al mond», i parmigiani dispersi per il mondo. Il dialetto di Parma è un buon salvacondotto per ottenere un posto o un pranzo. Anche le divisioni politiche, a volte, contano poco. Qualche giorno fa, prima del dibattito televisivo di a Cento per cento » sull'economia locale, l'assessore comunista Pierino Ghiretti prese sottobraccio il direttore dell'Unione Industriali, Giorgio Orlandini e gli sussurrò: «Am' arcmand. mi raccomando, dottore, siamo avversari, ma prima di. tutto l'onore di Parma!». E l'onore di Parma spesso si confonde con il primato di Parma. « Sì, purtroppo noi siamo afflitti dalla boria, dal complesso del primato » ammette l'avvocato Fabio Fabbri. Divenuto insostenibile il primato economico dopo il decollo di quei « paisan » di Reggio, è rimasto il primato culturale. E' una buccia di banana sulla quale scivolano quasi tutti, e quasi tutti allo stesso modo: la piccola Atene d'Italia, il salotto dell'Emilia, la città stendhaliana, Maria Luigia. « Cose antiche piene di polvere. Parma da tempo non produce più cultura, è come un mulino che, avendo smesso di macinare, tenta di spacciare farina vecchia di anni — dicono Gianni Ferrari e Giovanni Maria Ponzone, due tra gli animatori di un battagliero settimanale, L'Opinione pubblica —. Si cerca di vivere di rendita su un passato valido, ma è una rendita che non frutta più. Eppure, un tempo, questa era una città vivacissima, piena di gioia di vivere, anarchica, nell'Oltretorrente c'era un popolo autentico che ha fermato Italo Balbo sul ponte di mezzo. Adesso tutto finito, tutto affogato nel burro e nel formaggio ». E' proprio vero? In parte sì. Un viaggio fra la cultura di Parma è troppo spesso un viaggio fra i rimpianti per coso defunte, fra personaggi che hanno scelto di tacere ma che sono tutti pronti ad indicarti le tappe del declino, con una punta di astio verso chi se ne è andato. « Il Raccoglitore », la famosa pagina letteraria? E' morta da tempo, « quasi uccisa » dice il poeta Gian Carlo Artoni. Morta anche, per stanchezza, la rivista « Palatina » (33 numeri e otto anni di lavoro). Morto il premio letterario « Mario Colombi-Guidotti », di risonanza nazionale. Morto il premio Biennale di Pittura. Morta la «Consulta». Artoni scrive ma non pubblica ed oggi è solidissimo avvocato, segretario dell'Ordine e consigliere oberale. Un altro poeta, Oian Carlo Conti, vive in silenzio nell'« isola felice » della sua scuola. L'editore-grafico Franco Maria Ricci è più apprezzato a New York che a casa propria. E Guanda? Guanda (2200 titoli, l'editore che ci ha fatto conoscere Lorca) tiene la casa editrice a Parma solo per convenienza economica, ma il suo rapporto con la città è zero. Il direttore, Franco Osenga, è un torinese che fa il pendolare con Milano, quando si ferma a Parma passa le sere barricato in albergo perché, dice, la città è un deserto. I responsabili delle collane stanno a Milano o a Roma. E un grosso fatto di cultura come la ristampa anastatica dell'intera « Rivoluzione liberale » qui è passato quasi inosservato. Isole culturali Ma non solo Guanda è un'isola. E' un'isola l'Università, che pure ha 12 mila allievi: « Fra ateneo e città c'è un muro, l'Università come guarnigione, solo gli affittacamere hanno rapporti con gli studenti ». E' un'isola la Biblioteca Palatina seguita con più amore all'estero che a Parma. In pratica, nessun circolo di cultura dall'attività regolare e continuativa. Finiti anche i cine-club in una città che nel dopoguerra ebbe una delle culture cinematografiche più vive. Il Festival del Teatro Universitario si svolge a Parma ma potrebbe stare benissimo a Torino o a Bari, tanto il suo legame con la città è inesistente. Si salva almeno la lirica? Un pessimista risponde: « Forse neppure lei, prima è stata guastata dallo snobismo e poi terrorizzata dalla contestazione ». «Basta con i rimpianti, ormai siamo una provincia come tutte le altre... », dice, disgustato, Artoni. Perché va così rr.3\e, avvocato? «Molti sono andati via, e rjon c'è stato ricambio ». Ma non c'è soltanto questo, aggiungono altri. La classe politica loca¬ le avrebbe potuto fare qual cosa e invece non ha fatto nulla. La destra non prende iniziative per incapacità o per paura di aprirsi. Il pei, forza egemone in città, è un grosso fatto burocratico-organizzativo, troppo impegnato a gestire il potere per pensare alla cultura. Il sindaco Enzo Baldassi — giovane e intellettuale, ha lavorato a Rinascita e cita Gramsci — si difende con un'abile schermaglia ma non sa presentare nessun risultato. In questo modo, a Parma, il divorzio fra politica e cultura non potrebbe essere più netto. I partiti se ne stanno in un angolo, grigi e poveri di quadri forse più che in altre città emiliane, impegnati in beghe « concrete » di cariche, di posti, di voti. Del resto, la vecchia signora che spolvera i suoi primati non tollera contaminazioni. Chiunque tenta di legare cultura viva e problemi politici e di fare su Parma un discorso non encomiastico è, nei casi migliori, un illuso, nei casi peggiori un qualunquista fomentatore di scandali. Per L'Opinione, ad esempio, è accaduto così: « Abbiamo successo perché ci credono un settimanale giallo, scandalìstico... ». Parma ex-capitale, « povera città perduta di pianura», allora aveva ragione Antonio Delfìni? No. Parma — rispondono in molti — ha solo bisogno di uno scossone, di liberarsi dal vizio del rimpianto e dal mito di un passato che non dà più frutti. I giovani hanno già cominciato a darglielo, questo scossone, anche con tecniche sconvolgenti, come l'occupazione del Duomo da parte dei « Protagonisti », un gruppo di cattolici del dissenso. C'è solo da sperare che fra le generazioni nuove l'intelligenza prevalga sul settarismo. E a Parma questa è una speranza fondata. Giampaolo Pansa