Rivive a Casale la bella sinagoga di Marziano Bernardi

Rivive a Casale la bella sinagoga Un grande monumento piemontese Rivive a Casale la bella sinagoga Il tempio, costruito alla fine del Cinquecento dall'importante comunità israelitica, era in abbandono - E' stato restituito all'antico splendore: oggi l'apertura (Nostro servizio particolare) Casale, 12 aprile. Già nel 1794 il canonico Giuseppe De Conti, scrìvendo il suo importante Ritratto della città di Casale — un'opera di cui esistono tre copie manoscritte, una delle quali }u pubblicata tre anni fa da Gabriele Serrafero per iniziativa del Rotary casalese —, annotava: « Anche la Sinagoga degli ebrei di questa città viene riputata degna d'occhio per la sua capacità e struttura, e per le tappezzerie e ricchi addobbi che possiede. L'armadio in cui si tiene rinchiusa la scrittura, eseguito in ordine composito e con disegno di buon architetto, è degno di considerazione. La popolazione del ghetto è di 3 mila anime. Fu università e dipendono da essa tutti gli altri ghetti del basso ed alto Monferrato, oltre a quello di Alessandria, ultimamente solo smembrato da quello di Casale». Era dunque, quella raccolta intorno alla sinagoga, una comunità (allora si diceva «università») israelitica numerosissima, considerando la popolazione casalese sul finir del Settecento inferiore ai 20.000 abitanti; sì che la cifra fatta dal De Conti pare esagerata, anche tenendo presente che mezzo secolo dopo — come asserì Giuseppe Levi in un suo studio del 1914 — gli ebrei a Casale erano circa 800. Donde venivano? Cent'anni fa Leone Ottolenghi scriveva che qui, come in altre città d'Italia, « se ne trovavano già alcuni fin dal tempo di Pompeo», ma che la piti forte immigrazione derivò dalla cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492. Sta comunque il fatto che nel 1570 Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova e del Monferrato, concedeva agli israeliti dì Casale il diritto « di esercitare liberamente il loro commercio, dì tenere la Sinagoga, celebrare gli uffizi divini, conservare i riti e le cerimonie, e di dare a frutto denari per comodo dei cristiani, massime dei sudditi del Monferrato ». Come e dove fosse il tempio, cui allude la concessione del duca non sappiamo. Certo è — afferma il citalo Giuseppe Levi — che «nel 1595 sì costruì il magnifico tempio che è uno dei più bei monumenti artistici della città »; cioè, si rileva dall'opuscolo dell'Ottolenghì, nella «casa del Trincotto situata nel cantone Montarone con li suoi duoi cortili»: ed è l'attuale sede in vicolo Salomone Olper ricordata dal De Conti. Sulla data della costruzione, perciò, nessun dubbio; tanto più, che la si legge in caratteri ebraici anche nell'interno della sinagoga: «Ricordi questa lapide che nell'anno 5355-1595 fu edificato questo oratorio ad onore del Dio d'Israele ». Altre iscrizioni rammentano i successivi arricchimenti del tempio, nel 1720 fu « ornato di una nuova tribuna per le signo re »; nel 1765 « fu edificata la tribuna, opera di valente artefice »; nel 1787 « l'Arca Santa splendidamente ornata di legno prezioso e di capitèlli di oro purissimo, fu costruita »; nel 1823 « il pavimento di marmo fu posto nel tem pio e nel porticato »; nel 1853 «il portico dell'atrio a nord del Tempio fu aggiunto». All'esterno del modesto edificio nulla lascerebbe supporre l'esistenza nell'interno della vasta e splendida aula arieggiante per le dimensioni e proporzioni architettoniche la mirabile sei-settecentesca Cappella dei Mercanti torinese, e che Noemi Gabrielli nel suo fondamentale libro del 1935, L'arte a Casale Monferrato così descriveva: « Ha conservato la fisionomia set. tecentesca il bellissimo interno del tempio israelitico con le grate dei matronei di legno elegantemente intagliato e traforato, tinteggiato di verde e d'oro, con eleganti decorazioni ad affresco nella volta, e ornati di stucco alle pareti». Un tempio la cui vicenda è strettamente legata a quelle, non sempre pacifiche e felici, della comunità ebraica di Casale: abbastanza tollerata dai Gonzaga che non la costrinsero in un ghetto come a Mantova, salvo l'obbligo per ogni ebreo di portare sul vestito un distintivo; alquanto vessata, a partire dal principio del Sette cento, dai Savoia che le im posero la segregazione; emancipata dalla Rivoluzione francese e da Napoleone; nuova mente umiliata dalla Restaurazione; finalmente equiparata nei diritti civili e nelle nuove libertà il 29 marzo 1848 da Carlo Alberto, soprattutto in seguito alle pressio ni di Roberto e Massimo d'Azeglio. Si volle allora amplia re, modificare, arricchire la sinagoga su progetto dell'architetto Archinti, opera terminata nel 1866. La decadenza del tempio è probabilmente connessa con la forte diminuzione numerica della comunità ebraica acusrrsnasiuiimerrmsemdtGtgBdngcdgpsristgcindrlrdiribdQclrv a Casale (nel 1914 scesa a circa 300 unità); in questi ultimi decenni l'abbandono s'era fatto desolante, l'incuria deplorevole; un completo restauro s'imponeva che restituisse la preziosa testimonianza religiosa ed artistica allo squisito gusto settecentesco cui prevalentemente essa s'era uniformata; ed era inoltre urgente raccogliere in un museo annesso alla sinagoga — cioè nei matronei intorno al vano centrale — i preziosi oggetti del culto d'Israele posseduti dalla comunità, prima di un irreparabile disperdimento. Ciò è stato fatto in dieci mesi di entusiastico ma oculato lavoro da un gruppo di volenterosi con la collaborazione della Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte rappresentata dall'arch. Lambrocco e coi provvidi consigli dì Noemi Gabrielli: lavoro incitato dal presidente della comunità israelitica di Casale, dott. Giorgio Ottolenghi, ed attuato dal restauratore Pietro Vignoli coi suoi collaboratori Bourbon, ispettore onorario dei Monumenti, e Carmi. La ripristinata magnifica sinagoga ed il suo museo s'inaugurano domattina alle 10,15 con l'intervento o l'adesione delle massime autorità religiose ebraiche italiane. E' il primo esempio dì perfetta restituzione all'aspetto originario delle tante già ricchissime sinagoghe piemontesi decadute a condizioni miserrime. La grazia, la sobria eleganza del complesso decorativo colpirà i presenti come un'espressione artistica d'alto livello. I dotti in lingua ebraica leggeranno le molte epigrafi lungo le pareti, compresa quella che rammenta l ' estensione dei diritti civili e politici agli israeliti subalpini; ed incuriosirà la rappresentazione in bassorilievo cinquecentesco del tempio di Gerusalemme. Quanto al museo, basti dire che per ì suoi argenti in filigrana, le sue stupende stoffe, le pergamene gonzaghesche relative agli obblighi e ai privilegi della «università» di Casale, esso è ora il terzo con quelli di Roma e di Venezia, non meno importante, dei musei ebraici italiani. Marziano Bernardi