Dal dissidio anglo-francese alla nuova crisi di Berlino di Ferdinando Vegas
Dal dissidio anglo-francese alla nuova crisi di Berlino Dal dissidio anglo-francese alla nuova crisi di Berlino Oggi Nixon arriva a Bonn, con quella di Parigi la tappa più difficile della sua esplorazione europea. Anzi, mentre nella capitale francese domineranno i problemi interni dell'Alleanza atlantica, a Bonn prevale l'aspetto esterno, poiché la Germania costituisce il punto focale delle relazioni sovietico-americane. E si sa che la presa di contatto con gli alleati europei è per Nixon un passo preliminare verso l'obiettivo fondamentale della politica estera americana, appunto il dialogo globale con Mosca. Sulle questioni europeoatlantiche, che saranno discusse a Bonn, basta un breve cenno. Assistiamo alla rivalità fra Parigi e Londra con la Repubblica Federale presa in mezzo fra i due contendenti. Nixon non intende però immischiarsi nei dissensi fra i membri europei dell'alleanza; ad ogni buon conto, a Londra è tornato ad insistere sull'importanza delia « relazione speciale » anglo-americana. A Bonn le discussioni si accentreranno intorno al problema tedesco, che la nuova crisi di Berlino ha riproposto con acuta attualità. Sembrava inizialmente che questo secondo aspetto negativo (il primo è quello del disordine fra gli alleati) dovesse gravare sul buon esito del viaggio di Nixon; adesso pare invece che si debba verificare il contrario, cioè che la presenza del Presidente a Bonn e a Berlino giovi a svelenire la crisi. Si prospetta, infatti, la possibilità di un accordo di compromesso, in forza del quale la Repubblica Federale rinuncerebbe ad eleggere a Berlino Ovest il suo nuovo presidente ed in cambio la Repubblica Democratica concederebbe dei lasciapassare pasquali ai cittadini di BeriMino Ovest per recarsi a Berlino Est. I tedeschi occidentali trovano troppo piccolo questo « uovo di Pasqua » per il grosso sacrificio di prestigio che dovrebbero compiere, rinunciando a riaffermare il loro diritto morale su Berlino Ovest, come avevano già fatto nelle due precedenti elezioni presidenziali; perciò chiedono agli orientali concessioni più sostanziose, quali il rilascio dei lasciapassare per altre festività o persino una « soluzione durevole » del problema. Ulbricht, naturalmente, è riluttante a pagare un prezzo più alto, per lui è già molto quello che Mosca l'ha convinto a sborsare. Intanto il tempo stringe, mancano pochi giorni da oggi al 5 marzo, data fissata per l'elezione del presidente federale a Berlino Ovest; e non è detto che si riesca tempestivamente a superare ostacoli ed impuntature. Ma l'importante è che tra le due Germanie si stia svolgendo una trattativa; più importante ancora, che i dirigenti tedeschi, occidentali ed orientali, siano stati spinti alla moderazione dai rispettivi «patroni», Washington e Mosca. Infatti, come l'Unione Sovietica ha premuto su Ulbricht, altrettanto hanno fatto gli Stati Uniti su Kiesinger. Non vi potrebbe essere riprova migliore che le due superpotenze non intendono deflettere dal loro cammino per grossi che siano gli ostacoli frapposti dai rispettivi alleati tedeschi. La visita di NÙbfiB a aaTJBfcTtj dUBsyaft* porterà certamente il sostegno che i tedeschi occidentali si attendono ed abbisognano da un grande alleato; ma sempre in una prospettiva fondamentale di appianamento della crisi, di trasformazione della Germania da , punto di frizione in punto di incontro tra Mosca e Washington. Ferdinando Vegas
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