Consulto di geologi per Venezia di Giorgio Martinat

Consulto di geologi per Venezia LA MINACCIA DELLA NATURA E DEGLI UOMINI Consulto di geologi per Venezia Trecento specialisti hanno discusso le conseguenze di un duplice movimento : la terra che sprofonda, il mare che si alza - Senza misure d'emergenza, nella città e nella laguna, in tre secoli San Marco finirà sott'acqua (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 8 febbraio. I trecento geologi riuniti a congresso a Verona si sono spinti fino a Venezia. Una specie di consulto al capezzale della grande ammalata. I sintomi della malattia sono noti: da tre anni, nel mese di novembre, il mare invade la città. « Un tempo — dice il prof. Piero Leonardi, direttore dell'Istituto geologico dell'Università di Ferrara e presidente del Comitato per la salvezza di Venezia — il fenomeno dell'acqua alta costituiva, per i turisti, una pittoresca rarità. I veneziani ne erano meno entusiasti, ma non preoccupati. Ora sono in allarme ». Che succede di nuovo? La vita più che millenaria della stupenda città è soltanto un attimo se viene rapportata ai tempi plurimillenari delle ere geologiche. La stessa laguna non è molto antica. C'è stato un tempo che tutto l'Alto Adriatico era terra emersa, e ancora in epoca romana la laguna era terraferma, attraversata dal fiume Brenta il cui corso seguiva gli attuali meandri del Canal Grande. Mare e terra hanno lottato a lungo, in questa zona, con alterne vicenIde. Una malinconica testimo¬ nianza di questa battaglia è, pochi chilometri più a sud, nella laguna di Comacchio, la città greco-etrusca di Spina. Si sa che ancora 900 anni fa almeno le alture che la circondavano erano abitate. Poi, il mare ha inghiottito tutto. Dice il prof. Leonardi: « Fenomeni geologici ad andamento progressivo sono giunti a una soglia che sta per essere superata ». La soglia è il pavimento di piazza S. Marco, i fenomeni due: il mare si alza di 12 centimetri al secolo per lo scioglimento delle calotte polari; la terra sprofonda di 13 centimetri al secolo per movimenti tettonici: nel sottosuolo strati profondi si corrugano, assumendo un profilo ondulato: e il caso ha voluto che migliaia di metri più in alto, sulla superficie, la città di Venezia si trovi in corrispondenza di un avvallamento che si accentua via via. I due movimenti quasi eguali e contrari si sommano, e il risultato è che ogni cento anni Venezia si trova più bassa di 25 centimetri rispetto al livello del mare medio. Ora, il pavimento di piazza S. Marco si trova a 73 centimetri sopra questo livello. Le deduzioni sono an¬ che troppo facili e tragiche: fra tre secoli l'acqua salsa coprirà definitivamente lo stupendo lastricato. Ma molto tempo prima Venezia sarà morta, uccisa dall'alta marea che già ora, in particolari circostanze, si spinge sulla piazza. I geologi cercano di attenuare questa prognosi catastrofica. « Prima di tutto — dice il prof. Leonardi — si sa ancora poco di questo movimento tettonico nelle profondità del suolo. La serie di dati disponibili è frammentaria e risale molto poco indietro nel tempo ». Altri citano casi di movimenti di questo genere che si sono bruscamente e spontaneamente arrestati: « Si conosce ancor meno quel che accade nelle viscere della terra ». Chi potrà arrestare questi movimenti geologici? E' difficile persino por termine ad altre cause, artificiali, dello sprofondamento di Venezia: « Il movimento naturale — dice il prof. Leonardi — è stato accelerato e aggravato, negli ultimi anni, dall'insediamento umano in superficie. La conseguenza più grave è il continuo prelievo di acqua dal sottosuolo: per ogni isolato, per ogni fabbrica che sorge, si scava un pozzo che contribuisce a svuota¬ re le falde sotterranee. E il suolo della città " si siede " sul vuoto che viene così a formarsi ». Dai pozzi, l'acqua sgorga in continuazione, non soltanto quando serve: uno spreco enorme. « Occorrerebbe un reggimento di carabinieri — ha detto il presidente del Magistrato alle acque — prima per scoprire tutti i pozzi scavati senza autorizzazione, poi per imporre ai proprietari di applicare almeno un apparecchio regolatore del deflusso ». Si è cominciato, comunque, a fare il censimento. E dopo anni di lungaggini burocratiche, pare sia entrato nella fase esecutiva il progetto di un acquedotto che rifornisca Venezia di acqua non dalle falde sotterranee, ma dal fiume Sile. Probabilmente, si riuscirà a interrompere i prelievi dal sottosuolo e a rallentare così lo sprofondamento della città. Ma chi arresterà il movimento degli strati profondi? « Lo studiamo — dice il prof. Leonardi — ma per ora abbiamo soltanto i dati ottenuti dalle trivellazioni dell'Agip mineraria e della Gulf, che cercavano il metano. Abbiamo ottenuto i fondi per iniziare altri sondaggi. Ma si tratta di meno di un miliardo: una goccia, se si pensa che ogni trivellazione fino a mille metri dì profondità costa 56 milioni ». Comunque sia, a lungo termine, l'unica soluzione per salvare Venezia sarà inevitabilmente quella di trasformare la laguna in un immenso bacino regolato artificialmente. A priva vista, un'impresa facile: già ora è chiusa da una diga continua, in cui si aprono solo tre varchi di po che centinaia di metri in corrispondenza dei porti di Chioggia, Malamocco e Lido. Ma il flusso e il riflusso della marea sono gli spazzini di Venezia, che giornalmente ne ripuliscono i canali di tutti i rifiuti. Un bacino chiuso si trasformerebbe in una pozza di liquame: « Ci vorranno fo guatare di chilometri, fino al mare aperto ». Per vivere, la laguna ha bisogno del respiro profondo della marea: « Bisognerà far respirare artificialmente questo bacino chiuso, per evitare che si trasformi in una pa lude malarica, invasa dai can neti e dall'acqua putrida ». Si pone una serie di problemi tecnici giganteschi: « Per ciascuno che affrontiamo — dice il prof. Leonardi — scopriamo non la soluzione, ma che ne genera altri dieci ». Giorgio Martinat

Persone citate: Leonardi, Piero Leonardi, Spina