L'Africa ed i Balcani miraggi del fascismo di Ferdinando Vegas
L'Africa ed i Balcani miraggi del fascismo Uno studio di Carocci L'Africa ed i Balcani miraggi del fascismo La politica estera nel triennio 1925-'28 In mancanza, ancora oggi, d'una storia complessiva della politica estera fascista, uno studio particolare su un periodo limitato è sempre il benvenuto, soprattutto se ha « l'ambizione... di dare... uno specimen, concentrato nel tempo, di una politica i cui aspetti tipici si estendono al di là del periodo cronologico preso in esame ». Questo il proposito, pienamente realizzato, di G. Carocci, nel suo lavoro La politica estera dell'Italia fascista, dedicato al solo triennio 1925-1928. Sono pochissimi anni, ma veramente decisivi, perché in essi si compie la svolta verso la « fascistizzazione » della politica estera italiana. Ormai definitivamente consolidatosi sul piano interno, dopo la crisi del delitto Matteotti, con l'instaurazione del regime dittatoriale. Mussolini si sentì più libero di agire sul piano internazionale, « imprimendo alla politica estera... un carattere sempre più dinamico ed aggressivo ». La spinta dell'attivismo diplomatico fascista si dirigeva precipuamente verso due settori, l'Europa danubiano-balcanica e l'Africa; in entrambi, nella seconda metà del '28, si arriva ad una certa stabilizzazione, che durerà sino al 1934-35, delle relazioni con la Jugoslavia e con l'Etiopia, ì due paesi presi di mira dall'espansionismo fascista. Sulla direttiva africana era un espansionismo che ricalcava l'ormai anacronistica idea ottocentesca della colonia di popolamento, in evidente connessione con la politica demografica del fascismo. Nel settore danubiano-balcanico, invece, fu tentata una strada nuova, quella della costituzione dì « riserve di caccia », cioè . dì mercati chiusi, appunto riservati all'espansione economico-politica dell'Italia, con esclusione delle altre potenze europee. Questa politica, già di per sé, portava ad aumentare il disordine e l'instabilità in tutta quella vasta parte d'Europa che era stata sconvolta dalla prima guerra mondiale; peggio ancora!, poi, se la sì collegava al « revisionismo », che tendeva a rimettere in discussione l'assetto, anche territoriale, sancito nei trattati di pace del 1919. Era di evidenza palmare che fomentare il revisionismo significava mettere a repentaglio la stessa sicurezza dell'Italia; ma Mussolini, trascinato dal suo irrequieto attivismo, non solo appoggiò il revionismo dei paesi minori, l'Ungheria e la Bulgaria, ma persino quello, ben altrimenti robusto e pericoloso, della Germania. L'errore capitale del duce va pertanto ritrovato nella « illusione di riuscire a contenere e controllare il più potente dei revisionismi, quello tedesco, mentre lo aizzava insieme con tutti gli altri ». Ferdinando Vegas GIAMPIERO CAROCCI - La politica estera .dell'Italia fascista (1925-1928). Ed. Laterza, pagine 391, lire 5000.
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