Contestano a Leningrado di Ennio Caretto

Contestano a Leningrado STUDENTI E REGIME NELL' UNIONE SOVIETICA Contestano a Leningrado L'Università Zhdanov, la seconda dell'Urss, ventimila iscritti, è il centro più vivo della dissidenza - Nel 1967 vi fu scoperto un «movimento cristiano-sociale »; anche oggi numerosi professori e studenti sono sorvegliati - Le autorità accademiche ammettono la necessità di riforme nel piano degli studi, ma non consentono proteste -1 giovani lamentano la propaganda politica e l'impossibilità di far sentire la loro voce (Dal nostro inviato speciale) Leningrado, febbraio. Una luce pallida avvolge i ponti sulla Neva, vortici di vento spazzano il nevischio, tra le arcate ì monelli corrono sul ghiaccio. Sulle, banchine di pietra dei canali, dietro la ghisa dei cancelli, s'alzano colonnati neoclassici, architetture ba¬ rocche di colori delicati. Nell'incerta mattina, Leningrado appare ancora più bella, più triste e più irreale del consueto. Passo davanti ad un palazzo turchese: Pietro il Grande vi teneva il museo degli orrori — crani, mostri, strumenti di tortura — e ì cortigiani per entrarvi prendevano co- raggio con la vodka. Poche decine di metri, e sono all'Università. Qualche dato imuinzìtutto. L'Università statale Zhdanov è la seconda della Russia dopo quella di Mosca. Ha 150 anni di vita, conta 20 mila iscritti, di cui circa la metà ai corsi serali o per corrispondenza, vi insegnano 1171 tra professori e assistenti. Nei suoi undici istituti lavorano 800 ricercatori, e 1500 laureati frequentano t corsi di specializzazione. Qui hanno studiato rivoluzionari come Kalinin e la Krupskaya, e premi Nobel come Semionov e Landau. Qui. tra gli splendori dell'Ermitage e la potenza dell'industria, si infondono nei giovani «i modi del poeta e la mentalità dello scienziato ». Dicono che essa sia contemporaneav: Mte l'orgoglio e il tormento del regime. In un paese dove l'ordine è soprattutto conformismo, ha tramandato la tradizione del dissenso. I suoi giovani hanno voglia di discutere, di verificare. Come spiegava il vecchio Ehrenburg « sanno ancora dire: non siamo d'accordo ». Il primo segretario della federazione del partito, Vassili Tolstikov, è noto per la sua durezza e pare che in cima alle sue ambizioni sia il Cremlino; ma i giovani gli rispondono citando l'arrabbiato Evtuscenko: « Sono passati i giorni quando la tomba era il mezzo correttivo degli errori ». L'Università di Leningrado è il centro della contestazione in Russia. L'anno scorso, degli studenti sono stati espulsi per attività « antisociali ». Le Izvestia hanno accusato alcuni professori e specialmente gli assistenti di fornire « esempi negativi »: chi insegna, hanno scritto, « è responsabile di formare l'immagine spirituale del futuro comunista ». Quest'anno il. rettore, il chimico Kondriatev, ha promosso conferenze politiche « per illustrare agli studenti il significato dei fatti in Cecoslovacchia ». Il Komsomol ha intensificato propaganda e sorveglianza: il mare non divide, ma unisce Leningrado all'Occidente. Mi riceve Nikolai Belyaev, vice-rettore, giurista, un uomo sui 45 anni, alto e affabile. Ragioniamo sul vecchio e sul nuovo. « Sì » dice « anche da noi esiste la contestazione. Negli ultimi anni il problema della partecipazione studentesca alla direzione dell'Università si è aggravato. Ma finora slamo riusciti a risolvere tutto pacificamente ». Vi sono state dimostrazioni di protesta? « No, non è mai successo. Non v'è legge che le vieti, ma nessuno permetterebbe agli studenti di turbare l'ordine pubblico. Se le loro richieste sono giuste, diventano mutili le dimostrazioni. Se non Io sono, si tratta di spiegarglielo ». Per Nikolai Belyaev l'autonomia studentesca è una contraddizione in termini. « Vogliono assumere il controllo dell'Università e degli studi? Ebbene, che lo facciano. Ma allora, assumano anche le relative responsabilità di insegnamento e amministrazione. E ciò non è possibile. A tutti i diritti si accompagnano doveri, non esistono organizzazioni senza o gli uni o gli altri. Talvolta gli studenti si dichiarano insoddisfatti, ma non sanno dirci cosa vogliono ». Il vice-rettore ha ferma fiducia nel sistema vigente: il segreto è l'educazione comunista («ne instilliamo lo spirito nei corsi ») più la collaborazione tra docenti e allievi. Chi promuove gli interessi degli universitari? « Il sindacato1 studentesco, a cui tutti sono iscritti. Il Komsomol, la federazione giovanile del partito, a cui è iscritto 1*80 per cento circa. Il consiglio di facoltà degli allievi, che assegna le borse di studio e i posti negli ostelli: uno o più suoi rappresentanti fanno sempre parte del consiglio scientifico, cioè dei professori, con pieno diritto di voto ». Nelle Università, precisa Nikolai Belyaev, si entra per concorso, generalmente viene accolta una domanda su cinque. Il 78 per cento degli studenti percepisce borse di studio, 35-40 rubli al mese, dalle 24 alle 28 mila lire. Chiedo quali sono i problemi di fondo dell'Università Zhdanov. « La scarsità di posti, sia nelle facoltà sia negli ostelli: ma abbiamo già un progetto per un nuovo complesso di edifici. La difficoltà di conciliare la preparazione teorica, talora pleonastica, con quella pratica, talora deficiente... Si sono verificati casi sporadici di laureati scontenti dell'impiego loro assegnato: è lo Stato a decidere, e per tre anni non possono cambiare... Noi miriamo anche a sviluppare riniziativa personale, diminuendo il numero delle materie obbligatorie e aumentando quello delle materie facoltative...». Più tardi parlo con uno studente non iscritto al Komsomol. E' un giovane svelto, studia lingue straniere, riesce a procurarsi regolarmente, chissà come, riviste occidentali. Gli riferisco il mio colloquio all'Università. Scuote le spalle, passandosi una mano tra i capelli. « Dal punto di vista accademico, scientifico, l'insegnamento è buono », commenta. «Ma entrare all'Università è un gioco di raccomandazioni; la propaganda politica è assillante; vi dedica- no un quinto del loro tempo, anche di più, nelle facoltà umanistiche. Di fatto, non abbiamo alcuna voce in capitolo nell'insegnamento e nell'amministrazione, malgrado le apparenze ». Sono discorsi che ho sentito spesso a Mosca. Ai consigli studenteschi vengono delegate funzioni marginali, e comunque li condiziona il Komsomol, che obbedisce agli ordini dall'alto. Nei consigli dei professori, i giovani sono in paralizzante minoranza. Ma il punto è un altro. « Anche volendo, da noi è difficile scindere la contestazione universitaria da quella civile e politica. Chi critica l'ordine costituito è in qualche modo sospetto di sovversione ». Il regime investe nell'istruzione cifre enormi, quasi quattro milioni di giovani frequentano gli istituti superiori, e altrettanti gli istituti tecnici, e vuole essere sicuro del proprio profitto. In Russia contestare non è facile. All'Università di Leningrado, nel 1967, la polizia segreta arrestò alcuni docenti e allievi, altri vennero espulsi, altri ancora trasferiti. Era stato scoperto un « movimentò cristiano-sociale », che si ispirava alle dottrine del filosofo Berdiaev, emigrato in Francia negli anni della Nep. I suoi dirigenti, imputati di « ribellione, detenzione di armi, associazione per delinquere », furono condannati a periodi varianti tra gli otto e i quindici anni di lavori forzati. L'ondata di agitazione studentesca che ha semiparalizzato l'Occidente non ha neppure sfiorato la maggior parte della Russia. Non perché ne manchino i motivi; ma, per certe cose, questo paese rimane un'isola, una fortezza inespugnabile. La Pravda « distrugge » la contestazione in poche righe: « I lupi mannari dello pseudo profeta Marcuse e i suoi chiassosi discepoli »; Kommunist dileggia Mao Tsetung come un ignorante; la Gazzetta Letteraria critica Che Guevara come un pazzo visionario. Lo spìrito di tolleranza si tramanda grazie al coraggio di pochi giovani,, come all'Università di Leningrado. Sta scritto nel cimitero di guerra di Piskarev, tra le bandiere perpetuamente a mezz'asta: « Nessuno, nulla è dimenticato ». Ennio Caretto 1