«Il diario di una schizofrenica» ed il «Guerra e pace» sovietico

«Il diario di una schizofrenica» ed il «Guerra e pace» sovietico Miue importanti «prime» del cinema a Torino «Il diario di una schizofrenica» ed il «Guerra e pace» sovietico Il film di Nelo Risi affronta con impegno il tema della psicanalisi - « L'incendio di Mosca » comprende le due ultime parti del "kolossal" di Bondarciuk, ispirato al romanzo di Tolstoi (.Gioiello) — Anna è malata di mente perché mancò da piccina del latte e di altre provvidenze materne: a diciassette anni la sua intelligenza è quella di una bambina di quattro; l'infanzia, che le inferse il colpo, la trattiene. Fallite le cure ordinarie, i suoi genitori, due italiani, si accorgono che anche il più sacro degli.amori riposa sii un fondamento di pazienza, e che la loro, troppo esercitata, è ormai agli sgoccioli. Così, ultima ratio. Anna è affidata a madame Bianche, una psichiatra di Lucerna che ha un metodo rigorosamente freudiano per, reintegrare i pazienti della loro personalità. Ma anche per quest'animosa scienziata, che ha la travatura e la .cocciutaggine d'una contadina, il, caso di quell'adolescente-bambina si presenta difficile, in certi momenti disperato; e il film ci dà appunto la storia di una « cura » fatta e disfatta come la tela di Penelope, anelante, sferzata dalle ricadute, ma progrediente verso il trionfo, cui si addiviene quando l'analista, trovata la chiave (che è di sostituirsi alla « mamma ») disserra finalmente l'anima di Anna facendovi rientrare .il tempo. A conti fatti si potrebbe dire «Bianche dei miracoli». Col Diario di una schizofrenica (derivato dal libro di Andrée Sèchehaye, in cui è adombrata madame Bianche) Nelo Risi ha fatto un'opera lodevolmente seria, non solo rispetto al nostro cinema (i cui approcci con la psicanalisi furon sempre pochi e superficiali), ma anche rispetto al cinema americano, dove la psicanalisi, per essere di casa, va spesso soggetta a ben noti strapazzi commerciali. Facendo che la medichessa s'incarni in mamma. Risi ha accomunato scienza e sentimento senza per questo sgarrare da una linea compendio-, samente esatta (ce lo assicura anche la coh&ilènza HI Franco Fornari) di * lezione.» terapeutica, nuova per i nostri schermi. E quanto al personaggio di Anna, il più àrduo da trattare é viceversa il più trattato nel film, la decifrazione della sua « scheda », implicante la ricostruzione del suo passato di bambina avvelenata da un senso di colpa, è data in termini lirico-simbolici, ossia nel modo più pertinente al tèma e insieme più suscettibile di grazie visive (una « costante » del film, in cui gioca anche il raffinatissimo colore) e di squisiti mezzi toni inseriti nel contesto drammatico. Per quel tanto che porta di spettacolarmente scontato (i modelli hollywoodiani sono difficili da rimuovere), questo Diario, applaudito all'ultima Mostra di Venezia, è forse un poco inferiore agli entusiasmi che ha' sollevato; ma è certo un film di estremo nitore formale e di quasi continua vibrazione, ricevuta e comunicata dalle due ottime protagoniste, la deliziosa Ghislaine D'Orsay e la robusta Margherita Lozano, ch'escono dalla lotta come due consumate campionesse. Con le belle immagini di Guido Albonico, il film di Risi, quantunque tratti il morboso, mette una salubre pausa di profondità fra gli avventati prodotti della sessuomania di moda, truccata più o meno di psicanalisi. * * (Corso) — L'incendio di Mosca segue Natascia e comprende le due ultime parti del « colossale » Guerra e pace sovietico allestito a braccia quadre dal regista Sergej Bondarciuk, opera così omogenea, e nei pregi e nei difetti, che non è necessario, per giudicarla, averla vista tutta. I pregi si assommano nella grandiosità e nella finitezza dello « spettacolo » (non dissimili però da quelli di un « kolossal » hollywoodiano), oltreché nell'aria ambiente, che essendo quella stessa del romanzo di Tolstoi. impregna d'autenticità molti particolari etnici. I difetti, anche questi comuni alla cinematografia che presume di trasporre i capolavori della letteratura, consistono nell'esteriorità in cui è tenuta la vicenda, considerata come semplice ficelle per unire insieme « interni » ed « esterni » di pari magnificenza; sicché i personaggi non sono quelli di Tolstoi, complessi come ogni anima umana, ma loro piatte proiezioni commisurate all'intelligenza delle « masse ». Si va dal 1812, anno dell'entrata di Napoleone nel territorio russo, alla disastrosa rotta dei Francesi sul deserto gelato; e in mezzo cadono la presa di Smolensk, la battaglia di Borodino, l'avanzata su Mosca col relativo incendio e saccheggio, e infine la liberazione e il ritorno dei moscoviti alla normalità. Nel grande affresco i casi intimi del principe Andrea, di Natascia e di Pietro mettono una semplice nota di flauto; ma la loro elegia (e qui forse ci ha colpa anche qualche taglio ad uso esportazione), è presto soverchiata dalle esi¬ genze dell'illustrazione collettiva, del resto servite da Bondarciùck con alto mestiere, soprattutto nelle tante e suggestive scene di battaglia che per sapiente architettura e impiego di carrellate aeree danno allo spettatore l'orgoglio dell'aquila. Protagonista vera la massa, le altre parti sono sostenute da Ljudmila Saveleva. Viaceslav Tikhonov e dallo stesso regista (un «Pietro» molto discutibile). Leo Pestelli

Persone citate: Bondarciuk, Franco Fornari, Guido Albonico, Leo Pestelli, Margherita Lozano, Nelo Risi, Penelope, Sergej Bondarciuk, Tikhonov

Luoghi citati: Mosca, Natascia, Torino, Venezia