Le donne in fabbrica
Le donne in fabbrica Il medico e il lavoro femminile Le donne in fabbrica Certo il lavoro di operaia non è né facile né lieve: perché chiede disciplina, impegno fisico, precisione manuale e destrezza mentale. Presto il mattino e tardi la sera; troppo in piedi o troppo seduta; eternamente in gara con la macchina e con l'orario; in ambienti troppo rumorosi o — cosa ancor più grave per una donna — in troppo assoluta regola di silenzio; oppure, cosa ancor più snervante, alle prese con un lavoro che «non è il tuo ». E, a pesare maggiormente, l'idea di fare un lavoro da uomo e avere paga non sempre da uomo; e l'ansia per i figli (« chissà che cosa fanno; e chissà che cosa fa chi li guarda »); e la pena delle ore « perse » in quei lunghi tragitti da casa e per tornare a casa; e quell'eterno pensiero di qualcosa che, o qua o là, ti attende per farti lavorare ancora. E' vero: il lavoro di operaia obbliga la donna a condizioni di vita non sempre fisiologiche e naturali. Ci sono 1 nemici esterni: i rumori, il calore, le vibrazioni, i fumi, le polveri, gli acidi, i rischi professionali. E ci sono, in più, i nemici interni: la monotonia di gesti sempre uguali, la sensazione di mancata libertà, il rimpianto di un tipo diverso di vita, una certa standardizzazione di soddisfazioni e la non sempre facile convivenza con « le altre » che lavorano con te. Le malattie, quelle vere — salvo l'eventuale specifico rischio di certe attività professionali e le più facili occasioni ai raffreddamenti, alle malattie reumatiche, alle allergopatie professionali, alle malattie venose e circolatorie ed ai traumi — non sonò né più frequenti né diverse da quelle delle altre donne che lavorano. La fatica, la depressione, l'irritabilità, gli esaurimenti nervosi, l'insoddisfazione, le malattie psicosomatiche (ulcera, asma, coliti etc.) invece sì: perché la vita dell'operaia — non importa se in fabbrica o ai mercati generali o nella piccola officina — risente di tante complesse influenze esterne. C'è una cosa da dire: la fatica dell'operaia — quel¬ l'insieme di sintomi da affaticamento che affiora, mille volte, nei colloqui col medico della mutua: e che, 9 volte su 10, si conclude con quei 7 condiscendenti giorni dì « malattia » — non è quasi mai direttamente proporzionale al lavoro effettivo: ma è il risultato dì una somma di fattori « conflittuali » più psichici e caratteriali che fisici. Perché certe donne che amano soprattutto il proprio faticoso lavoro — come le levatrici o le bambinaie — non hanno mai orario e non sono mai stanche? Perché, qualche volta, quando un'operaia si sente « a terra », basta una soddisfacente variazione delia sua attività pratica — magari ancor più gravosa ma più responsabile e più varia — per vedere sparire di colpo il suo cronico affaticamento? Per queste cose, s'intende — in cui il confine tra la fatica fìsica vera e quella, meno vera ma altrettanto « sentita », non è mai netto — la diagnosi ed il rimedio non sono facili. il dottor X
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