Guerra aperta ai non violenti? di A. Galante Garrone

Guerra aperta ai non violenti? Gli obiettori di coscienza Guerra aperta ai non violenti? In questi ultimi tempi è stato riproposto all'attenzione degli italiani il problema scottarle degli obiettori di coscienza: ma non, come si poteva sperare, per un serio tentativo di avviarlo finalmente a soluzione, ma piuttosto per il rincrudirsi dei processi, delle misure di polizia contro i dimostranti, delle veementi rampogne. Sembra quasi di tornare a qualche anno fa, quando i tribunali militari ostinatamente rifiutavano l'attenuante dei motivi di « particolare valore morale o sociale»; e un tracotante p. m., in una intervista,, bollava gli obiettori come « marionette » (ed è sempre un brutto segno quando i magistrati si lasciano andare a contumelie contro tutta una categoria di imputati); e un monsignore, presidente della associazione cappellani militari, parlava sprezzantemente dei «comodi scrupoli religiosi o umanitari che sono poi solamente quelli della viltà e del volgare egoismo ». Ma forse ancora più grave (almeno per chi, al di là delle questioni di principio, si proponga di valutare gli aspetti giuridici, istituzionali dei problemi sociali: e tale è il problema degli obiettori, per quanto numericamente esiguo) è il passo indietro che sembra essersi fatto sul piano governativo. Il rappresentante del Governo al Senato ha di recente rimesso in discussione, con argomenti piuttosto logori, punti che sembravano ormai fermi. Egli ha ancora una volta sollevato il quesito se l'istituto dell'obiezione di coscienza sia compatibile con l'art. 52 della Costituzione («La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge»): mentre è chiaro che un'eventuale disciplina legislativa'della particolare questione rientrerebbe per l'appunto nell'ambito dei limiti e dei modi. Ed è ancora più strano che lo stesso sottosegretario alla Difesa abbia tirato in ballo il principio costituzionale della parità di trattamento dei cittadini, quando è risaputo che oggi la dispensa dal servizio militare è concessa ai ministri del culto cattolico. Ed anzi, proprio il principio costituzionale di eguaglianza fa sentire quanto strida, nel nostro ordinamento positivo, questa eccezione. Né tale privilegio potrebbe giustificarsi con la particolare posizione storicamente e giuridicamente assunta dalla Chiesa in Italia, perché, come indica lo stesso nome, questo è un tipico problema di coscienza, di fronte al quale non possono contare le considerazioni statistiche o istituzionali, e tutto si riduce, appunto, a valutare in concreto la serietà dei motivi morali e religiosi, nel foro interno degli individui singoli: siano cattolici, o testimoni di Geova, o assertori della non-violenza, o altro. Del resto, su questa linea di aperta comprensione del problema si sono attestati anche uomini politici di parte cattolica (come l'on. Giordani e l'on. Gonella negli anni scorsi, e in questi giorni il sen. Marcora). E se padre Messineo e taluni cappellani militari hanno osteggiato tali progetti, non possiamo dimenticare le parole di un grande giurista d'ispirazione cattolica, Giuseppe Capograssi, o quelle del Concilio sulla necessità che le leggi provvedano al caso di coloro che, per motivi di coscienza, «ricusano l'uso delle armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana ». Valga, per tutti, il commento di mons. Pellegrino, arcivescovo di Torino: «E' urgente che la legge prenda atto di questa realtà ». E' singolare come, anche in questo caso, le formule enfatiche e retoriche ammantino una situazione che è di sostanziale arretratezza. Anche tra i paesi della Nato, la maggioranza o non conosce la coscrizione obbligatoria, o concede, in misura più o meno larga, la dispensa agli obiettori. Nella Francia gollista, dopo lo Statuto del 1963, è in eorso un forte movimento di opinione per giungere a vere e proprie « comunità di obiettori », destinate a impegnativi lavori di utilità pubblica. L'Italia, che ancora rifiuta di riconoscere l'obiezione di coscienza, è allineata con la Grecia (la Grecia dei colonnelli), la Turchia, la Spagna, il Portogallo. Non c'è da menarne gran vanto. (Un discorso a parte andrebbe fatto per i paesi comunisti che, all'infuori della Germania orientale, ignorano l'istituto; con lo specioso pretesto che colà... gli obiettori non esistono). Sarebbe ora di affrontare il problema, istituendo per legge un servizio civile alternativo (naturalmente gravoso, per durata e mansioni) nei casi fondati, da valutarsi ad opera di commissioni ad hoc, che dessero affidamento di serietà, di competenza, di mancanza di spirito di casta. Da noi, come si è detto, la dispensa è oggi concessa (ed è un privilegio ingiustificato) ai ministri del culto cattolico. La legge 8 novembre 1966 n. 1033, sulla dispensa concessa ai cittadini che prestino servizio di assistenza tecnica nei paesi in via di sviluppo, è solo un primo, timidissimo spiraglio aperto nel muro compatto della incomprensione! Soprattutto, la si finisca con le solite ingiurie rovesciate su questi pochi uomini che pagano così duramente la fedeltà ai dettami della propria coscienza. Si è perfino detto che gli obiettori rinnegano lo spirito combattivo della Resistenza. Ma è vero il contrario, perché anche l'obiezione è una forma di resistenza spontanea, sia pure non armata, di lotta per un mondo migliore.- Né si dica che la disobbedienza alle leggi è sempre un male in assoluto, un fatto di per sé biasimevole. A questi facili critici ha risposto, nel 1966, l'obiettore cattolico Fabrizio Fabbrmi: « Penso che disobbedire a una legge ingiusta non sia tradire lo Stato, ma aiutarlo a migliorarsi.,. Non è antidemocratico, se chi disobbedisce accetta su di sé le conseguenze penali che la legge ricollega al suo gesto. Io non voglio assolutamente essere considerato un asociale, io che desidero rendere le leggi sempre migliori». In fondo, questi pochi, solitari obiettori vogliono e prefigurano un mondo che metta al bando le armi e le guerre. Non è poi un sogno folle e perverso, in una situazione storica che ha, come sola alternativa, la distruzione atomica. A. Galante Garrone

Persone citate: Giuseppe Capograssi, Gonella, Marcora, Messineo

Luoghi citati: Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Torino, Turchia