Ee ansie del Piemonte «svizzera» di Remo Lugli

Ee ansie del Piemonte «svizzera» DALLE VALLI DELL'OSSOLA AL VERSANO AL CUSIO Ee ansie del Piemonte «svizzera» Non c'è ancora crisi, ma c'è già la paura - A Domodossola dicono: « E se i 1500 frontalieri non potessero più andare in Svizzera? » - Perduto il vantaggio dell'energia elettrica a basso costo, ora è necessario assicurare comunicazioni più efficienti e rapide - Il turismo (neve e laghi) va bene (Dal nostro inviato speciale) Domodossola, 16 gennaio. Per 40 anni, dal 1910 al 1950, l'economia dell'Ossola è stata in continua espansione per l'ampliarsi dell'industria. Poi è incominciata la crisi. Anni duri, certei-làbbriche sono state costrette a chiudere, le altre hanno segnato il passo. Adesso si è in una fase di stasi, praticamente non c'è disoccupazione (in tutta la provincia di Novara i disoccupati sono soltanto il 3 per cento degli occupati), ma non c'è neanche floridezza, tranquillità; si percepisce piuttosto un vago sènso di preoccupazione. Vediamo perché. L'Ossola si spinge come un cuneo nella Svizzera. E' una terra lontana dal resto dell'Italia. Proprio questo isolamento, che ora è negativo, in senza caduta di potenziale g'è iniziato a servire la cit tj fji Milano poi, nel 1950 passato fu una delle cause del suo progresso e del suo benessere. Qui c'è una grande dovizia d'acqua. A Piedimulera, nel 1896, si costruì, su progetto di Galileo Ferfarts,'".Tà prima Centrale idroelettrica a :córrente alternata. Ne sorsero, molte .altre; attualmente in tutta questa zona montuosa le centrali sono una trentina e forniscono circa il 7 per cento dell'energia elettrica che si produce in Italia. Fu questa abbondanza di energia che fece fiorire le industrie, specialmente quelle meccaniche e siderurgiche. La corrente in quei tempi non poteva essere trasportata a distanza a causa della forte caduta di potenziale, la si doveva utilizzare sul posto e quindi essa veniva concessa alle industrie a particolari condizioni di favore durante tutto l'anno e ancor di più nel periodo estivo quando c'era quella « di supero » dovuta alla sovrabbondanza di acqua per il disgelo. Il basso costo della forza motrice compensava largamente le fabbriche per lo svantaggio dovuto alla distanza e quindi al lungo trasporto delle merci. D'altra parte la rete stradale e ferroviaria — internazionale per il collegamento con la Svizzera attraverso i trafori del Sempione — era allora abbastanza efficiente. I guai sono incominciati subito dopo la seconda guerra; La nuova tecnica consentiva di elevare la tensione dell'energia e quindi di trasportarla a maggior distanza colta con la costituzione della rete elettrica in parallelo, l'energia prodotta nel]'Ossola è potuta arrivare fino alla Sicilia. Le società produttrici hanno via via ridotto e poi annullato le facilitazioni sul prezzo di fornitura e così, quello che fino al 1950 era stato un boom economico, s'è tramutato in crisi. I mali non vengono mai soli: anche le comunicazioni si sono rese difficili per insufficienza degli impianti ferroviari e della rete stradale. Lo scalo delle ferrovie di Domodossola è inadeguato alle necessità, la statale 33 del Sempione diventa un supplizio per i suoi continui intasamenti: d'estate, a percorrere in auto i venti chilometri del budello che è tra Stresa ed Arona, si impiegano due ore. due ore e mezzo Le fabbriche dell'Ossola e quelle del Verbano sembrano in capo al mondo hanno diffi nell'approvvigionamen- to delle materie prime ' ooi difficoltà nel distribuirle Per 15 anni enti e industrie dell'alta provincia di Novara si sono battuti per ottenere l'autostrada da Genova al Sempione. Pochi mesi fa so- no riusciti a farla approvare, ano a Gravellona Toce. E' già una grande conquista. Ma ci vorrà almeno un anno prima che s'inizino i lavori e altri tre o quattro prima che si completino. Senza dubbio l'autostrada ridarà linfa,all'Ossola e al Verbano, togliendo queste zone dall'isolamento e quindi favorendo vX'inse. diarriehto'di altre aziende. E nell'attesa, cosa bisogna fare perché la situazione non peggiori? Dice ring.' Cristofoli, presidente dell'Unione Industriale Verbano, Cusio, Ossola: « Nel 1948 le aziende associate alla nostra unione avevano 30 mila dipendenti, ora ne hanno 22 mila. Ci sono stati scossoni, chiusure di fabbriche, fallimenti, ma per fortuna i dipendenti hanno trovato da sistemarsi altrove o sono emigrati. L'equilibrio è precario. Bisogna prima di tutto non perdere neanche un giorno nella costruzione dell'autostrada; concedere nuovamente le riduzioni sul prezzo dell'energia alle industrie elettrosiderurgiche ed elettrochimiche, così come si fa all'estero, in modo da consentire alle nostre fabbriche di mantenersi su un livello di competitività; applicare con chiarezza e rapidità le facilitazioni previste per le aree depresse montane in modo da favorire la creazione di nuove fonti di lavoro e l'ampliamento delle attuali fabbriche; accelerare la costituzione di consorzi per la creazione di centri industriali che possano godere di benefici di legge ». Il sindaco di Domodossola non nasconde una certa preoccupazione, nonostante che attualmente tutti lavorino. « C'è la calma che ci può essere su un campo minato — dice. — Da un momento all'altro si può sentire il fragore di un'esplosione. Da Domodossola ogni mattina partono 1500 frontalieri per andare a lavorare in Svizzera. Basterebbe una crisi oltre confine perché io mi trovassi di cojpo tutta questa gente sotto le finestre del municipio a chiedere lavoro ». Secondo l'avv. Ferraris si dovrebbe costruire un nuovo scalo merci delle Ferrovie che servirebbe a snellire il traffico ferroviario a favore di tutta la zona e costituirebbe di per sé una notevole fonte di lavoro. Attualmente a Domodossola lavorano 500 ferrovieri e operano 11 case di spedizioni. Il volume delle merci in transito per Domodossola è di 2 milioni e mezzo di tonnellate all'anno, ma si prevede che potrà rari ri op piarsi nel giro di pochi anni « Non c'è tempo da perire — dice il sindaco. — bis'"*na incominciare al più prer'o i lavori per questo nuovo scalo altrimenti saràtropno tardi » Aggiunge il dott. Ferrari che dirige l'ufficio staccato della Camera di Commercio: « E' indispensabile anche at tuare un programma di svi luppo turistico, nelle alte val- li, per essere in grado di accogliere un più elevato numero di turisti quando sarà aperta l'autostrada. Il turismo deve essere fonte di un reddito integrativo della nostra economia, lo si deve tenere in gran conto ». A Macugnaga, in valle Anzasca, il centro più importante dell'Ossola, funzionano una seggiovia, due funivie e nove skilifts; c'è un progetto per raggiungere la Svizzera in funivia, ma non si sa quando potrà essere realizzato. Altri due centri sciistici sono a Formazza (una seggiovia, una funivia e due skilifts) e a Piana di Val Vigezzo (una funivia), ma ovunque le attrezzature alberghiere sono scarse; va invece sviluppandosi il turismo residenziale, con villette. Il Verbano, che è a sud-est dell'Ossola, sempre nella parte montuosa della provincia di Novara, è gravato anche esso dai problemi dell'isolamento, mentre invece il Cusio, più a sud, che ha come capoluogo Omegna, ospita un'industria in grande espansione, appunto perché meno decentrato. Il sindaco di Verbania dott. Ammenti dice: « Stiamo cercando di costituire un consorzio di comuni per creare, come previsto dalla programmazione, il polo industriale del Basso Toce. Ma la burocrazia è faticosa da superare, gli intralci non finiscono mai. D'altra parte, specialmente in queste zone difficili, sono impensabili dei comuni che agiscano ognuno per conto proprio, se non c'è l'unione delle forze e dei programmi non si conclude nulla ». Come si vede, non man- ' cano le proposte per togliere la parte alta della provincia, di Novara dalla sua precaria condizione di malaticcia. Occorre provvedere in qualche modo alla svelta, prima che la situazione peggiori creando problemi gravi, di ben più difficile soluzione. Remo Lugli

Persone citate: Cristofoli, Ferraris, Galileo Ferfarts, Toce