Un diritto al silenzio? di Carlo Casalegno

Un diritto al silenzio? LE VICENDE DEI GIOVANI SAVOIA Un diritto al silenzio? Fu impossibile conoscere la verità sul colpo di rivoltella che, due anni or sono, costrinse Maria Beatrice a curarsi in una clinica di Madrid; è difficile, oggi, sapere l'esatta storia dell'incidente per cui è ricoverata nell'ospedale di Ginevra. I portavoce delle piccole Corti di Lisbona e di Merlinge si chiudono nel silenzio o tentano inattendibili spiegazioni per minimizzare, per nascondere. Questa reticenza sarebbe giustificata se fosse soltanto un'invocazione al riserbo ed alla pietà, cui ha diritto ogni essere umano travolto in una penosa vicenda personale; è assurda e fuori del tempo quando si presenta come dovere di etichetta, privilegio del sangue, difesa della Corona. La caduta di Ginevra non è la tragedia di Mayerling, l'im¬ pero absburgico è finito da mezzo secolo. Maria Beatrice merita pietà. E' una giovane donna inquieta e malata, che sembra vivere un'esistenza futile tra svaghi mondani, scandali e brevi velleità d'impegni più seri, ma anche conoscere il dolore è la tragedia. Ha delle attenuanti nei suoi errori: non è facile essere una principessa in esilio, e portare un gran nome senza credere nei valori che esso, a ragione od a torto, rappresentava. Il rango, separato dalla coscienza di doveri e responsabilità, è un dono della sorte insieme piacevole e pesante: apre molte porte, ma invita all'abbandono incontrollato. Può turbare l'equilibrio di uno spirito fragile. Nessuna persona civile, pur di accesi sentimenti repubblicani, infierisce sulla sfortunata principessa; e sarebbe assurdo condannare un istituto attraverso gli smarrimenti di una persona, come i portavoce delle Loro Maestà sembrano credere. Tuttavia i giovani Savoia non possono chiedere all' opinione pubblica di essere protetti dal silenzio, quando sembrano impegnarsi quasi con gusto di sfida a diventare protagonisti della cronaca; né hanno il diritto di invocare il rispetto di .privilegi e di princìpi ch'essi stessi hanno rinnegato. Ogni giorno dimostrano di non credere più, per lucido giudizio o inconsciamente, nella restaurazione, nell'idea monarchica, e neppure nei mille anni di storia della Famiglia. Questo scetticismo può essere giudicato saggezza. Ma chi ha l'orgoglio di appar¬ tenere ad un'antica dinastia o spera nell'avvenire della Corona, si sente vincolato da doveri, magari anacronistici e mitici, anche nell'esilio. Guarda allo stile dei primi Borbone di Francia cacciati dalla repubblica, non di Soraya o di Faruk; e non si mischia ad un mondo in cui si confondono pretendenti senza illusioni, toreri, diplomatici di piccolo rango, modesti attori, armatori di fresco successo. Non si possono rifiutare solo a mezzo la mistica e gli', impegni del « sangue »; per ottenere il diritto ad una pietà silenziosa, e ad un'illimitata indipendenza, è necessario rinunciare ai fastigi del nome e sapere scomparire nella massa degli uomini senza tanta storia alle spalle. Carlo Casalegno

Persone citate: Faruk, Maria Beatrice, Savoia

Luoghi citati: Francia, Ginevra, Lisbona, Savoia