L'arte che Hitler perseguitò di Sandro Volta

L'arte che Hitler perseguitò ■■■■ ■ Illlllll Illltlllll IlllllllllUllllllItllIIItllHIlIlllllUIIIMIMIMIItlllBlllllIIIIIIIIIIIUIIIMIIHIIlllItlllllt tlIIIIIIIIIIIllllMllllllltHlIlllIIIlIlHIlllll Illlllllllllllllllllllllllflllltllll Una grande mostra inaugurata ieri a Parigi L'arte che Hitler perseguitò Sorprendente modernità del « Bauhaus », il movimento fondato nel 1919 da Gropius (Dal nostro corrispondente) Parigi, 1 aprile. Subito dopo la capitolazione, quando le sigarette americane erano l'unica moneta di scambio fra i soldati delle forze d'occupazione e la cittadinanza, dalle macerie di Berlino riaffioravano le opere dell'età d'oro dell'arte tedesca, che la gente era riuscita a nascondere quando Hitler aveva ordinato la distruzione dell'« arte degenerata». Con una stecca di Carnei, si comprava una guache di Klee o di Kandinsky e, con quella stecca, i berlinesi mettevano in moto un meccanismo di mercato nero che, in pochi anni, fu all'origine del miracolo economico. Emerse dalle tenebre del III Reich, quelle opere facevano l'impressione di scoperte archeologiche, provenienti dalla preistoria: sembravano esemplari rarissimi di cui non esistessero più altre tracce. E, invece, centinaia di opere prodotte dal «Bauhaus », esposte nella retrospettiva inaugurata oggi al Museo d'Arte Moderna di Parigi, dimostrano che l'arte tedesca degli Anni Venti,, l'unica grande espressione artistica della Germania dopo il XV secolo, è sopravvissuta nella sua quasi interezza all'ottusità hitleriana. Mezzo secolo fa, nella primavera 1919, Walter Gropius, uno dei maggiori architetti contemporanei, fondò a Wei¬ mar lo Staatliches Bauhaus, ossia la Casa della Costruzione, e il 10 aprile 1933, poco dopo l'arrivo di Hitler al potere, duecento poliziotti ne investirono la sede, arrestarono i trentadue studenti che vi si trovavano e misero 1 sigilli su tutti 1 locali II Bauhaus aveva durato, dunque, quanto la Repubblica, quattordici anni, durante i quali aveva dovuto trasferirsi due volte, a mano a mano che la marea nazista sommergeva le amministrazioni municipali socialiste dei centri minori: da Weimar a Dassau, da Dassau a Berlino. Gropius aveva chiamato come insegnanti alcuni pittori, allora pressoché sconosciuti e oggi di fama mondiale, e la loro diversa origine aveva conferito all'istituzione un carattere cosmopolita: lo svizzero Paul Klee, il russo Wassily Kandinsky, l'americano Lyonel Feininger, l'ungherese Laszlo Moholy-Nagy. Ciò non vuol dire che il Bauhaus fosse un'accademia o una scuola artistica: era un luogo aperto ad ogni iniziativa creatrice. Se i maestri erano pittori, è perché Gropius considerava che, dal principio del secolo, la pittura domina le altre arti, ha creato un linguaggio nuovo, che fornirà ì. principi della nuova architettura, quando l'unità culturale regnerà sul genere umano. L'insegnamento dei pittori, in altre parole, non era rivolte' a formare degli allievi, ma a far conoscere « l'esistenza obbiettiva di forme e di colori » e le leggi che la governano; era rivolto, cioè, a fornire ai giovani gli strumenti che servissero non tanto a dipingere, quanto a qualsiasi tipo di lavoro creativo. Questo concetto Gropius lo aveva chiarito nel manifesto pubblicato all'apertura del Bauhaus: « Architetti, scultori, pittori, dobbiamo tutti ritornare al mestiere. Non c'è differenza di natura fra l'artista e l'artigiano. L'artista non è che un artigiano ispirato ». Il programma pedagogico del Bauhaus comprendeva, così, indagini tecnologiche, ricerche sulla materia, corsi di matematica, di psicologia, di igiene. Le sue aule somigliavano piuttosto a gabinetti scientifici e a laboratori di mestiere, dove gli allievi eseguivano i modelli ordinati dalle industrie, che li producevano poi in serie. Perché il concetto didattico del Bauhaus non implicava il rifiuto della macchina, ma la volontà che l'uomo non ne diventi schiavo. Secondo Gropius, le scuole d'arte decorativa, quando, nel secolo scorso, i prodotti fatti a macchina inondarono progressivamente il mondo, reagirono ritornando alle forme « belle » di altri tempi e si lasciarono cosi travolgere in una confusione anacronistica: il falso gotico e il falso rinascimento per opporsi alla macchina. Per lui, invece, il problema era un altro: si trattava di riconciliare l'arte con la produzione industriale, di mettere la macchina al servizio delle nuove forme create dall'uomo. Quando il Bauhaus venne chiuso dalla polizia nazista, molti professori e studenti vennero arrestati e alcuni finirono nel campi di sterminio, ma i Principali esponenti riuscirono a portare il suo insegnamento all'estero: Kandinsky venne a Parigi, Klee ritornò in Svizzera e Feininger in America. I più si trasferirono negli Stati Uniti, dove Gropius riprese l'insegnamento di architettura all'Università di Harvard, Moholy-Nagy fondò l'Institute of Design dell'Università di Chicago. Cacciato dall'Europa fascista degli Anni Trenta, il Bauhaus vi è ritornato alla fine della guerra, 22 anni dopo, non soltanto con l'arte astratta e l'op art, ma più ancora con l'architettura dei buildings, i mobili di Knoll, le posate d'acciaio dei Paesi scandinavi, la tipografia moderna, la fotografia di Klein, le lampade elettriche per gli uffici pubblici e tutti gli oggetti della nostra vita quotidiana. Vi è ritornato attraverso l'immenso sviluppo che il design ha avuto nelle Università americane. Sandro Volta