Quelli della Lomonosov

Quelli della Lomonosov STUDENTI E REGIME NELL'UNIONE SOVIETICA Quelli della Lomonosov Nell'enorme grattacielo staliniano di Mosca c'è la prima Università del paese: 14 facoltà, 32 mila allievi, quattromila docenti tra i più prestigiosi - Si entra per concorso, con un certificato di « buona condotta »; si è espulsi per scarso rendimento, ma anche per indisciplina politica - Inquietudini e ribellioni possono esprimersi solo in forme.indirette o clandestine (Dal nostro corrispondente) Mosca, marzo. Dopo le Università ài Kiev e di Leningrado — questa la più liberale, quella la più conservatrice dell'Urss — l'Università di Mosca: antica, sterminata, tempestosa, fucina di conformismo e insieme centro di proteste. Dalla collina di Lenin, dove s'alza il turrito palazzo staliniano dalle 25 mila aule, si domina tutta la città: Cecov amava sostarvi «per vedere palpitare il cuore della grande madre Russia». Qui hanno studiato chimici come Zelinskij, astronomi come Bredichìn, storici co¬ me Solovjov, fisici come Lebedev e giuristi come Desnitskij. Qui, fra la potenza del Cremlino e gli splendori del Bolschoi, si ripete ai giovani la celebre massima di Gorkj: « Non c'è forza superiore alla conoscenza: l'uomo che ne è armato è invincibile ». Piace al regime descrivere l'Università Lomonosov come « la casa della scienza, della cultura e dell'istruzione ». Le cifre lo confortano; 214 anni dì vita, 14 facoltà, 223 cattedre, 250 laboratori, 14 centri di ricerca, 4 osservatori, 3 musei. Vi insegnano quasi quattro¬ mila fra assistenti e professori, gli studenti sono 32 mila, la metà iscritti ai corsi serali o per corrispondenza, la biblioteca conta 6 milioni e 500 mila libri e riviste. Una città nella città, una perfetta macchina accademica che senza sosta rinnova la sua popolazione ma è ferma nelle idee, che promuove la rivoluzione tecnologica ma non quella della tolleranza. Tuttavia, per virtù stessa dello spirito giovanile, è il centro vitale del paese, il più aperto ai mutamenti, dove « si disimpara a credere, ma si •impara a capire ». Milioni di giovani russi sognano di entrare in questa Università o in uno dei settantasei istituti equiparati di Mosca, medicina, economia, tecnica. Alto è il livello degli studi, profonda l'erudizione: la Scuola-convitto di Fisica e Matematica di Kolmogorov raccoglie ragazzi superdotati, all'Istituto di Aeronautica ciascuno studente segue un suo programma personale, alla facoltà di Chimica insegna il Premio Nobel Nesmejanov, come alla Sorbonne, o Oxford e Cambridge, la Lomonosov rievoca immagini romantiche di fanciulle scapigliate e grandi uomini, avvenimenti importanti e improvvise glorie. Soprattutto, è garanzia di una modesta libertà e di successo: prendervi la laurea vuol dire farsi largo nella vita, acquistare un blasone oltre che un merito. Vi è poi il fascino della capitale, a cui sono sensibili i giovani delle province più lontane. Mosca è il centro del potere e del benessere, delle tradizioni e dell'Intellighenzija; indulge nel pettegolezzo mondano e nella satira politica, nelle parate dei missili e nelle visite straniere. Mi ha detto un turkmeno: « Io scrivo a casa dei discorsi di Brezhnev e degli spettacoli della Plisétskaja; delle canzoni o della moda del favoloso Occidente e dei negozi per valuta pregiata; degli alberghi o ristoranti aperti tutta la notte e dei musei traboccanti dei capolavori del passato: e scrivendo capisco d'essere fortunato, essere davvero vivo, e sento il piacere, la curiosità, l'invidia altrui». La contestazione fa parte del tessuto connettivo dell'Università e investe gli aspetti più diversi dell'Urss contemporanea: protesta il contadino contro: la>. città, l'ebrea o l'ortodosso contro l'ateismo, l'tììtellettuale contro Ut censura, l'individualista cóntro la disciplina di ferro del partito. Ragionavo una sera con Sergej, vent'anni, futuro economistamatematico, sulle dimostrazioni studentesche in Occidente. « Sono un sintomo di crisi » sosteneva « ma anche di capacità di rinnovamento. La nostra società invece è immobile, non è consentita l'espressione del dissenso. I nostri problemi sono forse più gravi proprio perché la loro discussione è privilegio della classe dirigente. Chi lo dimentica, conclude presto la sua parentesi nell'Ateneo». Il « numero chiuso » è l'arma più efficace del regime. Le ammissioni alla Lomonosov sono limitate e per concorso. Una volta c'era la quota fissa: l'ottanta per cento delle matricole veniva dalle fabbriche o dalle forze armate; adesso gli operai e ì soldati non raggiungono il trenta per cento. Ma tra i documenti, gli aspiranti devono presentarne uno che precisi se loro o i genitori sono membri del partito; se hanno congiunti in Occidente; se sono mai stati processati; se hanno sottostato all'occupazione tedesca. E' richiesta anche la « caratteristica », cioè un giudizio del preside, del caposquadra o del comandante sulle loro qualità intellettuali e civili. Esistono infine dei « patroni », ha scritto la Pravda, che in certi casi assicurano comunque l'ammissione. All'Università di Mosca entra l'elite politica o del proletariato. Dove si impone l'esclusivo merito accademico e la cultura diviene libertà di'spirito, là spunta il seme della rivolta; ma non attecchisce. Tre anni fa furono espulsi gli studenti che avevano partecipato a una manifestazione contro il neo-stalinismo: so che almeno uno è ora costretto a fare il manovale. Dopo l'invasione della Cecoslovacchia, e specialmente dopo il sacrificio di Jan Palach, solo pochi coraggiosi scesero in strada: due fanciulle, apparse in piazza Majakovskij con cartelli con su scritto « In simpatia per le torce umane », vennero malmenate dalla polizia volontaria. In ogni facoltà il controllo del Komsomol, l'organizzazione giovanile del partito, è cresciuto. La contestazione studente sco si manifesta come può. Nelle letture « proibite »: in nessun altro luogo Solzenizin ha tanti ammiratori quanti all'Università dì Mosca, né girano tante copie dattiloscritte del suo II primo girone. Nella preparazione di serate letterarie in onore degli « arrabbiati » come Evtuscenko, ò delle vittime di Stalin, come Pilnjak: spesso con lavori o documenti inediti. Nella frequenza alle lezioni più polemiche o controverse: così tutti accorrono da qualche settimana alla facoltà di Storia, ad ascoltare il giovane prof. Averinzev, che parla di Socrate (« un uomo libero») e dì Cristo («un uomo deriso e calpestato »), di sant'Agostino e del neotomismo, che cita la Bibbia e il Vangelo, e non pronuncia mai le parole Marx e Lenin. Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare. La preparazione degli studenti della Lomonosov è eccezionalf.. Mi ha detto Vera, iscritta a Matematica e Meccanica: « Nella mia Facoltà possiamo scegliere fra duecento corsi specializzati e cento seminari. Dal terzo anno in poi, ciascuno di noi ha ' il suo tutore, che ci aiuta nelle ricerche e perfino nella scelta della camera ». Chi non dà gli esami nella sessione stabilita senza un valido motivo, viene espulso. Ha scritto il rettore Petrovskij: «Ogni anno, dobbiamo cacciare settecento studenti. Sono in genere degli incapaci, dei pigri, qualche volta semplicemente non riescono ad adattarsi all'Università. Mi si stringe il cuore al pensiero dei ragazzi che avrebbero dato qualsiasi cosa per trovarsi al loro posto e che non abbiamo invece accolto ». Di rado la contestazione è diretta contro il curriculum di studi o l'insegnamento. I giovani sanno che, nei limiti dell'ideologia,' professori e assistenti sì battono per la loro indipendenza: Essi non mancano di onestà e di pudore. Quando il matematico Esenin, figlio illegittimo del celebre poeta uccisosi nel 1925, fu internato in mani¬ comio per colpe politiche benché sano di mente, novantacinque fra insegnanti e studiosi inviarono uria lettera di protesta al Ministero della Sanità e al procuratore dello Stato. In uomini siffatti e nel rigore della scienza, gli allievi cercano la risposta agli interrogativi più angosciosi. «Nell'Università — mi ha detto Sergej — si delinea un'alleanza inebriante fra la. gioventù e la tecnocrazia ed io credo che sia la chiave del domani della Russia». Ha scritto Petrovskij: «Lo scopo principale del nostro Ateneo non'è aumentare il numero degli studenti, ma approfondire il loro sapere». L'ho ricordato a Vera. Mi ha risposto: «Penso che la conoscenza sia un patrimonio universale. Verrà il giorno che — capitalismo o comunismo — non sarà più riservata a dei privilegiati. Allora potremo veramente lavorare per un mondo migliore». Mi ha mostrato un libro. Biglietto per le stelle, di Vassili Aksonov. Ha regnato un passo che dice: «Forse è questo che dobbiamo fare? battere le sbarre contro i muri vecchi? contro i mini che noti servono a nulla? batterle, batterle e calpestarne gli avanzi? Mettersi la sbarra in spalla e continuare il cammino, cercando in tutto il mondo i muri vecchi, potenti o marciti, ormai inutili? ». Ennio Carette — 4 — 1 ^^^i Lezione di chimica in una delle aule ad anfiteatro dell'Università di Mosca (Foto Marc Riboud)