Il Presidente del Pakistan si dimette e cede il potere al capo dell'esercito di Carlo Cavicchioli

Il Presidente del Pakistan si dimette e cede il potere al capo dell'esercito Proclamata la legge marziale nel paese in preda ai disordini Il Presidente del Pakistan si dimette e cede il potere al capo dell'esercito Ayub Khan era al governo dal 1958, in seguito ad un colpo di Stato militare - Sconfitto dai tumulti di piazza scatenati dall'opposizione, che chiedeva il ritorno alla democrazia (Nostro servizio particolare) Londra, 25 marzo. Il maresciallo Ayub Khan, Presidente del Pakistan, si è dimesso stasera. Egli ha ceduto le responsabilità di governo del tormentato Paese al comandante in capo delle forze armate generale Yahia Khan, il quale ha immediatamente proclamato la legge marziale. Il Presidente ha annunciato al popolo la sua decisione con un drammatico dìscorso alla Radio in cui ha detto: « Questa è l'ultima volta in cui mi rivolgo a voi nella mia carica. La situazione dello Stato si va rapidamente deteriorando. Le istituzioni amministrative sono paralizzate e all'ordine del giorno è la cupidigia personale di grandezza. Coloro che sì sono fatti avanti per servire la nazione sono stati intimiditi e costretti a seguire le folle dimostranti. Non v'è fra loro nessuno che possa tener testa ai disordini...». Poco po ha parlato alla radio Yahia Khan, con una lunga dichiarazione che rendeva nota l'istituzione della legge marziale in tutto il Pakistan. La Costituzione, egli lia detto, era abrogata, e il Presidente, il Consiglio presidenziale e i governatori provinciali erano esautorati. Dissolte altresì l'Assemblea nazionale e quelle provinciali. Corti marziali si sarebbero incaricate di mantener la legge e l'ordine — senza facoltà di appello — accanto a quelle civili. In questo modo il Pakistan, Stato militare, da sempre, acquisisce un altro «uomo forte » militare, allo stesso modo in cui quasi undici anni fa aveva acquisito Ayub. Fra i leaders della opposizione vi era da tempo il timore che i disordini delle scorse settimane sarebbero sfociati in questa soluzione prima che vi fosse modo di organizzare il ritorno alla democrazia parlamentare promessa dal Presidente appena quindici giorni fa. Ayub Khan, che ha 61 anni, era giunto al potere con un colpo di Stato incruento il 27 ottobre 1958: e da allora aveva dominato il paese virtualmente senza opposizione. Era anche riuscito a portare il Pakistan dal ristagno economico ad un certo grado di prosperità. Ma le nubi tempestose si erano accumulate sul suo regime allorché gli oppositori — sia i leaders della sinistra sia quelli della destra — avevano dato voce alle critiche, e gli studenti s'eran fatti violenti e il malcontento acuto. Il 21 febbraio Ayub Khan cedette alle pressioni e annunciò che non si sarebbe ripresentato alle elezioni presidenziali previste entro il marzo dell'anno prossimo. Promise nel frattempo riforme democratiche. Tuttavia la violenza continuò e culminò nel caos del Pakistan orientale: non ci sono state cifre ufficiali sugli spargimenti di sangue, ma si ritiene che vi sian morte almeno 250 persone. Lo stesso Ayub Kìian, in un estremo tentativo di fermare ì disordini cui pure la sua politica dittatoriale aveva contribuito, lanciò pubblici appelli alla pace ed all'ordine. Due giorni addietro, nella giornata nazionale del Pakistan, mentre i musulmani pregava¬ no per la nazione nelle moschee, egli aveva detto: « Vi supplico di salvare il Paese ». Le circostanze in cui egli lascia il potere somigliano a quelle in cui lo assunse: nel 1958 Ayub era capo delle forze armate quando esautorò il presidente Iskander Mirza inviandolo a Londra. In seguito, legittimizzando il regime militare, egli si proclamò Presidente. Sennonché il Pakistan che Yahia Khan eredita è molto ■IIUIUUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlllllllllUIIIIIIIIIIIIIIII i . i a l l e o mutato negli ultimi dieci anni. Dai torbidi presenti è impossibile edificare un forte governo centrale con le basi nella sezione occidentale del paese: il massimo che si pfiò sperare è un sistema federale sufficientemente flessibile per attenuare il risentimento della popolazione bengalese dell'Est ma abbastanza robusto perché rimanga una qualche realtà nell'idea di un Pakistan unito. Carlo Cavicchioli IIIIIIUHinilllllllllllllUllllllllllllllllllllllllllllIlB