Sarpi e l'apologia dello Stato laico

Sarpi e l'apologia dello Stato laico « Istoria dell'interdetto » e altri scritti Sarpi e l'apologia dello Stato laico Oggi possiamo leggere Pao-1 10 Sarpi senza il furore polemico che, per secoli, è apparso inseparabile dalla sua fortuna; ma non per questo la figura del frate servita sbiadisce. Gracile della persona ma d'animo solidissimo; incline alla vita meditatila eppure trascinato in una delle più clamorose controversie del Seicento ed esposto al pugnale dei sicari; oscillante tra civile fervore e religioso fatalismo, Paolo Sarpi conserva intatto il suo fascino, sollecita sovrapposizioni e confronti. Ci colpisce, in lui, l'attenzione strenua, e vorremmo dire < religiosa >, alla realtà effettuale; a cominciare dagli studi scientifici e matematici che lo mettono in rapporto con Galileo, realizzando uno dei momenti più alti ed emblematici del secolo. Così, la polemica e la lotta giurisdizionalista che lo oppongono, come esperto della repubblica di Venezia, al pontefice e alla curia si animano senza dubbio di due miti esemplari: la purezza, ormai irriconoscibile, della Chiesa primitiva e la maestà, non ancora compromessa, della Serenissima e del suo « buon governo >. Ma l'avversione del Sarpi è radicata soprattutto nella consapevolezza che il papa e i gesuiti sono i naturali alleati della Spagna che preme ai confini della repubblica, e non valgono pretesti di natura spirituale a modificare questa verità. Di qui la teorizzazione di uno Stato così sovrano che potrà essere identificato col potere assoluto del principe, così laico da travalicare per eccesso, come ben vide lo Chabod, in un nuovo confessionalismo: quello che pretende di, sottomettere in tutto la Chiesa. E si badi ancora al Sarpi che intrattiene corrispondenza coi protestanti d'Europa, pronto però a metterli in guardia dalle impuntature dogmatiche o settarie: « /'/ moltiplicar articoli di fede e specificar, come soggietto di quella, cose non specificate, è dar nelli abusi passati. Perché non contentarsi di lasciar in ambiguo quello che vi è stato sino al presente? ». Dov e forse ravvisabile, insieme con la simpatia per la Riforma, una preoccupazione ecumenica, una speranza di lontana riunificazione. E* materia da meditare ancor oggi, per le persistenti contaminazioni politico-religiose, e soprattutto mentre dura il dibattito post-conciliare ed i vescovi rivendicano, come voleva 11 Sarpi, maggiore autonomia; ma basterebbe la forza dello stile a raccomandare la ripresa di certe pagine. Ecco il primo volume degli Scritti scelti sarpiani a cura di Giovanni Da Pozzo (autore di una densa introduzione) dove compare,, insieme con pensieri, lettere e « consulti >, l'intera Istoria dell'interdetto. E' il pezzo forte del libro. Si comincia col ritratto fortemente rilevato e grottesco di Paolo V Borghese, succubo di astrologi e indovini, così compreso della propria autorità da non sopportare le giustificazioni dell'ambasciatore veneto: « Asscoltò il pontefice con impudenza, storgendosi e mostrando con li gesti del volto e del corpo il disgusto che interiormente sentiva ». E' un brano di straordinaria evidenza pittorica che può stemperarsi in divertita malizia nell'episodio del nunzio: « nel pronunciare la parola " nostro Signore ", se voleva intendere il papa, si levava la beretta di capo, ma quando voleva intender Dio, teneva il capo coperto »; e arricchirsi di umori vernacoli nella cacciata dei gesuiti da Venezia: « quando il preposito, che ultimo entrò in barca, dimandò la benedizione al vicario patriarcale... si levò una voce in tutto il populo, che in lingua veneziana gridò dicendo: Ande in malora ». Sono rare concessioni alla passione e all'estro: per lo più, basta la collocazione d'una parola, una ripetizione, lo stac¬ co d'una avversativa, a sottolineare il racconto asciutto e fermo del negoziato, durato un anno (1606-1607) perché il papa levasse le sanzioni a Venezia, con l'intervento di mediatori interessati come Francia, Spagna e Impero, mentre stavano all'erta i paesi riformati e il Gran Turco. Minute questioni di puntiglio e prestigio, rivalità e ipocrisie, rettifiche e scarti, danno vita a un assurdo balletto diplomatico, ad una sinuosità che dalle cose ripiega in qualche modo sullo stile. Il Sarpi osserva e scrive, lucidissimo e affascinato dal gran teatro dei potenti. Poi, il compromesso scioglie ogni tensione, allontana dal Milanese, dissanguato per leve e gabel¬ le, i rumori di guerra. Sembra di avvertire, lontani, i tumulti per il pane, il passaggio dei lanzi, le squille abominevoli dei monatti manzoniani. Lorenzo Mondo PAOLO SARPI: Scritti scelti • Ed. Utet; pag. 708, lire 6800.

Persone citate: Borghese, Chabod, Giovanni Da Pozzo, Lorenzo Mondo Paolo, Milanese, Paolo Sarpi

Luoghi citati: Europa, Francia, Spagna, Venezia