Gli 80 anni di Felice Vellan pittore vivace, gaio e generoso

Gli 80 anni di Felice Vellan pittore vivace, gaio e generoso E' uno dei più popolari rappresentanti del mondo artistico torinese Gli 80 anni di Felice Vellan pittore vivace, gaio e generoso La ricorrenza festeggiata con un'ampia mostra al Circolo degli artisti Par ieri quando in un gruppo ristretto di amici, magari in una saletta riposta del Circolo degli artisti, Vellan, truccatosi con un pezzetto di velluto nero appiccicato sotto il naso, una banda di capelli tirata piatta sulla fronte, urlando un tedesco tutto di sua invenzione, faceva la parodia di Hitler farneticante sul mil-, lennio del nazismo. Una rassomiglianza perfetta, una caricatura d'un umorismo irresistibile: non per nulla Govi un giorno lo invitò a recitare nella sua compagnia; ed il buon Vellan a dirgli che le sue imitazioni non erano che divertimenti, scherzi, e che lui era pittore, e non voleva esser che pittore. Par ieri: ed oggi il Circolo degli artisti lo festeggia con una mostra, perché Felice Vellan, nato a Torino 111 gennaio 1889, ha compito ottant'anni. Lo festeggia anche con una piagnette stampata dal poligrafico Roggero e Tortia a Torino, nella quale Ernesto Caballo ci dà un profilo umanissimo del Simpatico artista dichiarandolo « disponibile fino all'abnegazione ». Disponibile a che? Disponibile a tutto ciò che, in un modo o nell'altro, la sua bontà, la sua generosità, possono volgere al conforto, d'ogni genere, del prossimo: magari una lieta prestazione in un pranzo alla « Tampa » del Circolo, magari un sacrificio di tempo e di lavoro. Egli è l'uomo — per fare un solo esempio — che ha dato lezioni gratuite per anni ad un invalido del Cottolengo, e ne ha fatto il bravo silografo Augusto Valenti che adesso ha illustrato con successo un libro di poesie di Ada Negri, il libro che Caballo ha recentemente presentato al « Circolo della stampa ». Ma, s'intende, disponibile anzitutto alla pittura. Dopo gli studi all'Accademia Albertina di Torino e l'apprendistato presso Giovanni Guarlotti (un altro valente pittore piemontese che merita di essere rivalutato come merita), egli è andato a cercarla ovunque. Sulle spiagge e le montagne italiane e svizzere, in Francia, in Spagna, a Rodi (dove decorò d'affreschi il Palazzo dei Cavalieri), nella penisola balcanica, in America;'in Africa, in India. Ovunque ha portato.la sua rara attitudine alla freschezza e all'acutezza della osservazione, il suo gioioso impeto pittorico, la sua eccezionale rapidità di lavoro: una rapidità che durante un viaggio in Spagna gli consentiva di eseguire uno studio nei dieci minuti di sosta dell'autobus. I più che cento dipinti e le numerose incisioni presentati nella mostra che s'inaugura oggi al Circolo degli Artisti sono la più chiara testimonianza di queste doti che in quasi sessantanni di lavoro gli procurarono lusinghieri riconoscimenti alle Biennali di Venezia, alle Quadriennali di Roma, alle esposizioni della Promotrice torinese e in innumerevoli «personali » in Italia e all'estero.. In più di mezzo secolo la sua pittura è poco mutata, se non nei toni che, in principio, intorno al 1912, piuttosto cupi (e piacquero allora a Giacomo Grosso che incoraggiò il giovane artista), andarono via via schiarendosi in note sempre più limpide di vivace colore. E se si volesse definire questa pittura in due parole, si potrebbe dire ch'essa si inserisce nel clima del realismo postimpressionistico. Vi sono dei quadri di Vellan che fanno pensare al francese Valtat. Ma è anche una pittura che perfettamente rispecchia il temperamento dell'uomo franco e gioviale, propenso sempre a scorgere nella vita il suo lato migliore, impenetrabile al pessimismo. Ed è per questo temperamento felice (mai un nome di battesimo meglio calzò a un individuo) che Felice Vellan si è in ogni luogo trovato in piena concordia coi suoi simili. Col medesimo agio è vissuto con la gente che si dice « di mondo » e con gli zingari o coi barboni. In Bulgaria fu ospite in un accampamento di zingari tartari, e poco mancò che ne restasse prigioniero, tanta era la simpatia che aveva destato: volevano eleggerlo loro capo... e con quel volto un po' da pirata barbaresco (ma pirata allegro e buono) era infatti il personaggio adatto: il personaggio popolare che tanti torinesi stimano ed amano. Parecchi anni fa, su questo giornale, così dicemmo di lui: « Ciò che anzitutto piace nella pittura di Felice Vellan, e subito crea una cordialità quasi discorsiva fra l'opera sua e chi l'osserva, è la pienezza, la calda passione con cui l'artista apertamente manifesta'il suo immediato aderire al motivo, il suo giocondo abbandonarsi all'estro pittorico, il suo facile ma umanissimo tuffarsi in un attimo di vita ». Non sapremmo modificare ora questa nostra im. pressione, che non è un giudizio, ma un segno di simpatia. mar. ber.