Cento anni fa moriva Lamartine

Cento anni fa moriva Lamartine CE' ANCORA QUALVKX» CHE LEGGE « UH AZI ELLA » ? Cento anni fa moriva Lamartine Confessò di avere subito l'influsso di Sade, ma i moderni non sembrano accorgersene Sempre sollecita amministratrice del suo patrimonio letterario, per il centenario della morte di Alphonse de Lamartine (28 febbraio 1869), la Francia ha riserbato un grosso volume di Maurice Toesca che ne riesamina la vita sentimentale, la vita politica, l'opera. Ma riesaminare non è riscoprire: è difficile pensare che l'immagine di colui che fu il Poeta per eccellenza della prima generazione romantica possa destare nuovi interessi. Molti, dei non più giovani, portano forse ancora dalla scuola qualche lirica delle Médìtations (« Le Lac », « L'isolement »), qualche pagina del Viaggio in Oriente, e magari per intero il romanzetto Graziella che, adolescenti, li commoveva fino alie lacrime, quella elegia finale che avranno imparato a memoria: « Sedici anni, è ben presto per lasciare la vita... ». Sono sentimenti invecchiati nell'era della contestazione? Piuttosto è invecchiata gran parte di quella poesia,, mentre al suo apparire, nel 1820, destò nei contemporanei impressioni ineffabili: come scriveva, già con stupore. Sainte-Beuve a Paul Verlaine nel 1865. Le condizioni politiche della Francia e dell'Europa tra la Rivoluzione e il crollo napoleonico avevano predisposto gli animi alla religione come sem pre succede; e la « ingenuità sublime » di Lamartine, quel suo sostituire all'erotismo secco e filosofico del Settecento « la divinità e l'immortalità dell'amore» (è ancora un giudizio di Sainte-Beuve) inebbriarono e scossero molti petti, e diedero inizio a una nuova moda di poetare e persino di sentire: la moda dell'anima che si sente legata alla materia solo da un provvisorio e « adultero legame ». Anche allora, del resto, non mancarono voci discordanti, e una rivista dell'epoca definì Lamartine « ciarlatano poetico ». le cui concezioni sono « nani rivestiti di panni da giganti ». Ciarlatano, no: la sincerità dell'uomo e del poeta, non c'è ragione di metterli in dubbio, e ogni dispregio di quella sua ve¬ na che confonde Amore e Fede sarebbe Ingiusto quanto facile. Come sarebbe antistorico un giudizio severo sull'uomo politico che Lamartine diventò dopo l'inaridirsi dell'ispirazione; uomo politico nel giusto mezzo, che non precorreva ì tempi ma li interpretava con moderazione prudente: di realista fattosi liberale, segretario d'ambasciata a Napoli e a Firenze, deputato e ministro degli Esteri con Ledru-Rollin nel governo provvisorio dopo la rivoluzione del '48, le sue idee sociali nor. andarono oltre la « carità dello Stato, che impedisca alla ricchezza di essere offensiva e alla miseria di diventare rivoluzionaria » Ma l'onestà fondamentale dell'uomo sì salva con la gran rinuncia dopo l'ascesa di Napoleone III, e la sua lunga vecchiaia solitaria di « forzato della penna », trasformatosi da poeta d'amore in storico, mediocre, della Restaurazione e dei Costituenti. Resta una frase di Lamartine, che suonerà oscura e sorprendente ai lettori di « Graziella »: « Senza la let¬ tura di Sade a 19 anni, non avrei mai scritto le mie poesie ». L'influsso di Sade su Lamartine, ecco una ricerca degna dell'anno centenario: ma è dubbio che possa portare lontano. Forse pensava di aver ereditato dal Marchese il pessimismo sulla natura umana, quando non sia riscattata dalla Grazia? Se è cosi, si spiegherebbe meglio l'importanza che attribuiva al suo poema sulla Caduta di un angelo, che nel 1838 cadde clamorosamente fornendo alle gazzette letterarie un ovvio gioco di parole. Quel che Lamartine aveva vagheggiato, furono altri a realizzarlo compiutamen te: Hugo e Vigny il poema epico, Nerval la rievocazio ne del fascino dell'Oriente. Baudelaire il contrasto fra materia e spirito. Tuttavia a Lamartine rimane un privilegio non trascurabile: di aver rappresentato per moltissimi lettori anche lontani dalla letteratura, anche studenti liceali destinati a diventare medici o ingegneri, il sentimento stesso della Poesia. Questo intendeva probabilmente Sainte-Beuve quando indirizzava a Lamartine una strofe che diceva: « Sai tu che nella vallata c'è un cuore sofferente, una povera anima in pianto che la tua venuta ha consolato, e che senza parlare ti comprende? » . Luigi Bàccolo

Persone citate: Alphonse De Lamartine, Baudelaire, Fede, Maurice Toesca, Napoleone Iii, Paul Verlaine

Luoghi citati: Europa, Firenze, Francia, Lamartine, Napoli, Sade