Il pericolo dei super-arbitri di Paolo Bertoldi
Il pericolo dei super-arbitri Il pericolo dei super-arbitri A quattro giornate dalla conclusione del torneo di serie A, la lotta nei- due settori del campionato è. cosi tesa che ogni episodio di essa riveste un'importanza quasi preoccupante. In testa, tre squadre rincorrono il titolo rinchiuse nello spazio di uno o due punti. In coda, cinque società, impegnano ogni energia per salvarsi. In questa incertezza si aggrava il peso dell'arbitro. La sua opera si svolge in delicate situazioni psicologiche da affrontare e risolvere nell'attimo intercorrente tra la. presunta o reale irregolarità e la sanzione da fischiare o da non concedere, ter tale motivo abbiamo sempre cercato di evitare la condanna in termini di perentoria durezza degli errori magari rilevati dai critici molte ore più tardi davanti alla ripresa televisiva al rallentatore. L'arbitro fa quanto può e merita comprensione. Dove però non ci sentiamo di seguire il comportamento dei dilettanti del fischietto è quando essi esasperano di proposito il regolamento o cercano di far valere la loro personalità, invece di. sforzarsi di passare inosservati. Domenica scorsa, in Fiorentina-Torino, si è rimproverata a Francescon una imprevidente indulgenza che ha, portato a scontri tra giocatori; ed a Varese e Bergamo si è sorvolato su falli 6 rigóri evidenti. Non vi è da meravigliarsene, poiché tali episodi fanno parte delle vicende imprevedibili. del gioco. In fondo l'errore dell'arbitro vale quanto un palo colpito, dipende dal caso. Voluta e pertanto non giustificabile appare invece la tendenza di alcuni direttori di gara a porsi al centro dell'avvenimento. Lo Bello, doménica a Pisa, è ricaduto in questo suo tipico atteggiamento. Dapprima ha concesso al Cagliari un rigore con severità eccessiva, che suonava quasi a sfida del pubblico di casa (e difatti c'è stato un tentativo di in¬ vasane); poi non ha fatto ripetere il penalty stesso, parato in modo irregolare da Annibale, che sì era mosso ben prima del tiro di Riva. Personalmente consideriamo la regola dell'immobilità assoluta del portiere come quanto di meno sportivo e di più antispettacolare si possa immaginare. Essa muta l'estremo difensore in un burattino inchiodato sulla linea bianca, mentre il suo avversario è libero di muoversi come vuole. Il bersaglio della porta è di metri 7,32 per 2,T1: fermarvi un bolide scagliato alla velocità dì settanta chilometri all'ora è quasi impossibile, se non si concede al portiere la facoltà di sconcertare il rivale-attaccante con il proprio piazzamento mutevole. (Nell'epoca in cui la finta del difensore era ammessa quel grande campione che fu Giampiero Cambi diceva: « Se riesco a parare dei rigori lo faccio ingannando l'avversario, rendendolo nervoso, dandogli l'impressione di piazzarmi presso un palo e spostandomi poi dall'altra parte»). La norma dell'immobilità, comunque, esiste e l'arbitro deve farla rispettare. Lo Bello ha sbagliato pure nell'ignorarla. Del resto non è ia prima volta che il direttore dì gara siracusano dà l'impressione di dirigere le gare a modo suo. In questa stagione al termine di Samp-Inter è stato assediato negli spogliatoi per aver concesso un dubbio rigore, ha convalidato alla Fiorentina (contro l'Inter) un goal dai più riconosciuto in fuorigioco, è andato controcorrente a San Siro in occasione di Milan-Juventus, sorvolando su fallì dei bianconeri, è stato discusso in Napoli-Milan. Sono disavventure che accadono. Fra i sette direttori di gara internazionali ed i trentasette complessivamente a disposizione della Le-. ga professionale italiana. Lo Bello è certamente il più bravo ed il più dotato. In queste ultime domeniche dovrà dirigere altri incontri decisivi. Lo farà bene se cercherà di non imporre la sua personalità. Cerchi di essere un arbitro, non un superarbitro. Paolo Bertoldi
Persone citate: Francescon, Giampiero Cambi, Lo Bello, Riva
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