Gli attendenti di De Gaulle di Gianfranco Piazzesi

Gli attendenti di De Gaulle PROTAGONISTI E PROBLEMI DELLA FRANCIA D'OGGI Gli attendenti di De Gaulle René Capitant, ministro della Giustizia, si definisce un rivoluzionario - Sogna il ritorno del gollismo alle origini resistenziali e si batte per una radicale riforma delle industrie in senso corporativo - Da destra lo affronta Robert Poujade, il giovane e spregiudicato segretario del partito: scettico sulle ideologie, è sensibile soltanto alla «vocazione maggioritaria» del regime - Il generale tace, conservandosi disponibile per entrambe le ipotesi (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 1 aprile. Il personaggio più incisivo del governo francese non è certo il primo ministro Couve De Murville, e nemmeno il ministro degli Esteri Debré.! Couve è soltanto un diligente esecutore di ordini. I francesi lo trovano così privo di personalità da averlo soprannominato l'ectoplasma. Debré, invece, di personalità ne avrebbe anche troppa, ma per amore del Generale ha saputo comprimerla, fin Quasi ad annullarla. La sua adesione al regime è stata" particolarmente sofferta. Super nazionalista, Debré ha dovuto restituire l'indipendenza all'Algeria; di padre ebreo, è stato costretto ad annunciare l'embargo delle armi a Israele. I giornali hanno parlato della sua « rabbia di servire », e lo hanno definito il « dannato del .gollismo ». René Capitant, il ministro della Giustizia, è un uomo diverso. La sua lealtà a De Gaulle è fuori discussione, ma la sua fedeltà alle idee e ai principi è ancora maggiore. Quando Capitant accettò l'incarico, Le Monde scrisse: « Delle due runa: o quest'uomo è cambiato, o muta l'orientamento del governo». Non è trascorso neppure un anno, e ancora non si può dare un giudizio definitivo, ma il ministro della Giustizia fa tutti gli sforzi per dimostrare di essere se stesso. Capitant dice: « Sono un gollista di sinistra. Ero un rivoluzionario prima di conoscere il Generale, e lo sono rimasto». Per lui De Gaulle non è soltanto l'apostolo della grandeur, un eroe avvolto nel manto tricolore; come lo vede Debré.. Capitant preferisce scorgerlo come l'unico uomo capace di restaurare l'importanza, della Francia nel mondo attraversa una profonda rigenerazione delle strutture sociali. Combattente contro i nazisti, Capitant è convinto che il vero movimento gollista, quello nato dàlia Resistenza, non abbia ancora espresso del tutto la sua carica rivoluzionaria. Per lui De Gaulle. ha dovuto, attendere dieci anni perché i francesi capissero l'impotenza della repubblica. parlamentare e ha dovuto impiegarne altri dieci prima per liquidare la questione algerina, poi per sottrarre la. Francia alla tutela politica degli Stati Uniti. Ma oggi è il momento di ultimare la costruzione dell'edificio, di dare un volto nuovo al Paese. «-Io — usa dire Capitant — sono ancora più gollista di De Gaulle». Nelle sue speranze, il Generale sarà l'architetto, ma lui, Capitant, sarà il costruttore della Francia di domani. E' stato certamente Capitant a convincere De Gaulle che è arrivata l'ora della «partecipazione», cioè dell'esperienza politica che consentirà di creare in Francia «la sola società logica economicamente e socialmente valida». Dopo la «guerra» agli americani, cioè ai nemici esterni, è ora di attaccare il nemico interno, che Capitant ravvisa nella borghesia e nel patronat. «Io vorrei — dice — che in tutte le imprese 1 salariati formassero una collettività a cui darei una forma cooperativa, mentre i padroni dovrebbero . unirsi in un'altra cooperativa, col solo compito di fornire i capitali. Le due società, quella dei salariati e quella dei padroni, dovrebbero nominare una direzione unica, responsabile dinanzi agli uni e agli altri, e dividersi in parti uguali gli utili dell'azienda ». Il patronat è insorto ravvisando in un programma corporativo così radicale l'esperimento che finirebbe per compromettere del tutto l'avvenire della produzione industriale francese. Gran parte dei deputati gollisti, eletti con voti di destra, sono ben risoluti a impedire che certe idee vengano messe in pratica. Capitant, sottoposto a continue critiche, si è limitato a dire di non essere «sicuro che il Generale condivida tutte le sue opinioni». Però lo spera. E per ora De Gaulle ha respinto come «troppo timido» il primo progetto dì legge sulla riforma delle imprese. Contro Capitant si è scftjerdio un esercito, comandato da un giovane che sa quel ,cheyvuole & che intende arrivare lontano. Robert Poufade, segretario del partito gollista, ha appena quarantanni. E' soltanto un omonimo di quel demagogo che riuscì a sollevare i bottegai francesi contro la Quarta Repubblica; anzi la demagogia è l'unica arma di cui questo politico di tipo nuovo ha sempre rifiutato di servirsi. Poujade è un uomo di cultura e di gusto: è un normalista approdato al gollismo attraverso Malrqux. Ma è pure un intellettuale ambizioso, un provinciale che ha scelto la strada della polìtica per conquistare Parigi. I suoi apologeti gli attribuiscono la stessa lucida intelligenza di Julien Sorel, l'eroe di Stendhal; certo nessun giovane francese ha meglio individuato la scorciatoia per arrivare al potere. ?.. A 3$% anni Robert Poujade apparve sulla prima pagina dei giornali per avere rea** • lizzato una impresa^ imyos*, sibile »; per essere riuscito a soffiare la carica di sindaco di Digione al canonico Kir, eroe della Resistenza, il personaggio forse più popolare del folclore politico francese. Due anni dopo Poujade seppe farsi eleggere segretario del partito gollista. Ci ' è riuscito perché nessun personaggio autorevole ambiva a questa carica. Per i luogotenenti del regime, il partito era soltanto De Gaulle. Invece questo giovane ne sta facendo un essenziale strumento di potere. Robert Poujade usa ripetere: «Anzitutto, bisogna difendere le istituzioni». Per .luì la Francia è l'unico paese europeo che si sia dato strutture politiche moderne. «L'elezione diretta del presidente è il. mezzo che offre ai francesi -la-faeoità idi Recidere del proprio destino, di stabilire le grandi scelte delia vita-nazionalejt. Poujade, forte dei suoi quaranta anni, si è ben guardato dal legarsi al Generale, a cui del resto non deve alcuna gratitudine. Per lui non è il Capo, bensì il partito, l'epicentro del potere. Al contrario di quanto temono gli anziani, l'èra del gollismo è appena incominciata. La forza del movimento non sta certo nel fascino carismatico del Generale, bensì nella efficienza e nella coesione dei seguaci. Il cemento che deve saldare il partito gollista non è più quella cieca fedeltà al Generale che ha tenuto insieme individui così diversi come Debré e Capitant. E' necessario un più ampio dibattito, una più larga circolazione di idee. Dice Poujade: «La fedeltà, in seno a un gruppo di uomini che avevano seguito lo stesso cammino, era divenuta un tale legame che l'apertura e f 11 'gusto della discussione avevano finito coll'attenuarsi, come accade dentro una famiglia». Tuttavia Poujade diffida delle ideologie, inutili e vincolanti, tipiche dei partiti della Quarta Repubblica. Il movimento deve rimanere unito, ma insieme disponibile alle esperienze più diverse. Poujade aggiunge: «Che vuol dire essere di sinistra o di destra? Queste sono definizioni da repubblica parlamentare. Il progresso si raggiunge percorrendo strade del tutto nuove ». Il movimento deve restare unito sulla base più salda: il comune interesse. Le idee di Poujade saranno vaghe, ma la sua tattica è precisa. Il sistema elettorale francese prescrive che la lotta finale per la presidenza, cioè per il potere, si svolga fra due soli candidati: e quello appoggiato dai comunisti sarà sempre il più debole. Poujade è oggi dietro De Gaulle perché non può sconfessare il creatore del « sistema », domani sarà dietro Pompidou perché resta il successore più comodo, ma dopodomani sarà pronto a sostenere qualunque personaggio importante che accetti di scendere a patti e di venire condizionato. Difesa delle istituzioni e unità del movimento: non esiste altro mezzo per rivendicare e per garantire la « vocazione maggioritaria » del gollismo. Il partito, come si vede, è diviso da un solco profondo. I vecchi gollisti sognano il ritorno alle origini, i giovani appaiono ì veri conservatori. O meglio ancora: i vecchi sono senz'altro degli idealisti, i giovani risultano fin troppo pragmatici. Tutte le leggi dt natura sembrano capovolte. Capitant non è il solo sulla sponda di sinistra. Altri due amici stanno al governo; eppoi Robert Schuman, ministro degli Affari sociali, ed Edgar Faure, il riformatore dell'Università, pur essendo di altre origini politiche, appaiono ugualmente decisi a realizzare la fase sociale della Quarta Repubblica Le idee di Couve e di Debré non contano: sono dei marescialli abituati a servire fedelmente l'Imperatore. Se De Gaulle è davvero deciso a costruire la nuova società francese, già dispone del governo adatto. In nome della lealtà al capo, la saldatura fra estrema destra ed estrema sinistra è certa. Insieme a Pompidou, Robert Poujade è invece l'unico ufficiale importante sulla sponda di destra. Ma la truppa è ai suoi ordini. Poujade min ha- certo Im fora* di incitare all'aperta disobbedien¬ za, ma ha il modo di rallentare e di rimandare gli scontri decisivi, di impegnarsi a fondo in una battaglia che sa perduta. Se il regime vuole vivere a lungo, non può inimicarsi tutti: gli americani e gli alleati occidentali, il patronat, la borghesia, i sindacati, e restare in piedi sólo perché gli avversari di sempre, i comunisti, non osano guidare un'aperta insurrezione rivoluzionaria. E' la tela di Penelope. Capitant e Faure tèssono leggi rivoluzionarie, Pompidou e Poujade cercano di sciogliere l'ordito. La mano sinistra crea, la mano destra distrugge. Il movimento gollista ondeggia fra la nostalgia del ritorno alle origini, tipica di ogni uomo e di ogni gruppo che si'sa al tramonto di una avventura politica, e il desiderio di durare trasformandosi in « partito d'ordine». Risulta diffìcile, perciò, cercare di indovinare quale sarà l'avvenire della Francia. La « rivoluzione corporativa» e la restaurazione conservatrice restano due operazioni ugualmente possibili. E il Generale appare disponibile per entrambe. Dicono che egli sia irritato contro le sinistre, che gli hanno combinato il brutto scherzo di maggio, e anche contro i borghesi, che lo tradiscono esportando ì capitali, e mettendo in crisi il franco. Spetta soltanto a lui decidere chi merita la punizione più severa. E' quindi più facile stabilire il futuro di De Gaulle, se riuscirà a superare lo scoglio del referendum.' Riformatore oppure uomo d'ordine, il Generale, come sempre, sarà l'arbitro del destino di cinquanta milioni di francesi. Continuerà a fare ciò che vuole, e ciò che ancora nessuno sa. Gianfranco Piazzesi Gollismo bifronte: René Capitant, a sinistra, e Robert Poujade (Telefoto A. P.)