I belgi celebrano Breugel con grandi feste contadine di Sandro Doglio

I belgi celebrano Breugel con grandi feste contadine I belgi celebrano Breugel con grandi feste contadine (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 11 aprile. Cade quest'anno il quattrocentesimo anniversario della morte di Pieter Bruegel. Bruxelles dove è morto, Anversa dove è vissuto, e tre o quattro piccoli centri olandesi che si contendono l'onore di avergli dato i natali, preparano grandi celebrazioni. Esposizioni, conferenze, persino un film sulla vita del pittore, ma soprattutto « feste brugheliane ». Ispirate a opere dell'artista fiammingo, le feste che portano il suo nome sono favolosi e giganteschi banchetti a cielo aperto. Si mangia riso alla vaniglia e si mangiano salsicce. Si beve birra scura. Orchestre popolari con tanti ottoni — bierkapellen, le chiamano — suonano giorno e notte, e la gente va da un tavolo all'altro, ballando, cantando, abbracciandosi, pretendendo birra e ancora birra nel bicchiere che ognuno ha ricevuto arrivando e che tiene legato con una catenella al collo, per non perderlo. Molti concludono il festino rotolando in un fossato, nel dolce sonno degli ubriachi; o si rifugiano a coppie in qualche angolo discreto. Feste brugheliane si svolgono ogni anno, e più volte per stagione, nei villaggi e nei paesi di Fiandra, ma quest'anno saranno più gioiose e folli, centenario di Bruegel aiutando. I belgi si preparano, e per quelle in program¬ Nel quarto centenario della morte, saranno più popolati e fastosi i tradizionali banchetti a cielo aperto, che ancor oggi sembrano ispirati ai quadri del grande pittore ma a settembre a Wingenelez-Bruges — le più famose — già si annunciano carovane e treni speciali. Pieter Bruegel ha avuto, come artista, un curioso destino: deve la sua fama soprattutto al fatto di essere stato il pittore dei folli, dei paesaggi contadini, delle grandi feste carnascialesche che si svolgevano, allora più di oggi, in questa sua terra. E si è un po' trascurata l'estrema nobiltà delle sue intenzioni, il significato delle sue opere. Bruegel è stato, infatti, pittore « sociale »; dietro ai suoi personaggi — figure autentiche della vita popolare del sedicesimo secolo — si può indovinare una « contestazione ». « Sente, vede vivere gli uomini: non quelli che comandano e decidono l'avvenire delle nazioni, ma quelli che penano, soffrono e si divertono a livello della terra, anonimi, senza fortuna, sema gloria», scrive Robert L. Delevoy. Ma c'è di più: i suoi quadri pare nascondano sempre una critica allo spagnolo che opprimeva le Fiandre. E nel celebre « Dulie Griet » più che una semplice trasposizione della Schwarzer Gret della leggenda nibelunga, si deve vedere quasi una anticipazione di Guernica: « Se non lo volete, lo dovete», gridano gli oppressi. Figlio di contadini, nato in un paesino dell'Olanda meridionale intorno al 1525, Bruegel ha studiato in Francia e in Italia. Fu chiamato con altri 234 artisti a decorare Anversa per l'ingresso solenne di Carlo V. Nel 1553 è In Italia, dove lo conoscono' come Pietro Brugole. E il Meridione gli ispira splendide tele: Fondi, il golfo di Napoli, il panorama di Reggio, un combattimento navale nello stretto di Messina sono i temi dei suoi quadri. Tornato nei Paesi Bassi incontra Franckert Hans, mecenate e poeta abbastanza conosciuto: diventano amici, soprattutto compagni di divertimenti. Bruegel e Hans sono due mattacchioni: vanno ai banchetti di nozze e, approfittando della folla, si spacciano per lontani parenti degli sposi. Sbafano il pasto e, ancor più, grandi bevute di birra. Il pittore viveva a quel tempo maritalmente ad Anversa con una servotta; pei evitare il pericolo delle nozze, dato che la donna era piuttosto bugiarda, aveva fatto un patto: ogni menzogna sarebbe stata segnata con una tacca su un lungo pezzo di legno. Se entro l'anno l'asse fosse stato tutto coperto da intagli, il matrimonio non sarebbe avvenuto: non sposò, naturalmente, la servotta. Ma Bruegel non si perdeva nella vita allegra. Nel settembre 1566 scoppia la ribellio- ne politico-religiosa, e Filip-po II chiama dalla Lombar- dia i suoi reggimenti spagnoli per reprimere il movimento, E il pittore sceglie il tema della Conversione di San Pao- 10 per dipingere le peripezie dei lanzichenecchi sulle Alpi, sottolineando soddisfatto le difficoltà che incontrano. Il «Massacro degli innocenti», dipinto l'anno seguente, è in realtà l'immagine della rivolta che il famigerato duca d'Alba tenta di stroncare. Le migliaia di uomini, donne e bambini assassinati gli ispirano anche 11 « Trionfo della morte ». « In tutte le sue opere c'è più intelligenza che pittura» scriveva già, lui vivente, Ortelius. La « Salita al Calvario » più che il martirio di Cristo è una delle tante esecuzioni capitali eseguite dagli spagnoli in Fiandra. E il « Combattimento tra Carnevale e Quaresima » rappresenta la lotta tra cattolici e luterani: questi rappresentati dal grasso principe Carnevale che cavalca una botte, quelli raffigurati nella Quaresima, una vecchia orribile, che avanza su una carretta spinta da un monaco e da una suora. « Ha rotto il silenzio dei gotici introducendo gli scoppi di risa del popolo nella pittura dei tempi moderni », è stato scritto di Pieter Bruegel. Apollinaire vide nei suoi quadri « fuochi nuovi, colori mai visti ». E' il pitta¬ 1 re delle feste e della vita di tutti i giorni, ma è stato an che il pittore della resisten za della Fiandra contro gli spagnoli. Sandro Doglio