Al Ferrante Aporti manca persino l'acqua per lavarsi di Clara Grifoni

Al Ferrante Aporti manca persino l'acqua per lavarsi «Quasi sempre dal riformatorio si esce delinquenti» Al Ferrante Aporti manca persino l'acqua per lavarsi Dichiarazioni del Direttore: « In 8 anni non ho mai visto un Procuratore fisso. Non avendo il tempo per risolvere i problemi, essi si adoperano per far restare come sono le cose che vanno cambiate» - «I giovani sarebbero recuperabili se per il salvataggio si usassero mezzi adatti» Durante le giornate calde delle « Nuove », si temette che potesse accadere qualcosa anche al «Ferrante Aporti »: la febbre delle sbarre è contagiosa. Ma non successe nulla. E pare che i 135 ospiti dell'Istituto, seguissero alla tv le fasi del dramma senza una diretta partecipazione, quasi per dimostrare anche a se stessi che un fiume di speranza separa i loro problemi da quelli dei carcerati in rivolta. Però, mai come in quei giorni, mentre i ragazzi facevano ressa in venti o trenta dinanzi a un unico gabinetto o rubinetto (spettacolo quotidiano), fu avvertita dal personale interno la scandalosa disfunzione della macchina governativa, che non concede al rieducando nemmeno acqua sufficiente per lavarsi e lo condanna a un fetore insopprimibile j da quando si alza, le sette ta punto, fin dopo le diciotto, ora ta cui va a tirar calci al pallone nel .vasto campo sportivo (non è lo spazio che manca al « Ferrante Aporti », disteso su 50.000 metri quadri tra area coperta e scoperta). E' specialmente all'aria libera che i ragazzi possono scaricarsi delle loro miserie. I giovani disadattati li inventa la società, ma poi li paga cari. Ognuno di questi « pensionati » costa cinquemila lire giornaliere allo Setto, delle quali appena cinquecento vengono assorbite dal vitto (sempre scarso): il rimanente sparisce nel calderone delle spese generali, che le decrepite strutture rendono enormi. E' la sola realtà matematica del « ricupero » minorile. Tutto il resto, in mancanza di direttive precise ed efficaci, dipende dalla personalità del capo d'istituto, della sua determinatezza nella confusione e il pressapochismo dei regolamenti e soprattutto dal suo coraggio nell' assumere responsabilità. «Si tira avanti tra polemiche e cicchetti, sotto un peso di controlli essenzialmente fiscali — dice Filippo Cristofanelli, direttore, del "Ferrante Aporti": un gióvane marchigiano dallo l sguardo triste e si capisce, col mestiere che fa. — Sono qui da otto anni e non ho mai visto un Procuratore " fisso " ai minorenni. Tre, quattro mesi e arriva un altro. Ciascuno, mancandogli il tempo d'acquistare l'esperienza indispensabile per una funzione tanto impegnativa, si adopra a far restare come sono le cose che andrebbero cambiate. Io lotto continuamente per cambiare qualcosa. I ragazzi sarebbero tutti ricuperabili se il salvataggio avvenisse coi mezzi adatti. Il primo è la comprensione: non si è mai abbastanza umani con loro. Nell'Istituto ci sono cinque educatori, tutti appassionati del proprio lavoro (sennò chi glielo farebbe fare? Guadagnano settantamila lire-al mese), che riescono a creare un clima "da famiglia ". Poi diamo a tutti una certa istruzione: abbiamo scuole che fuori possono invidiarci, elementari e medie, con insegnanti statali e aule spaziose per turni di non più di dieci allievi. Contemporaneamente, cerchiamo di avviarli a un mestiere, con sette corsi professionali, sotto la guida di tecnici esperti. Per il tempo libero, tre campi sportivi, una palestra attrezzistica e una sala da spettacolo. Chi vuole può studiare musica, c'è anche il maestro. Organizziamo concertini, recite, visite ai musei e alle mostre: io cerco, sia pure infrangendo le regole, di proiettare il più possibile verso l'esterno i minori, perché non si sentano inscatolati ». Altre infrazioni: lascia ai ragazzi le stringhe, la cintura e i piccoli oggetti personali (c'è chi tiene disperatamente a un bicchiere in plastica appartenuto alla madre, morta alcoolizzata: si hanno i ricordi che la vita permette); e gli dà anche qualche spicciolo quando escono. Chi vuole scappare, dice, scappa: le porte sono aperte, i Ma se qualcuno scappa, il direttore paga. Otto anni fa un giovinetto della « Sezione di custodia » venne trasferito al' riformatorio giudiziario di Pesaro. Partì senza manette, essendo minore, in compagnia di due dipendenti dell'Istituto. Ma all'arrivo se la squagliò; e proprio quel giorno compiva diciott'anni, età considerata maggiore a tutti gli effetti, incatenamento compreso, dal Codice di procedura. Siccome il « prigioniero » aveva festeggiato il suo compleanno a mata sciolte, l'allora direttore del « Ferrante Aporti », dottor Masone, e i due accompagnatori, furono rinviati a giudizio: la legge scatta come una trappola, peggio per chi c'è dentro. E anche il minore, se resta tra le maglie, povero lui. Un primo fallo, che è l'atto d'un momento, può disegnare il profilo della sua imgcalppns«srgsfARmtGimmusnvQArvi intera esistenza. Una volta messo in moto l'ingranaggio giuridico, articolato su tre competenze — civile, penale, amministrativa — impossibile fermarlo. Le competenze procedono ognuna sul proprio binario e i binari, come nella sotterranea, possono sovrapporsi; in tal caso il « penale » ha la precedenza suir«amrninistrativo», che però ha un itinerario più lungo, arrivando ai 21 anni del soggetto. E allora succedono fatti aberranti. «Giovanni, un ragazzo di Alessandria, amava i motori. Rubò successivamente tre macchine per farsi un giretto — racconta l'educatore Giuseppe Orlando. — Ebbe il perdono giudiziario al primo furto. Al secondo, nove mesi con la condizionale e un provvedimento amministrativo da parte del Tribunale minorile, per un ricovero dì due anni in Istituto. Quando giunse al "Eerrante Aporti " aveva circa 17 anni: restò quattro mesi in Osservazione e nòve mesi in Casa di rieducazione. Nel frattempo ebbe luogo il terzo processo e Giovanni si buscò nove mesi di reclusione. Ma aveva già diciotto anni, per cui fu revocata la condizionale precedente e gli toccò andare alle " Nuove " per farsi diciotto mesi. Dopo di che, essendo sempre in corso il provvedimento amministrativo, dovette completare la sua " rieducazione " a Bosco Marengo, che accoglie giovani sino a 21 anni ». Oppure, succede che una pratica si addormenti presso il Tribunale minorile, per svegliarsi quando una situazione si è risolta da sola; e che i carabinieri, avvertiti da un fonogramma, vadano a prelevare un minorenne, ormai rinsavito, sul [ posto di lavoro. Molto spesso, dunque, l'opera di « salvataggio » non fa che aggiungere frustrazioni a quelle già sofferte dai ragazzi. Gl'istituti sono, per lo più, come il «Ferrante Aporti », sanabili unicamente con una carica di dinamite; e sottoposti a leggi elaborate a tavolino da giuristi che non sapevano niente sui ragazzi detti difficili, e comunque pensavano fosse meglio punirli. «Inoltre, ed è il fatto più grave, una stessa matrice di formazione pehitenzialistica accomuna i minori agli adulti — dice Filippo Cristofanelli. — E urge, sì, ricostruire le Case e riformare le leggi. Ma bisognerà anzitutto: primo, sganciare il settore giuridico minorile da quello dei maggiorenni; secondo, limitare i compiti della giustizia, che oggi interviene anche nei casi puramente assistenziali, a quelli di sua esclusiva pertinenza; infine, ristrutturare i Tribunali rer i minori, immettendovi magistrati con una preparazione specifica sui problemi dei giovani. I quali, lo sappiamo, escono etichettati dal minimo contatto col terzo potere; e dopo, per quanto ci si prodighi, non riescono facilmente a reìnserìrsi in una vita normale». Clara Grifoni

Persone citate: Filippo Cristofanelli, Giuseppe Orlando, Masone

Luoghi citati: Alessandria, Bosco Marengo, Pesaro