Nata nell'antica Roma la febbre dell' archeologia di Marziano Bernardi

Nata nell'antica Roma la febbre dell' archeologia Nata nell'antica Roma la febbre dell' archeologia Un libro avvincente di Massimo Pallottino sulla lunga storia degli «scavi» Si potrebbe dire che l'ambizione degli uomini moderni di penetrare il mistero del cosmo trovi nella nostra epoca un meraviglioso contrappunto nel desiderio, ugualmente intenso, di conoscere le origini della loro storia, risalendola di 500.000 anni. Due abissi, di ugual fascino per l'immaginazione popolare: di qui l'enorme suggestione esercitata sulle moltitudini in questi ultimi decenni, ma soprattutto dalla fine della guerra, dalle avventure e dalle scoperte archeologiche. Sui giornali, sui periodici, alla radio, alla televisione, il rinvenimento di ima scultura etnisca o di un tempio Maya nel Messico « fa notizia :> come un fatto sensazionale di cronaca; ed il profano ascolta attonito l'archeologo che da un coccio dipinto rievocp un passato di cinquanta secoli. L'archeologia è dunque una disciplina magica? Ad una domanda cosi pregnante risponde un etruscologo di fama intemazionale. Massimo Pallottino, con le trecento pagine e le più che altrettante illustrazioni d'un volume intitolato appunto Che cos'è l'archeologia: uno dei libri più avvincenti di cui da tempo ci sia stata offerta la lettura. Non un racconto avventuroso di «civiltà sepolte» alla Ceram, bensì la limpida, elegante, affabile esposizione, documentata da grandi avvenimenti culturali, del lento formarsi del concetto scientifico di « archeologia »; dalla frenesia dei ricchi romani — ricordata da Strabone — di procurarsi a carissimo prezzo i bronzi saccheggiati nelle necropoli arcaiche greche, e dalla riconquista del mondo classico operata dalla primavera umanistica (il Brunelleschi e Donatello che nel 1407 scavano tra le rovine di Roma), fino alla configurazione attuale del compito dell'archeologo. Il quale non si presenta più nella veste dello scavatore fanatizzato dalla speranza di scoprire un nuovo Apollo del Belvedere „o un nuovo Laocoonte, ma come il programmatore e il rigoroso esecutore di un lavoro d'alta specializzazione scientifica e perfezione tecnica, che si propone come fine ultimo la conoscenza topografica, storica, cronologica, culturale dei luoghi archeologici, e dello sviluppo delle civiltà da essi rivelati. Un lavoro il cui ciclo va dalla strumentazione delle ricerche all'esame e alla conservazione delle cose trovate; e si completa con la loro descrizione e interpretazione storica. Non è infatti più pensabile un'archeologia intesa come disciplina diversa dalla storia, cioè preistoria, antropologia, storia dell'arte, storia politica, storia della cultura. L'archeologo oggi sa ohe il suo scavo è un mezzo di conoscenza, non una pesca di oggetti antichi; e la sua scienza e passione so¬ no lontane dagli entusiasmi rinascimentali, quando le « grottesche » della Domus Aurea di Nerone fornivano per quasi un secolo moduli decorativi, Michelangelo e il Montorsoli restauravano il Laocoonte, ma intanto il Colosseo diveniva una cava di materiali per i nuovi palazzi romani, e il Castiglione, interprete di Raffaello, piangeva sulle « povere reliquie di Roma ». Marziano Bernardi MASSIMO PALLOTTINO: Che cos'è l'archeologia ■ Ed. Sansoni, pp. 312, 314 Ulustr. L. 14.000.

Persone citate: Brunelleschi, Castiglione, Massimo Pallottino, Nerone

Luoghi citati: Messico, Roma