Il Lago Maggiore è malato ?

Il Lago Maggiore è malato ? Bisogna salvare una stupenda zona turistica Il Lago Maggiore è malato ? Fognature e scarichi industriali avvelenano lentamente, ma in maniera inesorabile, il grande bacino d'acqua - La «vita» scompare, i pesci diventano immangiabili (e a lungo andare moriranno) CDal nostro inviato speciale) i Verbania, aprile, n Lago Maggiore, come ogni altro lago, è un organismo vivo, ma e malato. Non è l'unico a godere cattiva salute, ce ne sono altri che stanno peggio: il Lago d'Orta, ad esempio, che qualcuno definisce « lago morto », come pure i laghi di Varese e di Lugano. E' una malattia lenta, di una lentezza che è proporzionata alle sue vaste dimensioni. Guardiamo la carta d'identità di questo lago, il secondo d'Italia dopo quello di Garda: 212 chilometri quadrati di superficie, di cui 42 in territorio svizzero, profondità massima di 370 metri, volume di acqua pari a 37 chilometri cubi: il bacino imbrifero che lo alimenta è enorme, 6600 chilometri quadrati, metà in Italia e metà in Svizzera. L'immissario principale è il Ticino che poi diventa emissario a sud, presso Sesto Calende, e va ad alimentare la falda freatica dalla quale attingono gli acquedotti di molte città. Nella sola provincia di Novara (sul lago si affacciano la Svizzera, come si è visto, e la provincia di Varese) i comuni interessati al Lago Maggiore, direttamente o attraverso affluenti, sono 76 e le loro fognature che portano liquame nelle acque del grande bacino sono una cinquantina. Ecco qui la causa della malattia del Lago Maggiore: fognature e scarichi industriali; l'incidenza della colpa è forse maggiore per le prime che per i secondi; e il dilavamento dei campi fatto dalla pioggia porta giù fertilizzanti e biocidi (anticrittogamici e antiparassitari). H lago diventa come un capolinea idraulico che tutto accoglie. Si calcola che la vita dei 600 mila abitanti che vivono nel bacino imbrifere del Lago Maggiore produca ogni anno 2400 tonnellate di azoto sotto forma di composti di azoto e 600 tonnellate di fosforo che finiscono in buona parte nel lago. L'Istituto Italiano di Idrobiologia, che ha sede a Pallanza e che da 30 anni, con una équipe di 35 ricercatori, studia le acque dei laghi con particolare riguardo per quelle del Lago Maggiore, ha accertato che negli ultimi dieci anni si è avuto in questo grande bacino un aumento di sali azotati pari a 800 tonnellate all'anno, un valore molto elevato. «Gli scarichi delle fogne — spiega il dott. Marco Gerletti, biologo dell'Istituto di Idrobiologia — costituiscono una concimazione per le forme vegetali che vivono sospese nel lago, il fitoplancton; e aumentando i vegetali aumentano di numero anche i piccoli organismi animali che si nutrono di questi vegetali. Quando essi muoiono formano una sostanza organica che si decompone consumando ossigeno che sottrae all'acqua. Evidentemente l'ossigeno a disposizione è limitato e quando viene esaurito si incomincia ad avere la morte dei pesci e si determinano processi di fermentazione che provocano sviluppo di idrogeno solforato, metano, ammoniaca; l'acqua diventa una massa di un liquido non più utilizzabile, si colora di verde e di bruno per l'aumentata quantità delle alghe che, oltre tutto, emanano odore sgradevole ». Pino a quando è tollerabile questo aumento di « ingrasso » del lago senza che si arrivi alla frattura dell'equilibrio, cioè alla «morte » dell'acqua per mancanza di ossigeno? «E' questione di alcuni decenni — spiega la prof. Livia Tonolli, direttrice dell'Istituto di Idrobio logia —. Il calcolo non è facile perché, nonostante gli studi e i controlli assidui, è difficile conoscere l'esatto metabolismo del lago, in quanto influiscono su di esso anche i fattori climatici. Se le acque potessero rimescolarsi completamente, si ricaricherebbero di ossigeno al contatto con l'atmosfera. Ma trascorrono anche diversi anni senza che le acque da una certa profondità vengano in superficie; si rimescolano quando viene un freddo molto intenso e al¬ lora riportano m alto tutte le sostanze organiche sedimentate sul fondo. A questo punto si ha una situazione quasi drammatica perché si viene ad avere un rifornimento improvviso di concimazione a quel " campiello " di plancton che era già stato ingrassato dall'esterno. Ne consegue che in primavera, non appena l'acqua incomincia a scaldarsi, si hanno delle fioriture atgali enormi che, nel momento in cui muoiono, con la loro decomposizione ricominciano il ciclo del consumo dell'ossigeno ». I sintomi della malattia del Lago Maggiore non sono attualmente molto evidenti, ma tuttavia sono chiari per gli studiosi che seguono passo per passo l'andamento della salute del grande bacino; e sono tali da poter affermare che è in atto un peggioramento graduale. «Questo peggioramento, ad esempio, è dimostrato dall'aumento di alcune specie ittiche — dice il prof. Ettore Grimaldi, ittiologo dell'Istituto di Idrobiologia —. Può sembrare un controsenso, ma a mano a mano che si determina il deterioramento delle acque, a causa dell'immissione del liquame delle fognature, i pesci si accrescono perché in questo ambiente prosperano (invece i pesci fuggono dai punti in cui si ha un vero e proprio inquinamento dovuto agli scarichi industriali di sostanze velenose) ». II giorno in cui l'equilibrio della vita del lago si romperà per il totale consumo del¬ l'ossigeno, tutti i pesci moriranno. Per ora aumentano di numero, ma peggiorano di qualità. Si è accennato, all'inizio, al Lago d'Orta come a un lago morto. Qui al processo distruttivo della vita hanno contribuito la forte immissione in epoca passata di rame attraverso gli scarichi di una fabbrica e la sua dimensione ridotta (18 chilometri quadrati di superficie). Osgi quella fabbrica riesce a trattenere il 98 per cento del rame, contenuto nell'affluente, ma vi scarica ammoniaca in una misura che si aggira sulle 7 tonnellate al giorno, secondo gli accertamenti dell'Istituto di Idrobiologia. Dice il dott. Giuliano Bonomi: «Negli ultimi sei anni la situazione è peggiorata molto: nel marzo '63 nella zona di Pettenasco, a 118 metri di profondità, avevamo 2,5 milligrammi di azoto ammoniacale per litro; oggi, ce ne sono 3,6 ». Cosa si deve fare per evi¬ tare che anche il Lago Maggiore faccia una fine anàloga? « Più che ad una cura — dice la prof. Tononi — bisogna pensare alla^r'évenzione: tenére at'iàB^it^làgo, cioè non -dargli più la concimazione degli scarichi. In altre parole depurare le fogne e le immissioni industriali». Vedremo in altra circostanza come ciò dovrebbe avvenire e, purtroppo, quanto sia difficile avere una regolamentazione su questa materia Remo Lugli i la pesca sul lago: un momento di distensione sulle acque che purtroppo vengono lentamente avvelenate

Persone citate: Ettore Grimaldi, Giuliano Bonomi, Livia Tonolli, Remo Lugli, Tononi