La vitalità di Modugno in «Liolà» di Pirandello

La vitalità di Modugno in «Liolà» di Pirandello La prima torinese dello spettacolo all'Ali ieri La vitalità di Modugno in «Liolà» di Pirandello Il protagonista ha attenuato l'acre chiaroscuro della commedia, ed ha puntato sugli aspetti più pittoreschi - Lo spettacolo con la regìa di Giorgio Prosperi Ad ogni ripresa di Liolà, che delle opere di Pirandello è una delle più rappresentate, è d'obbligo citare Gramsci, che la considerava il capo lavoro dello scrittore siciliano, e sottolineare le venature cupe ed amare di una commedia che il suo autore, in una lettera al figlio del 1916, definiva invece « ... piena di canti e di sole. E' cosi gioconda, che non pare opera mia... ». Ma Gramsci, séguen do il filo di una letteratura "azionai-popolare, non awerI va in Liolà un lieve sentore libresco che in altri lavori di Pirandello, davvero 1 suoi più riusciti, si scioglie nella sofferta autenticità delle Idee e dei problemi. E Pirandello non ricordava che la sua commedia era uscita dalle pagine del Fu Mattia Pascal, un ro manzo tutt'altro che solare e festoso nel suo loico rigirarsi. Ma sono discorsi un po' sproporzionati a questa edizione scacciapensieri di Liolà presentata ieri sera all'Alfieri e imperniata su Domenico Modugno. Era difficile, ad esempio, che l'ilare vitalità dell'interprete non attenuasse il chiaroscuro acre e veemente di una commedia nella quale la confusione dei nascituri, provocata dalle mattane di zio Simone — che smania per un figlio, magari a costo delle corna — e dalla beffarda vendetta di Liolà, lascia intravedere le future geometrie dei vari « giochi delle parti ». Ed era addirittura impossibile che, tra canti e. suoni, si potesse intendere il vero significato di quella che è una sorda lotta tra donne per la « roba ». Un coretto di cantastorie e tre o quattro canzoni (le musiche sono naturalmente dello stesso Modugno) costituiscono il riconoscimento del canto « come componente essenziale del personaggio di Liolà ». Sono parole di Giorgio Prosperi, che ha firmato la regìa. D'accordo, le musiche ci stanno bene, ma siamo dell'idea che sarebbe stato meglio, e niente affatto irriverente, trasformare,,la commedia in un vero é pròprio «musical». Si sarebbe alméno, evitato che il folklore e la finta Sicilia, giustamente rifiutati dal regista, tornassero a fare capolino nella rappresentazione invece di prorompere senza vergogna come avrebbero potuto e dovuto se si fosse trattato di uno spettacolo musicale. Ma sarebbe ingiusto addossare a Prosperi, che del resto è conosciuto come critico e commediografo di valore, il peso di tante responsabilità. Lo spettacolo è nato l'estate scorsa all'aperto, più tardi è stato rinchiuso nei teatri tradizionali, poi è finito sotto la tenda del circo (a proposito del rifiuto del folclore: Modugno faceva il suo ingresso su un carretto siciliano tirato da un cavallo), ed ora è ritornato sui palcoscenici normali. Se si aggiungono i frequenti cambiamenti nella distribuzione degli interpreti e l'irrefrenabile istinto prevaricatore di alcuni di essi, si comprenderà come dell'originaria concezione, qualunque- essa fosse, possa essere rimasto assai poco. Ciò non significa che lo spettacolo non diverta il pubblico. Anzi, dalle risate e dagli applausi con cui è spesso interrotto, si potrebbe dire che mai Pirandello è stato cosi popolare se non fosse evidente che il primo artefice del successo è Modugno. E non soltanto con la sua voce. Sembrerà strano, ma fra tanti attori di prosa scatenati in un vociare e in un gesticolare siculo-napoletano, il più misurato, il più intonato, il più convincente, anche se talvolta un poco esteriore, è proprio lui. Merita davvero un elogio tranne che per le licenze che si è preso con il testo (già nel '17 tradotto dallo stesso autore dall'agrigentino) mescolandovi qualche espressione anche troppo pittoresca. Il pudibondo Pirandello sarebbe inorridito se gl'i avessero sostituito le « sgualdrine! » di zia Gnesa con un epiteto di cui fanno ora spreco il cinema e il teatro. Le scene calcinate di Silvano Falleni conservano ancora qualche traccia di un'impostazione meno « carosello siciliano », d'altronde puntualmente contraddetta dall'esuberanza di Giuseppe Porelli e Regina Bianchi, dagli eccessi drammatici di Elena Cotta e Ada Serra Zanetti, dalle compiaciute coloriture di Marisa Quattrini, Nunzia Fumo e Vittoria Di Silverio. Tutti assai festeggiati con tre belle figliole come l'Ambesi, la Spaziani e la Mangano, i quattro cantastorie di Spadaccino e i tre ragazzetti che saltellano intorno a Modugno proprio come i « cardellini » di Liolà. Si replica sino a domenica. Bld Alberto Blandi

Luoghi citati: Modugno, Sicilia