La musica italiana d'avanguardia si afferma al Festival di Royan di Massimo Mila

La musica italiana d'avanguardia si afferma al Festival di Royan La sesta edizione della rassegna nella città francese La musica italiana d'avanguardia si afferma al Festival di Royan Il maggiore successo è stato ottenuto dal concerto di Bruno Maderna, che ha diretto la sua novità assoluta « Quadrivium » e la recente « Sinfonia » di Berio - Fra i musicisti stranieri ha suscitato particolare interesse il vietnamita Nguyen-Thien-Dao, con l'opera «Linea del fuoco» ispirata alla tragedia del suo paese (Dal nostro inviato speciale) Royan, 7 aprile. Giunto alla sesta edizione, questo Festival d'arte contemporanea è riuscito a farsi un pubblico d'autentici conoscitori e appassionati della musica d'avanguardia. Appunto perciò essi ne hanno una concezione ben definita, che può correre il rischio di restar chiusa à formulazioni non meno valide, ma sorte da altre premesse storiche e circostanze ambientali. Era quindi di singolare interesse il contatto di tale pubblico con la nuova musica italiana, proposta quest'anho al Festival come uno dei temi conduttori. E' probabile che neanche questa volta sia apparsa chiara ai francesi l'importanza di Dallapiccola e Petrassi come capiscuola della musica contemporanea. Del primo si eseguivano Parole di San Paolo e Preghiere, assai favorevolmente accolte, del secondo Estri (con la coreografia di Aurei Millos) e Soufflé, per flauto solo, in prima esecuzione assoluta nell'acclamatissimo concerto di Gazzelloni. E' un pezzo di classica sobrietà, che non cerca di rimediare con artifici alla monodicità assoluta dello strumento; al contrario, ne celebra una concezione francese e impressionistica, prolungando quella seconda vita che Debussy aveva dato allo strumento settecentesco. E' un pezzo di grande finezza e di lineare dialettica degli intervalli, ma naturalmente non può dare alcuna idea di quella complessa polifonia atematica che Petrassi spiega negli ultimi Concerti per orchestra e nei lavori cameristici. Qualche risatina di scherno all'inizio dei Tre frammenti all'Italia di Sylvano Bussotti. Poi un ascolto sempre più intenso, e alla fine un'ovazione convinta, con bis dell'ultimo madrigale. Molto merito va all'esecuzione del Sestetto Marenzio, ma il pubblico deve anche aver percepito'la salda sostanza dell'invenzione e della scrittura vocale. . La battaglia definitiva la musica italiana l'ha vinta con l'ultimo concerto, diretto da Bruno Maderna alla testa dell'orchestra à&WO.r.t.f. (la Radio francese, che concorre con la città di Royan all'organizzazione del Festival). La recente Sinfonia di Luciano Berio ha rinnovato il successo trionfale già ottenuto a New York e a Roma, e la novità assoluta di Maderna, Quadrivium, ha tutte le qualità di poesia timbrica, di sensuale concretezza. sonora e d'innato senso della forma e delle proporzioni, che fanno di Maderna uno dei più grandi musicisti del nostro tempo: un compositore che s'imporrebbe in maniera irresistibile, se solo avesse tempo per comporre, senza-essere continuamente frastornato dal mestiere di direttore d'orchestra. Della Sinfonia di Berio si volle il bis del terzo tempo, geniale parafrasi dello Scherzo d'una Sinfonia di Mahler. Lo Scherzo sopravvive indidistruttibile a tutti gli attentati che gli portano le citazioni d'altre musiche, la recitazione e gli strilletti degli Swingle Singers, le stelle filanti orchestrali da cui viene avvolto in una tragica atmosfera d'ultimo carnevale del móndo. C'è un gruppo di musiche, tra la fine dell'Ottocento e il principio del nostro secolo, che prolungano il senso della «Gòtterdàmmerung», intesa co:ne liquidazione di un mondo e d'una civiltà (e c'è sotto il timore che possa trattarsi magari di liquidazione del mondo e della civiltà). Sono, citando alla rinfusa, l'ultimo tempo del Concerto per pianoforte di Busoni, i Tre pezzi per orchestra di Alban Berg e, manco a dirlo, tutto Mahler. A questi poemi della « Gotterdàmme• rung » Berio ha ora aggiunto un monumento con la Sinfo' via che resta per ora in so- ! speso, essendo il quarto tempo piuttosto un intermezzo verso un Finale che il compositore si propone di scrivere. Meno persuasiva è apparsa invece la novità assoluta di Berio (del quale vennero eseguiti in altri concerti molti lavori già noti). S'intitola Cela veut dire gue, e consiste in un campionario di canzoni popolari egregiamente cantate da Cathy Berberian, da Sandra Mantovani e- da Christiane Legrand insieme agli Swingle Singers, e accomodate in salsa elettronica. Verso la fine questo mezzo prende il sopravvento e cerca d'indurre un clima di religioso raccoglimento principalmente attraverso i mezzi dell'insistenza ossessionante e della monotonia. Composizioni note di Nono, di Castiglioni, di Donatoni, di Panni, ed un interessante saggio orchestrale di Girola¬ mtodSlstasamlmqnpnèmgCnettsClscDtbsciBgniipnnnnn ! mo Arrigo, Shadows, completavano il panorama italiano, oltre a un concerto di produzioni elettroniche dello Studio di Fonologia di.Milano. Tra i compositori francesi, o residenti in Francia, oltre a Messiaen, onnipresente attraverso il concorso pianistico a lui intitolato, è stato ancora Yannis Xenakis a dominare. (La musica di Boulez sarebbe stata assente, come troppo spesso accade in questo Festival, se Gazzelloni non avesse incluso nel proprio programma la splendida Sonatina giovanile). Di Xenakis ha avuto successo, ed è stato bissato, Nomos Gamma, una composizione per grande orchestra, diretta da Charles Bruck, che ripropone con minor successo gli effetti stereofonici di Terretektor: pubblico disseminato tra gli esecutori, e gran frastuono di timpani e tamburi. Ci sarà chi vorrà sentirvi l'eco di tragici cataclismi bellici; ma potrebbero anche essere innocui fuochi d'artificio per la festa del 14 luglio. Da un momento all'altro potevano scapparci fuori le due battute sospese della Marseìllaise... Ben altra consistenza musicale e coerente continuità di discorso è parso d'avvertire in Nomos Alpha, per violoncello solo, su cui Maurice Béjart ha ideato una coreografia meravigliosamente eseguita da Paolo Bortoluzzi. Ma, mentre Xenakis viene generalmente accreditato d'una ispirazione tragica, Béjart ha risolto la sua interpretazione in chiave comica e grottesca, pur restando scrupolosamente fedele alla lettera del testò musicale. Il compositore, che non aveva avuto previa conoscenza della coreografia, è stato bravamente al gioco e non ha mosso ciglio. Ma Pénassou, il bravissimo violoncellista del Quartetto Parrenin, non ha mancato d'esprimere il suo stupore in uno dei colloqui col pùbblico che sono una specialità, e una forza di questo Festival. -.Tra i ricordf-positivi:'delie numerose altre composizioni restano lo splendido Quartetto del polacco Lutoslawski, un disinvolto e sangui: gno quadretto americano di Charles Ives, On the pavément, un promettente Chant des Limbes del giovane Alain Louvier, e l'ingegnoso Archipel II di Boucourechliev (il titolo si riferisce alla scrittura quartettistica, fatta di isole grafiche sulla carta, tra le quali gli esecutori scelgono il loro itinerario). Troppo chiasso si è fatto per la Session 4 dell'americano William Bolcom, scanzonato saggio di musica pop, che sfrutta in modo caricaturale i timbri romantici del clarinetto e del violoncello in melodie di sapore ottocentesco, a livello d'innocente divertimento goliardico. Spiegabile, invece, lo scalpore destato da Tuyen-Lua (Linea del fuoco) di NguyenThien-Dao. Questo giovane vietnamita, allievo di Messiaen, era alla sua prima esecuzione pubblica ed ha scritto questo lavoro per flauto, quartetto d'archi, pianoforte e percussione, su ordinazione del Festiva], che* gliene aveva anche prescritto l'organico, per necessità tecnico-organizzative. Ci si è buttato come su un'occasione unica, non solo per affermarsi personalmente, ma soprattutto per richiamare l'attenzione sopra il tragico destino della sua patria. Ne manca da molti anni, si dice estraneo alle ideologie che la dilaniano, ma ne soffre crudelmente il martirio: ha fatto togliere la bandiera di Saigon che sventolava, sola, fra quelle d'ogni paese all'ingresso del Casinò. Crede nella melodia, nel cuore, nella musica che serva la causa degli oppressi, della giustizia, della felicità umana. Si è buttato sugli espedienti ritmici e percussivi della musica d'avanguardia con lo stesso slancio quarantottesco con cui Giuseppe Verdi si buttava sugli ottoni, sugli acuti dei tenori e sull'accordo di settima di dominante. Con Tuyen-Lua (dov'è inserita la registrazione di una commovente canzone vietnamita) ha scritto la sua Battaglia di Legnano. Gli auguriamo con tutto il cuore d'arrivare a scrivere la sua Traviata, il suo Falstaff. Troppe altre cose resterebbero a ricordare di questo nutritissimo Festival, specialmente gli spettacoli di danza: dell'indiana Yamini Krishnamurti, del « Ballet du XX Siècle», un po' deludente nelle dimensioni cameristiche d'un programma per solisti, dell'Accademia Filarmonica di Roma, che insieme a Estri presentava l'Histoire du Soldat di Strawinsky, con le scene un po' troppo raffinate di Manzù, la buona coreografìa di Jean Babilée, la regìa di Sandro Sequi e l'efficiente esecuzione musicale del complesso Juilliard, ben diretto, da Marcello Panni. Ma occorre mettere l'accento sulla riuscita della manifestazione, sulla crescente presenza di un pubblico esperto, appassionato, eppure non fatto esclusivamente di « addetti ai lavori ». Ci sono studenti d'ogni scuola, ci sono impiegati, professori di scuole medie, professionisti, magari commercianti, industriali e capelloni, che non disdegnano di dedicare al Festival una settimana delle loro vacanze. Ogni mattina alle undici prendono parte ai dibattiti abilmente presieduti da Claude Samuel, consigliere artistico del Festival. Gli autori, gli esecutori e i criti¬ ci, tutti vengono chiamati in causa con la massima libertà, un pianista può essere magari chiamato a render conto della sua interpretazione troppo romantica dei Tre Pezzi di Schònberg, ai compositori si chiedono spiegazioni tutt'altro che futili. Il risultato di/tutto questo è che, mentre nella prima edizione del Festival il concerto del Quartetto Parrenin aveva fatto registrare 46 presenze, non tutte paganti, quest'anno al concerto del medesimo Quartetto circa 200 persone stavano sedute per terra, o sdraiate in posizioni balneari, essendo esaurite le sedie della pur capace sala. Il Festival si trova ormai di fronte al problema urgente di procurare locali più ampi e acusticamente qualificati. Una composizione come Etwas ruhiger im Ausdruck di Donatoni è stata gettata allo sbaraglio nella rotonda del Casinò, adatta alle oleografie popolari di Ives e alle rumorose perorazioni di Xenakis, non a microstrutture d'impalpabile finezza. Noi italiani si pensava all'atmosfera impettita che aduggia il Festival della Biennale, ai vuoti desolanti nella bella sala della Fenice, e ci veniva fatto d'invidiare i grattacapi di questo Festival, costretto a far fronte a un'impetuosa crisi di crescenza. Massimo Mila

Luoghi citati: Estri, Francia, Italia, Legnano, Milano, New York, Roma, Saigon, San Paolo