Assuan speranza d'Egitto di Igor Man
Assuan speranza d'Egitto CRESCONO AL CAIRO LA TENSIONE E LA PAURA Assuan speranza d'Egitto La gigantesca diga sul Nilo, costruita dai tecnici russi, è praticamente finita; il lago Nasser, grande come la Liguria, raddoppierà la terra coltivabile e darà energia all'industria - Ma è dubbio che basti a compensare l'aumento della popolazione, le conseguenze della guerra perduta, la fragilità dell'economia (Dal nostro inviato speciale) Assuan, marzo. Il deserto ha il color del miele, attraverso i finestrini sporchi dell'aeroplano sovietico l'occhio annega in un chiaro spazio senza orizzonte. Sulla sabbia lontana spiccano rare macchie d'ombra violacea e interminabili arabeschi: antiche piste di nomadi o capricci del vento? Ad un tratto i motori ruggiscono, l'aeroplano s'impernia e il deserto sparisce; dov'era la sàbbia ora s'allarga una. sterminata distesa di cobalto; voliamo su di un mare sconfinato. E' il lago Nasser, vasto Quanto la Liguria, 157 miliardi di metri cubi d'acqua, il più grande bacino artificiale del mondo. E quel segmento bruno è sadd-el ;.ali, l'alta diga: una pennellata scura nell'azzurra prospettiva liquida. Poi il lago Nasser scompare, ci viene incontro la pista asfaltata, atterriamo ad Assuan. La strada da Assuan alla diga affonda nella roccia viva; è un canyon scavato nel granito, ci san voluti sei mesi per aprirlo. Le perforatrici sovietiche a percussione si spezzavano contro la roccia, gli autocarri ma de in Urss non reggevano al peso della pietra. L'ingegner Radcinko, capo della missione tecnica russa, dovette arrendersi: autocarri britannici, perforatrici americane e svedesi sostituirono il materiale sovietico e finalmente il granito faraonico fu vinto. Questo accadeva nove anni fa, quando i russi misero mano alla costruzione della diga di Assuan. Ora la diga è praticamente finita; nelle dodici condotte forzate sei generatori di elettricità sono già in funzione, ai primi dell'anno venturo gireranno gli altri sei. La corona della diga (lunga 3670 metri, dei quali 520 attraverso il Nilo e il resto di lato alle due rive) è larga quaranta metri, con una base di 980 metri e un'altezza sul fiume di 111 metri. Il lago Nasser lungo 500 chilometri e largo dieci, con una superficie di 5000 chilometri quadrati, potrebbe ricoprire tutte le terre coltivabili del mondo d'uno spessore liquido di dieci centimetri. Se un bombardamento distruggesse la diga, l'Egitto verrebbe spazzato via in poche ore. L'enorme massa d'acqua del lago Nasser esplode alla vista al culmine d'una gola rocciosa, dopo la traversata veloce d'uri caos di pietre è dune, costellato di capannoni e di recinti, percorso senza posa da autocarri e bulldozers. Gru e batterie antiaeree, rampe dì mìssili terra-aria, radar, e al piedi delle attrezzature una folla gaia di venditori di bibite e bruscolini. E' proibito fotografare, la richiesta dei documenti è continua seppur cortese. Il cantiere si estende su cinquanta chilometri quadrati, vi lavorano ventiduemila operai egiziani, giorno e notte, in turni di quattro ore, diretti da un migliaio di tecnici della Rau in collaborazione con duecento esperti sovietici. Al principio i russi erano circa duemila: milleseicento operai specializzati, trecentocinquanta ingegneri. Non riuscivano a intendersi con gli egiziani, irritati per il fatto ch'essi portassero il casco coloniale. Gli operai locali venivano accusati dai sovietici di indolenza, di incapacità. Fu la biblica alluvione del 1961 a far scoprire ai russi che i disprezzati fellahin, anarchici scansafatiche, erano gente umile e decisa: si deve a cinquemila poveri manovali egiziani se in quell'anno le costruzioni base della diga non furono travolte dalla furia del Nilo. Nell'acqua sino alla cintola, a forza di braccia, lavorando a spezzaschiena per settimane — instancabile catena umana — crearono uno sbarramento di sabbia e sassi: l'opera fu salva. «Il Nilo è la vita e la morte dell'Egitto — recita il mio accompagnatore —, se il fiume porta l'acqua c'è il raccolto (due, anche tre raccolti l'anno), se di acqua ne arriva poca o troppa è la fame. Il 55 per cento delle acque del Nilo viene assorbito nell'irrigazione, il 45 per cento "si perdeva", in mare. L'alta diga permetterà di trattenere l'acqua destinata al mare e di distribuirla quando e dove ce ne sarà bisogno. Saranno disponibili, a lavori ultimati, dieci miliardi di kWh annui di energia elettrica: l'industrializzazione diventerà un fatto compiuto. Domani la superficie coltivabile del Paese sarà pressoché raddoppiata». Domani... La diga non è più un «sogno faraonico», ma la grande tragedia dell'Egitto continua. Nel 1967, alla vigilia della disfatta, nonostante quindici anni di sforzi intesi a promuovere l'industrializzazione del Paese, l'economia egiziana rimaneva quella d'una nazione contadina sottosviluppata. La guerra è costata un miliardo, e mezzo di dollari, più del costo della diga di Assuan, bloccando tutti i piani di riconversione industriale. L'Egitto ha perduto i pozzi petroliferi del Sinai; i nuovi giacimenti del delta e del deserto per diventare produttivi abbisognano di cospicui investimenti inattuabili per la carenza di valuta pregiata: il deficit registrato nell'ultimo trimestre del 1968 è di oltre 122 milioni di dollari, contro i 91 dell'anno precedente e i 71 di due anni fa. Con una popolazione di oltre trenta milioni di abitanti, il cui tasso annuo di accrescimento è del 2,8 per cento, l'Egitto dispone d'una superficie coltivabile ch'è pressappoco un quarto di quella italiana. Nel 1980, grazie alla diga, l'Egitto dovrebbe contare su di un altro milione di ettari coltivabili, sennonché nel frattempo la popolazione sarà aumentata tanto da polverizzare questa faticosa conquista. In altri termini, mentre oggi gli egiziani hanno teo ricamente un undicesimo di ettaro a testa, nel 1980 ne avranno ancora meno; e se nel contempo non sarà aumentata la produttività agricola, varcheranno l'esile confine che li separa dall'indigenza. Il reddito medio prò capite ammonta infatti a 75 dollari l'anno, spaventosamente lontano dai 500 dollari che stabiliscono il confine tra l'arretratezza e il progresso. Dopo la disfatta militare, incombe quella eco nomica. Per scongiurare il disastro occorrerebbe ridurre l'indice di natalità, contenere la domanda interna, troncare la dispendiosa corsa al riarmo. Ma soltanto la fine del loro stato di povertà potrebbe convincere i fellahin ad accettare la pìl¬ lola anticoncezionale; ridurre i consumi, significherebbe costringere il popolo alla fame; e sospendere la ricostruzione dell'esercito vorrebbe dire ammettere di aver perduto la guerra, non «una battaglia». Nasser, l'uomo del rìschio mal calcolato, come l'ha definito Jeune Afrique, è prigioniero di se stesso: se facesse la pace con Israele, i Paesi arabi ricchi che gli versano i 230 milioni di dollari l'anno persi con la chiusura del Canale, lo bollerebbero di tradimento. Teme la guerra, ma tutto lascia credere che finirà col farla di nuovo, per non perdere la faccia. E la tragedia dell'Egitto sarà compiuta. Igor Man
Persone citate: Jeune Afrique, Nasser
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